Marcello Sorgi, La Stampa 11/12/2010, 11 dicembre 2010
PROCESSO ALLA BRUTTA POLITICA
Eravamo appena usciti - e non del tutto - dagli strascichi giudiziari dell’ultima campagna elettorale, in cui entrambi gli schieramenti avevano scelto di combattersi fino all’ultimo nelle aule di giustizia, per cercare di impedire, l’uno all’altro, di competere con la propria lista, e magari vincere a tavolino per assenza di avversario, ed ecco che ci ritroviamo alle prese con l’inchiesta della Procura romana sul cosiddetto calciomercato dei parlamentari, che potrebbe avere un peso decisivo nella votazione sulla sfiducia prevista per martedì alla Camera.
Intendiamoci: che qualcosa di strano sia accaduto e stia accadendo, nelle ultime ore che precedono il dibattito, è sicuro. Giorno dopo giorno si allunga la fila dei deputati che si presentano davanti alle telecamere, per esprimere i propri dubbi e riserve rispetto alle posizioni dei partiti a cui appartengono - meglio sarebbe dire appartenevano. Un leader come Di Pietro, che se ne è visti portare via due, e teme che la diaspora non sia finita, s’è rivolto ai suoi vecchi colleghi magistrati perché sospetta che questi ripensamenti non siano soltanto politici e che qualcuno di quelli che hanno deciso di passare dall’opposizione alla maggioranza lo abbia fatto per convenienza, o addirittura per soldi.
La reazione della magistratura romana è stata immediata, e l’inchiesta subito aperta, nello spazio di un solo giorno e a distanza di soli tre dall’inizio del dibattito in Parlamento. Cosa, quest’ultima, che ha determinato una furiosa reazione e un controesposto del partito del presidente del Consiglio.
Ma l’indagine, è fin troppo evidente, si presenta assai complicata. A partire dal fatto che gli indagati, i presunti colpevoli di aver messo in vendita i propri voti, hanno reso pubblica confessione in Parlamento, presentandosi in sala stampa, chiedendo di parlare con i giornalisti e rivendicando il loro diritto a cambiare idea. Non avrebbero mai pensato, per questo, di fornire una «notizia criminis» alla magistratura, attivare il meccanismo dell’obbligatorietà dell’azione penale, subire un interrogatorio e probabilmente anche dei controlli patrimoniali, oltre a doversi discolpare dal sospetto ignominioso di essersi venduti ed essere stati comperati. Ciò che - va detto - finora hanno accolto con sdegno, anche quando non sono stati in grado di spiegare le ragioni politiche e le motivazioni ideali del loro cambio di casacca. Se non fosse che chi ha elencato le tariffe - da 350 a 500 mila euro - per cui un deputato indeciso sarebbe disposto a mettersi all’asta è un signore benestante come l’ex pd Calearo, si potrebbe anche dire che la curiosità è legittima e la necessità di far chiarezza è evidente.
E tuttavia, che succede se la magistratura non trova entro domenica un deputato con il portafoglio o il conto corrente in banca fumante? E peggio ancora, che succede se lo accerta il 15 o il 16 dicembre, o perfino un mese dopo, quando la votazione, comunque sia andata, sarà già stata archiviata? Nel primo caso, si potrebbe pensare che un normale deputato, che magari senza essere stato sollecitato da nessuno all’ultimo momento stava per cambiare idea, potrebbe essere stato portato a soprassedere per timore di finire sotto inchiesta. Nel secondo, invece, è davvero difficile immaginare le conseguenze: già, che si fa? Si ripetono dibattito e votazione? Si annulla tutto? Si decide a seconda se il governo era caduto o se era rimasto in piedi?
Se non se le erano poste prima, i magistrati della Procura di Roma troveranno tutte queste domande sulla strada della loro inchiesta. Un’inchiesta sulla brutta politica, certamente. Che ha superato ogni livello sopportabile di bruttezza, eppure non è detto che possa o debba essere sanzionata facilmente dalla giustizia o dai magistrati. I quali, appunto, avrebbero fatto bene a non mescolarsi con una vicenda già abbastanza complicata come la crisi di governo. In fondo, bastava solo aspettare qualche giorno. Né più né meno come hanno deciso i più saggi giudici della Corte Costituzionale, che nello stesso giorno in cui la Procura di Roma ha addentato il calciomercato di Montecitorio hanno fatto sapere che sul legittimo impedimento decideranno a gennaio.