RICHARD NEWBURY, La Stampa 11/12/2010, pagina 17, 11 dicembre 2010
Gli slogan degli studenti dove rotolò la testa di Carlo I - Bene, grazie. C’è una prima volta per tutto», risponde la duchessa di Cornovaglia dopo che con il consorte, il principe Carlo - che attualmente come lavoro condivide il ruolo di capo di Stato con l’anziana madre, la Regina - ha lasciato il Royal Variety Show al teatro Palladium di Londra
Gli slogan degli studenti dove rotolò la testa di Carlo I - Bene, grazie. C’è una prima volta per tutto», risponde la duchessa di Cornovaglia dopo che con il consorte, il principe Carlo - che attualmente come lavoro condivide il ruolo di capo di Stato con l’anziana madre, la Regina - ha lasciato il Royal Variety Show al teatro Palladium di Londra. Poco prima la loro auto di servizio, la Rolls Royce Phantom V1, era attaccata da una folla itinerante di «studenti». Questi si stavano disperdendo dopo aver dimostrato contro la politica che aveva deciso di aumentare i prestiti per le tasse universitarie da tremila sterline (ma non le paga chi ha genitori a basso reddito), fissate da Blair, a un massimo di novemila, cifra raccomandata dalla commissione costituita da Brown e parte integrante del manifesto elettorale del Labour per le elezioni 2010. Anche il partito conservatore aveva proposto questo aumento come l’unica alternativa alla drammatica riduzione del numero di studenti e l’unico modo, per le grandi università, di mantenere le posizioni in testa alla lista mondiale. Cambridge, che seleziona in base al cervello e non alla ricchezza - di qui i suoi 80 Nobel - è seconda solo a Harvard. Il nuovo prestito verrà rimborsato a interesse zero pagando il 9 per cento su ogni sterlina guadagnata quando l’ex studente arriverà al salario medio nazionale, cioè 21.500 sterline l’anno. Prima, niente. Come già avviene ora, se sei selezionato da una università, avrai un prestito per l’istruzione e una indennità per la casa. I liberaldemocratici, che non si sarebbero mai aspettati di andare al governo, in campagna elettorale avevano proposto un aumento generale delle tasse per coprire gli inevitabili costi - e così hanno vinto parecchi seggi nelle città universitarie come Oxford, Cambridge e la Sheffield di Clegg. In altre parole, i più poveri non laureati finanzierebbero il maggiore potere di guadagno dei laureati. Questo è il motivo per cui Vince Cable, il ministro che ha presentato la legge - un liberaldemocratico - ha cambiato idea e introdotto questo nuovo prestito studentesco, più «corretto» e «ad aliquote progressive». E l’attacco all’auto di servizio del principe di Galles e della sua consorte? Aveva ragione Camilla a dire: «C’è sempre una prima volta»? Beh, aveva ragione a proposito della violenza «studentesca», sebbene la maggioranza degli attuali studenti che ora protestano sia pacifica. Dal 1960 al 1968 sono stato attivamente coinvolto in molte grandi manifestazioni e scontri diretti con la polizia, ma raramente sono esplosi, nonostante i tentativi di piccoli gruppi anarchici. La violenza di oggi è qualcosa di nuovo, forse si è guardata troppo la copertura continua delle notizie dalla Francia o forse dipende dal gran numero di studenti Ue iscritti alla London School of Economics. Poi ovviamente c’è la flessibilità tattica degli attivisti grazie a network come Twitter. C’è da sperare che il mantenimento dell’ordine non debba passare dalla protezione del diritto a protestare pacificamente agli scontri in forma paramilitare. E gli attacchi alla famiglia reale? Naturalmente sono i rischi del mestiere di famiglia sacrificale della tribù, condannata, anche se non lo chiede, a essere capo di Stato. Alla domanda: «Come capo di Stato volete qualcuno nato per esserlo o un politico che vuole esserlo?», gli australiani, in un recente referendum, hanno scelto la prima opzione. Quanto ai rischi, Elisabetta I è sopravvissuta a tre complotti. Il più grave, che condannò la sua ispiratrice Maria Stuarda, regina di Scozia, al processo e alla decapitazione, fu scoperto solo grazie a quella grandissima spia che era Giordano Bruno, che lavorava - come unico confessore cattolico disponibile sulla piazza di Londra - sia nell’ambasciata francese sia in quella spagnola. Maria Stuarda ovviamente era scappata in Inghilterra, giustamente accusata di aver assassinato suo marito, il padre di Giacomo VI di Scozia e I d’Inghilterra. Anche lui viveva nel terrore mortale di essere assassinato, invece fu Enrico IV di Francia a cadere sotto i colpi di un pugnale. L’Inghilterra stava diventando troppo civilizzata, non come la Scozia, dove pochi re morirono nel loro letto. Fu solo dopo aver «dichiarato guerra al suo popolo» per due volte che «Carlo Stuart, quel sanguinario» fu giudicato dal parlamento e giustiziato a Whitehall - proprio lì dove gli studenti il 9 dicembre hanno marciato in segno di protesta da Westminster a Trafalgar Square - il 30 gennaio 1649. Da allora tutti i re hanno capito che hanno solo un «contratto a termine» e possono facilmente essere «accorciati di una testa», come Elisabetta minacciava di fare con i suoi consiglieri. Carlo II, dopo che nel 1660 era stato riportato sul trono, «non voleva più tornare in esilio» e quando il suo poeta di corte, lord Rochester, scrisse: «Non diceva mai una cosa sciocca né una saggia», rispose: «Verissimo, perché le mie parole sono mie, ma le mie azioni sono i miei ministri». Da allora questa è stata la norma, stabilita dalla Dichiarazione dei diritti della Gloriosa rivoluzione del 1688-’89 con la quale - al tempo della creazione della Banca d’Inghilterra, dei Lloyds e della Borsa valori - il re divenne un presidente senza poteri, il primo ministro l’amministratore delegato, il governo il consiglio d’amministrazione e i deputati gli agenti di Borsa per gli elettori/azionisti in continua espansione - i proprietari terrieri, gli industriali, gli operai, le donne e adesso i diciottenni. L’incontro «accidentale» tra la limousine ufficiale dei reali e l’assalto «inufficiale» della folla a Regent Street mostra che gli studenti hanno mancato il loro vero obiettivo politico, così come hanno rivelato un confuso senso dell’economia. Loro non sono «sudditi», piuttosto sono «dipendenti» in una «cultura della dipendenza» riportata alla realtà. Lo studente, che mette alla prova la pazienza della gente normale che paga per la sua esistenza privilegiata, improvvisamente non è più un re per diritto divino. Se gli studenti otterranno ciò che vogliono, l’alternativa sarà necessariamente la loro decapitazione. Cioè il dimezzamento del loro numero.