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 2010  dicembre 13 Lunedì calendario

UNA DIPLOMAZIA INCEPPATA E LA «CONGIURA» DELLA RETE

Il ministro Frattini afferma: «Wikileaks vuole distruggere il mondo» e aggiunge: «La comunità internazionale, quella vera, quella che vuole migliorare il mondo e non distruggerlo come vuole Wikileakes deve reagire compatta senza commentare, senza retrocedere sul metodo della diplomazia, senza lasciarsi andare a crisi di sfiducia che, se diventasse sfiducia reciproca, potrebbe bloccare collaborazioni fondamentali per risolvere le grandi crisi che vi sono nel mondo». Gli fa eco il senatore statunitense Joe Lieberman, che presiede la Commissione Homeland Security e Affari governativi, che ha chiesto a Barack Obama con urgenza di «chiudere» Wikileaks: «La pubblicazione di questi file non è altro che un attacco alla sicurezza nazionale. Wikileaks sta mettendo a rischio la vita e la libertà degli americani e dei non-americani. I responsabili (di Wikileaks) avranno il sangue sulle proprie mani». Parole gravi, anzi drammatiche. Ma è così dannoso lo tsunami mediatico del sito di Assange? Cui prodest? Giova alla Verità o ad altri interessi?
Lucio Flaiano
dinilu@hotmail.it
Caro Flaiano, alla sua prima domanda non posso dare, come vorrei, una risposta netta. Sono convinto che la confidenzialità e la segretezza siano indispensabili agli affari di Stato e ai negoziati diplomatici. Ma credo che questa ondata di rivelazioni potrebbe persino sortire alla fine qualche buon risultato. La macchina dell’informazione diplomatica degli Stati Uniti è diventata ingovernabile. Il New York Times scrive che le persone a cui è stato concesso il nulla osta di segretezza sono un milione e che quelle autorizzate a leggere i documenti diffusi da Wikileaks sono tre milioni. Le nuove tecnologie e la possibilità d’informazioni «in tempo reale» hanno provocato l’aumento esponenziale del numero dei dispacci che circolano sulla rete. Che un tale mostro fosse destinato, prima o dopo, a incepparsi era nel novero delle cose probabili.
Non è tutto. In questa grande massa di bit vi è un numero straordinariamente elevato di supposizioni, ipotesi, voci incontrollabili, sentito dire: materiale auto-promozionale che serve soltanto ad accreditare l’immagine di una rappresentanza diplomatica efficace e dinamica. Ma vi sono anche indicazioni da cui risulta che il modo di operare del Dipartimento di Stato può essere in molti casi sgradevole, offensivo e afflitto da una sorta di bulimia dell’informazione. Prima o dopo gli americani dovranno riflettere sulla utilità di un sistema che produce questi risultati.
Alla sua seconda domanda (cui prodest?) rispondo anzitutto osservando che anche questa vicenda provocherà qualche attacco febbrile di complottismo. Qualcuno sospetta una congiura diretta a colpire Obama e Hillary Clinton. Altri pensano che il complotto tenda soprattutto a screditare i leader europei. Ma Julian Assange ci ha già svelato gli scopi dell’operazione. In un saggio del 2006, citato dal Wall Street Journal del 7 dicembre, ci ha detto che il sistema informativo degli Stati Uniti è al servizio di una grande congiura mondiale e che il miglior modo per colpire l’America è quello di tagliare i fili della grande rete in cui sta avvolgendo il mondo. Quanto minore sarà il numero delle informazioni che riceve e diffonde, tanto maggiore sarà la sua inefficacia. Suppongo che soltanto un limitato numero di simpatizzanti condivida questa strategia illusoria e velleitaria. Ma il consenso di cui gode dipende in buona parte dall’esistenza nelle società contemporanee di una straordinaria massa di umori anti-istituzionali e anti-statali. Per coloro che diffidano dello Stato e lo considerano intrinsecamente malefico, Assange è una sorta di profeta.
Sergio Romano