Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 11/12/2010, 11 dicembre 2010
LEONARDO. LA NOBILTA’ DELL’ARTE
Il Musico di Leonardo arriva ai Musei Capitolini per annunciare la grande mostra «Due italiani prima dell’Italia, Leonardo e Michelangelo», che riunirà un centinaio di capolavori dei due Maestri e la cui inaugurazione è prevista per ottobre 2011. Intanto si può ammirare l’unico ritratto maschile tra i pochissimi pervenuti, tutti femminili, dell’artista da Vinci. Unica anche l’occasione di vedere il quadro fuori dalla sua sede abituale, la Biblioteca Ambrosiana di Milano, dove è custodito dalla metà del Seicento. Dove abbia trascorso i due secoli precedenti — dal momento che fu dipinto intorno al 1485 — nessuno lo sa con certezza. Dall’Ambrosiana esce per la prima volta dopo 65 anni. Nel 1946 venne infatti esposto a una mostra su Leonardo organizzata a Lucerna e il fatto suscitò una tale quantità di polemiche che da allora si è evitato di farlo viaggiare.
Che cosa bisogna sapere prima di affrontare la visita? Innanzitutto che il dipinto è sicuramente di Leonardo. La controversia sull’autografia, messa in dubbio dai critici dell’Ottocento e in parte del Novecento che avevano suggerito di vedervi un dipinto non finito di Leonardo completato forse da un suo collaboratore come il Boltraffio, oggi è definitivamente caduta. Soprattutto dopo che il restauro dei primi del Novecento e gli studi di Luca Beltrami ne hanno mostrato l’altissima qualità pittorica. In più ci sono, a favore della mano di Leonardo, scoperte recentissime, di cui parla lo studioso Pietro Marani, curatore del bel catalogo che accompagna l’esposizione.
Dalle analisi scientifiche condotte sulla tavola negli ultimi decenni si è appurato che questa appartiene allo stesso ceppo di legno di noce da cui sono state tratte le tavole del Ritratto di dama con l’ermellino (oggi a Cracovia) e della Belle Ferronière del Louvre. Le tre opere hanno in comune il fatto che furono eseguite a Milano durante il primo soggiorno del Maestro nella città lombarda (dal 1483 al 1499) e la tecnica di esecuzione. L’uso del legno di noce, insolito nella pittura lombarda, viene infatti raccomandato da Leonardo che suggerisce di trattarlo con biacca, olio di lino e trementina, e ancora biacca e vernice liquida, e poi di ricoprirlo con verderame e giallo. Prelievi di pittura fatti negli anni Ottanta sul Musico, hanno consentito di rilevare come il dipinto risulti eseguito su una preparazione corrispondente a quella suggerita. Inoltre i tre ritratti eseguiti in Lombardia presentano tutti la stessa caratteristica tecnica: i «lustri» — o riflessi di luce — sui riccioli dei capelli e la lavorazione degli incarnati realizzata con i polpastrelli delle dita per sfumare meglio il colore.
Un altro studioso, Carlo Pedretti, ha fornito una ulteriore prova sulla certezza dell’attribuzione, rileggendo un passo leonardesco sull’esperienza di ritrarre dal vivo: «Questa nostra pupilla — scrive Leonardo — cresce e diminuisce secondo la chiarità o scurità del suo obietto; e perché non vede così presto uscendo da lume andando allo scuro, e similmente dallo scuro al luminoso, e questa cosa già m’ingannò nel dipingere un occhio e di lì imparai». Pedretti ha collegato l’osservazione alla leggera diversità nella dimensione delle pupille del Musico, come se il personaggio fosse colto nell’attimo impercettibile in cui queste si dilatano mentre scende la luce sul calar della sera. «Un’osservazione scientifica — commenta Pedretti — che solo Leonardo avrebbe potuto tradurre in pittura».
Fugati i dubbi sull’artista, restano quelli sul personaggio. Tutti d’accordo che si tratti di un musicista, ma quale? Si fanno più nomi: Franchino Gaffurio, maestro di cappella del Duomo di Milano fino al 1484; Jean Cordier di Bruges, presente alla corte sforzesca fino al 1496; Angelo Testagrossa, maestro di canto di Isabella d’Este; Josquin des Prez, compositore della scuola franco fiamminga; Atalante Migliorotti, l’amico di Leonardo che l’accompagnò a Milano e che poi l’artista incontrerà di nuovo a Roma nel 1513 nelle vesti di architetto di San Pietro insieme a Bramante e Raffaello. Infine uno sguardo alla cornice: intagliata e dorata è sicuramente antica, ma non originale. Donata all’Ambrosiana da Solomon Guggenheim, venne applicata alla tavola nel 1906, in sostituzione di una semplice cornice nera, la stessa che è detta inquadrare il Musico negli antichi inventari della Biblioteca.
Lauretta Colonnelli