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 2010  dicembre 11 Sabato calendario

SE ANCHE ENEL PERDE LA CAMPAGNA DI RUSSIA -I

tanti dubbi sulla campagna di Russia dell´Eni sono un chiaro esempio dei problemi che possono sorgere quando una grande azienda a controllo pubblico va a fare affari in nazioni dai mercati opachi e in deficit di democrazia: il confine tra interessi degli azionisti, dei vertici aziendali, del governo (da cui dipende la loro carriera) e del Paese diventa incerto. Problemi che si moltiplicano se, come in Italia, agli interessi pubblici si sommano quelli privati di chi sta al governo.
Eni è sotto i riflettori, ma anche Enel ha partecipato alla campagna di Russia: insieme hanno rilevato nell´aprile 2007 le attività di Yukos (di Khodorkovskij, finito in disgrazia con Putin), per poi rivenderne due anni dopo il controllo a Gazprom, in una transazione economicamente incomprensibile, se non come portage ("spartizione della refurtiva", in un´inchiesta di Repubblica). Intanto, però, a Enel è stato concesso, caso unico, di acquisire il controllo di una grande società elettrica russa, l´Ogk-5: la coincidenza temporale è curiosa. Non è stato un grande affare, anche se per Enel ha segnato «un grande giorno per le relazioni tra Italia e Russia»: per raggiungere il 59% di una società che opera localmente, Enel ha sborsato 3,7 miliardi di dollari; oggi in Borsa ne vale poco meno della metà.
Segnali della corsa alla costruzione dell´impero che ha contrassegnato Enel, come tutti i grandi gruppi europei del settore: mega-acquisizioni all´estero, anche nella totale assenza di economia di scala (l´elettricità russa si vende solo in Russia, e non si guadagna di più, per unità di elettricità generata, possedendo due centrali identiche al posto di una). Imperi fondati sul debito, nella convinzione che la crescita di ricavi e profitti fosse certa: convinzione smentita puntualmente dalla crisi che ha rischiato di farli crollare sotto il peso dei debiti. Una vera Caporetto: dai massimi di fine 2007, l´indice del settore elettrico, dividendi inclusi, ha perso il 45%; peggio, solo le banche. E dire che dovevano essere azioni a basso rischio. Al confronto Enel (-36%) non sfigura; ma perché prima aveva fatto peggio delle altre, anche a causa di un azionista pubblico affamato di dividendi: 100 euro investiti in Enel alla quotazione varrebbero oggi, dopo 11 anni, appena 100 euro, contando i dividendi; ma 50, senza.
Per i colossi dell´elettricità la riduzione del debito è diventata oggi prioritaria: innestata la retromarcia, Edf ha intrapreso dismissioni per 7 miliardi; E. On per 15. Anche Enel, passata in 3 anni da 12 a 51 miliardi di debiti, è all´affannosa ricerca di quota 45. A questo scopo, a inizio novembre ha collocato in Borsa il 30% dell´energia rinnovabile, Green Power (GP). Operazioni di questo tipo cercano di sfruttare lo strabismo degli investitori che in momenti di euforia valutano un´attività, considerata separatamente, più che insieme ad altre. Oltre che a migliorare l´aspetto dei conti: si riduce il debito consolidato, mentre il margine operativo lordo (un metro utilizzato per valutare l´indebitamento) rimane identico. Ma in questo caso l´euforia per le rinnovabili era evaporata da un pezzo, visto che la loro redditività è trainata da incentivi e tariffe privilegiate, che in tempi di crisi si tagliano: le rinnovabili di Edf, Edp e Iberdrola, le tre società prese a riferimento nel prospetto informativo di GP, avevano già perso in media il 50% dai massimi raggiunti. Non sorprende che gli investitori istituzionali si siano defilati, nonostante Enel abbia ridotto il prezzo di offerta da 1,8 a 1,6 euro; così tre quarti dei titoli è finito a oltre 300.000 risparmiatori, abbagliati dal miraggio del dividendo e dall´azione bonus. Ma senza istituzionali gli scambi sono rarefatti, e il prezzo galleggia (con qualche aiuto) sul livello di collocamento.
Il risparmiatore italiano non può neppure consolarsi coi risparmi in bolletta: secondo l´Istat, il costo dell´elettricità da inizio 2000 è aumentato del 2,3% in media l´anno, esattamente come l´indice dei prezzi al consumo.