LUISA GRION, la Repubblica 11/12/2010, 11 dicembre 2010
ANALISI E RADIOGRAFIE LE TARIFFE PAZZE DEL FEDERALISMO SANITARIO - ROMA
La sanità in Italia non è uguale per tutti: cambia l´offerta di servizi, ma soprattutto cambia il costo che il cittadino è chiamato a pagare per avere accesso alle prestazioni di base. Una giungla di tariffe che trova il suo culmine proprio nell´analisi più comune: quella del sangue, dove la variazione fra una regione e l´altra può superare il mille per cento. Fare un prelievo in una struttura pubblica o convenzionata del Lazio costa solo 52 centesimi, ma la stessa analisi eseguita in un laboratorio delle Marche viene pagata dal paziente 6 euro e 20 centesimi. Poco meglio va per i controlli dal ginecologo: le donne umbre, se la cavano con 16 euro a visita, ma le loro amiche piemontesi - per la stessa prestazione - sono chiamate a sborsarne più di 30 (l´aumento è del 82 per cento). E la radiografia del polso? In Veneto ve la fanno per 28 euro, ma se siete disposti a fare qualche chilometro e a varcare il confine con l´Emilia Romagna pagherete la metà. La confusione è totale: da un capo all´altro del territorio nazionale variano le tariffe, le esenzioni ammesse, le norme che regolano l´intricata galassia delle ricette, perfino i ticket da versare per accedere ad esami, visite, terapie. La maggior parte delle regioni chiede 36,15 euro, ma si arriva ai 45 della Calabria e ai 46,15 della Sardegna.
A compiere questo lungo viaggio nell´Italia delle mille differenze è un´indagine di Altroconsumo ("Il prezzo della salute") che passando al setaccio i tariffari 2009 delle varie regioni ha scoperto come in Italia i pazienti non siano tutti uguali: al di là delle differenze qualitative dei servizi offerti, vi sono anche notevoli varietà nelle tariffe che sono chiamati a versare.
Oggetto dell´indagine sono state le 31 prestazioni ambulatoriali più richieste divise fra visite specialistiche, esami di laboratorio e diagnostici. Il risultato si presta a paragoni sconcertanti: i principali esami di laboratorio in Puglia costano in media il 56 per cento in più rispetto all´Emilia Romagna, le visite specialistiche in Piemonte sono più care dell´82 per cento rispetto all´Umbria. E non è detto che nelle classifiche dei prezzi, il Sud sia sempre maglia nera: in realtà, riguardo agli esami di laboratorio la palma della regione più esosa va alle Marche, che però diventa la più virtuosa quanto a visite ed esami diagnostici. Campi in cui le tariffe più alte si registrano invece in Piemonte, Friuli e Veneto.
A cosa è dovuta questa rete di diseguaglianze? Al federalismo sanitario che - per le prestazioni elencate nel cosiddetto "nomenclatore tariffario" - attribuisce alle singole regioni la possibilità di fissare i livelli di prezzo (spesso negoziati con i laboratori privati convenzionati) cui le strutture devono attenersi. Per ciascuna analisi prevista da quell´elenco il Servizio sanitario nazionale versa una "tariffa massima", sforare quella quota vuol dire far pesare il maggior costo sui bilanci pubblici e quindi sui cittadini. Non solo: dal 2002, grazie ai Lea (i livelli di assistenza minima) le prestazioni riconosciute dal Servizio sanitario sono diminuite. Ma le regioni che vogliono farlo possono aumentare i servizi offerti coprendo i maggiori costi con risorse proprie. Ciò ha fatto sì che la rosa delle tariffe applicate si sia ulteriormente ampliata.
Ora, denuncia Altroconsumo «dal federalismo sanitario è naturale aspettarsi differenze, ma è francamente difficile spiegare tariffe così distanti». Il ministero della Salute «dovrebbe monitorarne l´andamento, appurare le cause delle anomalie, intervenire» e «in nome del diritto alla trasparenza, informare i cittadini».