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 2010  dicembre 11 Sabato calendario

ULTIMATUM DI MARCHIONNE SU MIRAFIORI

new york - «Non è la fine del contratto nazionale di lavoro, la Newco Fiat sarà fuori dalla Confindustria ma vogliamo che rientri con noi al più presto possibile. Non distruggiamo un modello di relazioni industriali, vogliamo renderlo più flessibile». Emma Marcegaglia fa di tutto per addolcire il momento dello storico divorzio. Ma il confronto con Sergio Marchionne è ruvido, impossibile nasconderlo. Non solo è andato avanti a notte inoltrata, alla vigilia del Consiglio Italia-Usa qui a New York. Non solo i due si sono alzati molto prima dell´alba e per sei ore hanno gestito con telefonate transatlantiche la delicata comunicazione sullo strappo. Anche durante i lavori del Consiglio dentro l´hotel Warwick sulla Sesta Strada, l´amministratore delegato di Chrysler-Fiat non rinuncia alle provocazioni. Parte col guanto di velluto, poi sferra l´affondo. «Premesso che la Confindustria mi sta aiutando, e che ho promesso di non renderle la vita difficile, lei mi dica - apostrofa la Marcegaglia - una buona ragione per cui un imprenditore straniero dovrebbe investire in Italia». E dopo avere ascoltato la risposta della presidente di Confindustria («abbiamo ancora un grande mercato interno, e le risorse umane sono di qualità») Marchionne non fa nulla per nascondere la sua delusione. «Grande mercato? E allora come definire gli Stati Uniti, la Cina, l´India? E le risorse umane loro non ce le hanno?». Nel giorno dell´ annuncio solenne che Fiat lascia la Confindustria e si fa un contratto da sola per il settore auto, Marchionne è scatenato nel fustigare le pesantezze del sistema Italia. «Stiamo cercando di fare qualcosa per il paese, otto miliardi di investimenti. Eppure a sentire certe parti sembra che la Fiat abbia solo dei doveri, solo dei debiti da ripagare. Qui in America il sindacato metalmeccanici, United Auto Workers, non ha il concetto dei diritti acquisiti. In quanto al governo americano, ha aiutato la General Motors e la Chrysler al momento della bancarotta, poi appena possibile si toglie dai piedi». L´uscita da Confindustria, e dal contratto nazionale dei metalmeccanici, per lui è la strada obbligata per «competere su un mercato mondiale», e l´intero sistema paese dovrebbe raccogliere lo stimolo di questa sua «spallata alle rigidità». E´ durissimo con la Fiom: «Hanno un punto di vista che non condivido proprio per niente, zero. E´ con quel tipo d´intransigenza che si blocca lo sviluppo del paese. Eppure a Mirafiori abbiamo fatto una proposta molto più generosa di quella che fu fatta a Detroit e accettata dal sindacato Uaw. Qui in America abbiamo tagliato i salari, in Italia no». Il modello della Newco, cioè la nuova società libera da gravami e vincoli pregressi, potrà essere moltiplicato: «Le vetture hanno un ciclo di vita. Ogni volta che ne faremo una nuova, potrebbe esserci l´opportunità di costituire una Newco. Intanto creiamo il precedente». Ma attenzione, alla Fiom e a tutti coloro che in Italia gli remano contro, Marchionne lancia un avvertimento: «Se mi mettono ostacoli dappertutto, allora l´investimento saremo costretti a farlo da un´altra parte. Esiste sempre un piano B, questo è ovvio. Dove? Certo fuori dall´Italia: può essere in un altro paese europeo o in America latina, in Cina o in India». Marchionne vuole sia chiaro quali sono i condizionamenti che lui subisce a monte, dal suo azionariato. «Che l´azionista della Chrysler sia il governo americano o canadese, che sia il fondo previdenziale e sanitario del sindacato Uaw, o che io abbia a che fare con le banche per i rifinanziamenti, tutti chiedono la stessa cosa: vogliono garanzie sul loro investimento. E ai miei azionisti io devo rendere dei conti. Per troppo tempo la parte italiana del gruppo ha avuto gli stabilimenti meno efficienti. L´alleanza con Chrysler è fondamentale per la sopravvivenza della stessa Fiat Auto. Qui negli Stati Uniti tutti hanno fatto dei sacrifici. Io rispetto le differenze nazionali dovute a strutture sociali e sistemi di valori diversi, però l´Italia non può permettersi un livello di pretese che non è più proporzionale alla collocazione del paese».
La Marcegaglia assicura che «il contratto è un problema che si risolverà, al più presto Fiat tornerà in Confindustria», ma l´unica cosa che Marchionne ha fretta di fare è «restituire al governo degli Stati Uniti i suoi crediti, con la confezione regalo e un bel fiocco attorno, e quotare in Borsa la Chrysler rispettando la tabella di marcia».