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 2010  dicembre 11 Sabato calendario

La faida di Legambiente - Soldi, green economy, conflitti di interessi e minacce di espulsione. Il campo di battaglia è Legambiente, associazione da trent’anni in prima fila nelle battaglie ecologiste, con oltre 100 mila soci, centinaia di circoli e 60 aree naturali in gestione

La faida di Legambiente - Soldi, green economy, conflitti di interessi e minacce di espulsione. Il campo di battaglia è Legambiente, associazione da trent’anni in prima fila nelle battaglie ecologiste, con oltre 100 mila soci, centinaia di circoli e 60 aree naturali in gestione. Lo scontro nasce sul controverso tema delle energie rinnovabili e in particolare sul fotovoltaico. Lo stato maggiore dell’associazione presenta il progetto di un impianto di 26 ettari (4 campi di calcio) a Cutrofiano, in Puglia, nel Parco dei Paduli, con 700 pannelli mobili di 40 metri quadri ciascuno su terreno agricolo. Rivendicato da Legambiente come «sperimentale e innovativo» perché in grado di contemperare agricoltura e produzione di energia, il progetto viene fortemente contestato dai deputati radicali, da altre associazioni come Italia Nostra e dai battaglieri comitati locali, attivi nel denunciare «le speculazioni sulla green economy». Ma ben presto anche all’interno della stessa Legambiente si levano voci critiche. Diciotto circoli firmano un documento critico sul fotovoltaico a terra e portano la questione in un’assemblea nazionale. Pare un normale dibattito interno, ma si trasforma in una polemica violenta quando alcuni circoli si accorgono che a realizzare l’impianto di Cutrofiano è una società di capitali, la «AzzeroCo2 srl», controllata dalla stessa Legambiente. La mobilitazione parte da un circolo di Manciano, in Toscana, impegnato a contrastare un altro impianto fotovoltaico. «Come facciamo a opporci se la nostra associazione contemporaneamente promuove iniziative imprenditoriali analoghe?», protesta Andrea Marciani, presidente del circolo. «C’è un evidente conflitto di interessi in Legambiente, che esercita attività d’impresa nel settore di cui si occupa come organizzazione no profit». Il circolo toscano decide di rendere pubbliche le sue perplessità con un documento che circola sul web. Il circolo Milano Ovest si schiera a favore, altri circoli preferiscono non portare il dissenso al di fuori dell’organizzazione. I vertici nazionali rispondono con una lettera in cui accusano i contestatori di «provocazioni, falsità e diffamazioni che mai avremmo pensato di cogliere in un nostro circolo». Ai congiurati toscani viene anche addebitata una sorta di «intelligenza col nemico», «buttando fango via mail urbi et orbi, infischiandosene se i nostri avversari nutrono l’attacco all’associazione delle falsità diffuse». Conclusione perentoria: «Il circolo si è posto fuori dall’organizzazione, non possiamo consentire oltre questo modo di procedere». Quelli di Manciano la prendono come una minaccia di espulsione. La settimana prossima chiederanno il rinnovo delle tessere e temono di vedersele rifiutate. Nel frattempo, rilanciano, denunciando «una questione morale in Legambiente», parlando di «connivenze politiche» e raccogliendo un dossier con decine di esponenti dell’associazione che ricoprono incarichi anche in società operanti nei business ambientali (a cominciare dagli ideatori del progetto Cutrofiano, con tanto di partecipazioni azionarie in aziende, sospettati di essere beneficiari finali dell’affare). Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, risponde così: «La società di capitali a cui partecipiamo e che promuove l’impianto di Cutrofiano è uno strumento per realizzare sul mercato gli obiettivi dell’associazione, con cui c’è totale coerenza. Non la useremo certo per commerciare in armi. Quanto ai dirigenti che hanno altre società nel settore, non vedo nessun conflitto di interessi. Anzi, è un modo per mettere in pratica le nostre scelte. Polemiche interne ci sono sempre state, solo che prima non c’era internet ad amplificarle».