Donatella Stasio, Il Sole 24 Ore 11/12/2010, 11 dicembre 2010
LA CONSULTA SI SPACCA, FINISCE UNO PARI
Due colpi di scena maturati nel giro di poche ore. Perché se era scontato che Ugo De Siervo sarebbe diventato presidente della Corte costituzionale, non era affatto scontata la sua «sofferta» elezione; e se era scontato che il verdetto sul legittimo impedimento sarebbe slittato a gennaio, non era affatto scontato che a slittare fosse persino l’udienza pubblica di discussione. Qualcosa è cambiato nelle ultime 48 ore, a palazzo della Consulta, dove per la prima volta emerge platealmente una spaccatura nel collegio dei 15 giudici alla vigilia di uno degli appuntamenti più delicati - anche se non il primo - sul piano politico-istituzionale. E le ragioni tecniche si intrecciano a tal punto con quelle politiche che è difficile stabilire quali siano preponderanti.
Certo è che secondo la contabilità del premier, De Siervo appartiene all’ala "di sinistra" della Consulta, colpevole di aver affossato leggi ad personam come il Lodo Schifani, prima, e il Lodo Alfano, poi. Certo è anche che De Siervo (come altri suoi colleghi) aveva lasciato intendere che, nonostante la «curiosa coincidenza» con il voto di fiducia, l’udienza sul legittimo impedimento si sarebbe comunque tenuta il 14 pomeriggio, più probabilmente il 15 mattina, salvo rinviare la discussione in camera di consiglio (e quindi il verdetto) alla prima metà di gennaio sia per ragioni di opportunità sia perché alcuni giudici erano già pronti a far valere la «prassi» del supplemento di riflessione e a chiedere, quindi, un rinvio della decisione a gennaio. La cosa importante, per il presidente in pectore, era l’incardinamento della questione, il fatto che fosse comunque discussa nella data prestabilita, che il Pdl aveva cercato in tutti i modi di far slittare, per guadagnare più tempo nell’ipotesi di un verdetto negativo per il premier.
Nonostante la crisi politica e il suo esito incerto, la decisione della Corte sul legittimo impedimento continua infatti ad avere un’importanza cruciale per Silvio Berlusconi, perché la legge n. 51 del 2010 è, allo stato, l’unico strumento che lo metta al riparo dai processi milanesi Mills, Mediaset e Mediatrade dov’è imputato di corruzione giudiziaria, frode fiscale, appropriazione indebita. Lo scudo gli servirebbe nella prospettiva sia di un Berlusconi bis sia di elezioni anticipate. Diventerebbe inutile soltanto nell’ipotesi di un nuovo governo non guidato dal Cavaliere: in tal caso la Corte potrebbe persino liquidare la questione di legittimità costituzionale senza entrare nel merito, perché l’imputato non è più premier né tanto meno ministro. E potrebbe sottrarsi, così, a un nuovo fuoco di polemiche da parte del Pdl qualora, invece, la legge continuasse ad avere «rilevanza» nei processi milanesi e venisse censurata.
I tempi per la soluzione della crisi sono incerti ma è probabile che a gennaio il quadro politico sarà più chiaro. Il neopresidente della Corte ha spiegato che il giorno effettivo dell’udienza - l’11 o il 25 - dipende solo da ragioni tecniche, ma che personalmente ritiene più probabile la prima data e quasi certa una decisione entro la metà del mese, anche se dal 10 la Corte sarà impegnata sull’ammissibilità dei referendum sul nucleare, sulla privatizzazione dell’acqua e sullo stesso legittimo impedimento. De Siervo è fiducioso anche perché, ha detto, i giudici si sono impegnati a non chiedere ulteriori rinvii e si augura che di qui a gennaio il clima sia «più tranquillo». Ma è evidente che l’11 non è la stessa cosa del 25 e che questa sarà la prima prova del neoeletto presidente.
Qualunque decisione è destinata a suscitare polemiche: la legge potrebbe essere promossa ma poi sottoposta al referendum di Di Pietro, se la Corte lo giudicherà ammissibile; potrebbe essere bocciata perché configura una presunzione assoluta di impedimento, che non lascia al giudice alcuno spazio di valutazione caso per caso; per la stessa ragione potrebbe essere solo corretta in via interpretativa dalla Corte, lasciando comunque il destino del premier nelle mani dei magistrati. È impossibile, oggi, azzardare previsioni, anche se le voci di una censura sono sempre più robuste. C’è anche chi ipotizza l’incostituzionalità del termine di 18 mesi, stabilito per l’efficacia della legge: in tal caso, lo scudo funzionerebbe a regime, sia pure a condizione che sia il giudice a valutare il legittimo impedimento.
Soluzioni che lascerebbero il premier esposto alle decisioni del Tribunale di Milano, rimettendo in moto i suoi processi. La conta è lontana e il rinvio è comunque una boccata d’ossigeno per Berlusconi: l’unica alta carica che ieri non si è felicitata con De Siervo per la sua elezione.