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 2010  dicembre 13 Lunedì calendario

Nicolosa, la nonna di Grazia Deledda, le appariva in sogno per rassicurarla, vestita da sposa colorata, come usa la tradizione sarda

Nicolosa, la nonna di Grazia Deledda, le appariva in sogno per rassicurarla, vestita da sposa colorata, come usa la tradizione sarda. “Tutte stupidaggini” (Grazia Deledda a chi le chiedeva cosa stesse scrivendo) “Io non sono affatto modesta; ritengo anzi la modestia il riflesso di uno spirito che si ritiene inferiore perché realmente sente di esserlo. Io sono invece orgogliosa; non perché ho scritto dei romanzi che ottenero fortuna ma perché mi sento cosciente, forte, superiore a tutte le piccolezze e i pregiudizi della Società. Se fossi nata uomo sarei stata un solitario; sarei vissuto in un eremo. Donna, devo adattarmi e piegarmi a vivere fra coloro che amandomi e proteggendomi completano la mia esistenza “(in una nota del 1905 destinata al console francese in Italia) Faceva le bizze, era scontrosa e barava sull’età, togliendosi quattro anni, e sull’altezza, aggiungendosi sei centimetri: “Sì, sono piccola assai, non sono bassa, figurati – 160 centimetri”. Aveva “un riso freschissimi da suora giovane” (Cesare Giulio Viola) ma rideva raramente e parlava il minimo indispensabile Grazietta Deledda, nata a Nuoro il 27 settembre 1871, quinta di sette fratelli e sorelle (più sorelle, 4) L’amore giovanile per il fratello di due sue amiche, Fortunio, dalla “voce potente, calda, un po’ raffreddata… tempestosa e tiepida, quasi palpabile”, che la bacia per primo. Poi il fidanzamento con il maestro elementare nuorese Andrea Pirodda La Deledda, che avendo studiato fino alla quarta elementare, vinse il Nobel per la letteratura L’amore per il giornalista Stanis Manca, un biondo grande e grosso, la “grande illusione che peserà sempre sulla mia vita”. Stanislao era di una nobile famiglia di Sassari (i duchi dell’Asinara), aveva sei anni più di lei ed era già un affermato giornalista a Roma. Lei parla sempre in dialetto, costretta con le sorelle a non uscire senza coprirsi la testa con il “fazzoletto di seta o di raso, che solo al maritarci possiamo lasciare”. Si incontrano nel 1891, lui è incuriosato dalla giovane scrittrice e va a trovarla. Lei fraintende, si innamora, crede di essere ricambiata. Gli scrive lettere su lettere, senza risposta. Finge disinvoltura, poi dichiara il suo amore, poi se lo rimangia, prega e minaccia. Finché lui la offende deliberatamente, con un sadismo: le scrive dicendole che gli era sembrata quasi una nana. Lui le aveva dato anche della squilibrata e si dichiarava innamorato di un’altra, giovane e bellissima. Gli anni della passione con Manca vanno dal 1891 e il 1900 “È un mistero profondo che invano cerco di studiare in me stessa, ma io l’odio e l’amo e lo disprezzo nel medesimo tempo, sento che sarò legata a questo mistero, che sarò sempre infelice” “Io penso che gli uomini siano per natura cattivi; e le donne un po’ peggio” (in Annalensa Bilsini) “Bisogna soltanto accettare la vita com’è, e rassegnarsi, e procurare di vivere soli. Io non capisco questa smania che tutti abbiamo della compagnia. Non è possibile viver soli? Non è meglio? Quale miglior compagnia di noi stessi? Del resto, tutto passerà; dobbiamo morire” La Deledda si sposa poi con un Palmiro Madesani, funzionario dell’Intendenza di Finanza che viene da Cicognaro nel Mantovano. Si conosco a Cagliari nel 1899, una settimana dopo decidono di sposarsi, due mesi dopo celebrano le nozze. Due figli: Sardus (1900) e Francesco detto Franz (1903) Grazia Deledda detestava il disordine, le cianfrusaglie. Per “evitare accumuli” aveva l’abitudine di buttare le lettere che riceveva e i libri che leggeva. Scriveva seduta allo scrittoio tra le 15.30 e le 17.30, su fogli protocollo a righe piegati in due come si usava a scuola, per avere mezza pagina di spazio dove annotare le correzioni. Ma siccome le pagine disordinate le davano fastidio, copiava in bella molte volte (anche sette) finché i fogli prendevano un’aria ordinata, con poche ultimissime correzioni. Si trasferisce a Roma ai primi del 1900, è riuscita a far trasferire il marito. Nel 1912 comprano un villino (distrutto nel 1953) in via Porto Maurizio 15 (oggi via Imperia) La Deledda, che il giorno prima di morire si rammendava le calze Checca, l’inseparabile cornacchia della Deledda per sette anni, sparita un giorno misteriosamente Lottò per dieci anni con un tumore, che poi se la portò via. Chiese di essere sepolta con il vestito violetto indossato a Stoccolma, durante la cerimonia dei Nobel. Pretese che la notizia fosse comunicata solo a cose fatte.