ANDREA MALAGUTI, La Stampa 11/12/2010, pagina 16, 11 dicembre 2010
“I teppisti sentiranno la forza della legge” - Un’ora prima dell’alba decine di spazzini si riversano in strada
“I teppisti sentiranno la forza della legge” - Un’ora prima dell’alba decine di spazzini si riversano in strada. Portano via i segni della battaglia davanti a Parliament Square. Raccolgono mazze, pietre, palle da biliardo, transenne divelte e i resti dei vetri andati in frantumi al Ministero del Tesoro. Per terra trovano scarpe, pezzi di camicia, pantaloni, qualche portafoglio e persino due collane. Come se fosse passato un urgano. Seguono a ritroso il percorso fatto dai trentamila studenti, professori e ricercatori, prima della rivolta contro l’aumento delle tasse universitarie, portate di colpo da tremila a novemila sterline l’anno. Risalgono Whitehall, arrivano a Trafalgar Square, si spostano verso Regent Street, dove hanno attaccato la Rolls Royce di Carlo e Camilla, e arrivano fino a Oxford Street per sostituire le vetrate di TopShop fatte a pezzi. Puliscono la statua di Winston Churchill, che nella luce bassa del mattino sembra ancora più piegata e cupa del solito. Raschiano via le scritte e gli insulti contro il traditore Nick Clegg e contro «i fottuti conservatori». Il cuore di Londra, un enorme quadrilatero che ingloba i centri del potere e della cultura, nel giro di una mattina torna immacolato, vergine. Ma non basterà un colpo di spugna a cancellare le piaghe di giovedì. Quaranta feriti, dieci arresti, dodici poliziotti all’ospedale, un ragazzo di vent’anni operato alla testa per le manganellate. Una lacerazione della pace sociale che atterrisce David Cameron e umilia la fragile idea della Big Society. Chiari i riflessi sulla coalizione di governo. Ventun liberaldemocratici e otto Tory si sono opposti alla riforma. Nick Clegg sostiene che il suo partito è unito e che se anche in campagna elettorale aveva promesso di tutelare le rette, oggi non si vergogna di nulla. Ma gli equilibri sono cambiati. Il libdem Greg Mulholland dice che «ci sono momenti in cui bisogna riconoscere che l’esecutivo sbaglia». Pallido, con gli occhi segnati da una notte senza sonno, Cameron esce dal portone di Downing Strett. La giacca blu, la cravatta azzurra insolitamente annodata male. «Esiste evidentemente il diritto di protestare, ma non esiste il diritto di invadere le strade di Londra per seminare violenza. È inaccettabile. Ai teppisti, che erano tanti, voglio dire che sentiranno per intero la forza della legge». La legge. È ancora in grado di controllare la rabbia popolare? Per la terza volta nel giro di meno di due mesi Scotland Yard è sotto accusa per i metodi usati e gli scarsi risultati ottenuti. Nessuno si aspettava di fare i conti con un’onda d’urto così violenta e diffusa. Il portavoce della polizia, Sir Paul Stephenson, dice che i 2.800 uomini in servizio hanno svolto «un lavoro eccellente» ma c’è un’inchiesta per valutare i comportamenti non solo dei violenti, ma anche degli agenti, che hanno chiuso i dimostranti nelle gabbie di contenimento e li hanno attaccati con i cavalli, senza nessuna distinzione tra buoni e cattivi. C’è poi la questone di Carlo e Camilla. Perché il loro percorso non era protetto? Stpehenson risponde che lo era. Perché allora sono passati proprio da lì? Silenzio. Li hanno attaccati davanti a Hamley’s, il negozio di giocattoli. Hannno fermato la Rolls Royce diretta al teatro Palladium buttando un bidone in strada. Poi hanno spaccato il vetro dalla parte di Carlo, tirato vernice e rifiuti. «Bastardi». Camilla ha urlato. Carlo l’ha protetta, le ha stretto una mano, ha cercato di abbassarle la testa. Era sconvolta, anche se più tardi ha provato a minimizzare: «C’è sempre una prima volta per tutto». La voce le tremava. All’Università di Londra il ventenne Simon Hardy, fisico sottile, occhialini tondi e un filo di barba, spiega che «in Gran Bretagna è sotto attacco il diritto democratico di protestare. Gli studenti si sono solo difesi quando Scotland Yard li ha chiusi nelle gabbie». La sua collega Clare Solomon è ancora più dura e fa il verso al primo ministro. «Il governo sentirà per intero la forza del movimento universitario». Non finisce qui. Solo Charlie Gilmour, studente a Cambridge e figlio del chitarrista dei Pink Floyd David, è costretto a scusarsi pubblicamente. È lui che ha strappato la bandiera dal Cenotaph, il monumento che ricorda i caduti della Prima Guerra Mondiale. La sua foto è finita su tutti i giornali, gli avvocati gli hanno consigliato di dire qualcosa pubblicamente. «Sono stato un idiota». Alfie Meadows, ventenne della Middlesex University, invece non riesce a dire niente. È in un letto d’ospedale, a Westminster. Era finito in mezzo a una delle famigerate gabbie di contenimento e un poliziotto lo ha colpito alla testa. Sanguinava, ma non pensava che fosse grave. Poi ha cominciato a barcollare e ha chiamato la madre, professoressa universitaria. «Sto male». L’hanno operato alla testa e l’intervento è durato tre ore. Sua mamma fa vedere le foto. È biondo e pallido. Ride. «Vedete? Vuole fare il filosofo».