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 2010  dicembre 11 Sabato calendario

IL PACKAGING, PER VOCE ARANCIO


«Se compri un ago te lo avvolgono in una tonnellata di cellophane, i cereali te li mettono nella scatola, le pere in una vasca da bagno di polistirolo…» (Luciana Littizzetto).
Da dicembre i cereali modello «classico» di Sainsbury’s si troveranno solo in busta. «Così si perde un’icona della prima colazione britannica ma in questo modo risparmieremo cartone, spazi e ridurremo il nostro consumo di anidride carbonica» (Stuart Lendrum, capo del packaging di Sainsbury’s).
Sainsbury è una delle 40 società, tra produttori e distributori, ad aver sottoscritto nel 2005 un accordo volontario con il Wrap (Waste & Resources Action Program) per la riduzione di imballaggi e scarti da cibo.
Ogni giorno i britannici consumano 2,8 milioni di scodelle di Kellogg’s Corn Flakes. Il gigante americano dei cereali non abbandonerà le scatole col gallo. «I nostri studi mostrano che i fiocchi si rovinano se non c’è la protezione di cartone. Inoltre le nostre scatole e le buste contenitive sono interamente riciclabili. Se si usa solo il sacchetto per impacchettare i cereali bisogna usare una plastica più spessa, più difficile da smaltire», ha detto al Times un portavoce dell’azienda.
Il Regno Unito, secondo un rapporto Eea (European Environment Agency) del 2009, ha prodotto, nel 2007, 174 chilogrammi di rifiuti da imballaggio pro-capite, mantenendo una media stabile rispetto al 1997 (171 kg). In Italia, i rifiuti da imballaggio pro-capite sono 212 chilogrammi e nell’arco di dieci anni sono aumentati del 27,7%.
Ogni italiano butta nel cassonetto 546 chili di rifiuti all’anno. Circa 250 sono di imballaggi (dati Istituto superiore per la protezione dell’ambiente).
«Da anni gli imballaggi attraversano una fase di grande evoluzione tecnico-operativa: eco-design, ricerca scientifica sui materiali, riduzione dell’over-packaging, nonché riuso, riciclo e recupero di energia sono le matrici strategiche del processo innovativo in atto» (Gian Domenico Auricchio, presidente di Federalimentare).
Una direttiva europea del 1994 proibisce l’imballaggio eccessivo dei prodotti e definisce i requisiti da rispettare: limitare il peso e il volume dell’imballaggio al minimo per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene e accettabilità per il consumatore; ridurre al minimo la presenza di sostanze e materiali pericolosi nel materiale di imballaggio o nei suoi componenti; concepire un imballaggio riutilizzabile o recuperabile.
Quando si fa la spesa si portano a casa otto etti di carta e plastica che incidono sul prezzo finale da un minimo del 20 a un massimo del 70%. L’imballaggio, oltre che all’acquisto, si paga allo smaltimento, con la tassa/tariffa rifiuti. «Il 50% della spesa fatta al supermercato va a finire nella pattumiera. Bisogna dire basta agli sprechi inutili e sapere scegliere, privilegiare imballaggi riciclabili e meno ingombranti. Un esempio? Acquistiamo le mele senza la vaschetta di polistirolo, beviamo l’acqua dal rubinetto anziché dalla bottiglia. Con un risparmio anche dei costi di trasporto e dell’inquinamento» (Daniele Faverzani, Ecosportello rifiuti di Legambiente).
Piero Camporesi, storico e antropologo dell’alimentazione, ha affermato che la modernità si fonda sull’uso generalizzato delle scatole: dal cibo agli elettrodomestici, dai pacchi postali alle merci, tutto, compresi i missili intercontinentali (i Cruise, negli anni Ottanta), viaggia attraverso il mondo dentro scatole, più o meno spesse, di cartone.
Sul finire degli anni Cinquanta, Ingvar Kamprad, mister Ikea, cominciò a confezionare i suoi oggetti da montare a casa in scatole piatte e semplici, con il conseguente risparmio di nastro adesivo, graffette e legacci assortiti.
Nel 1989 Wal Mart chiese ai fornitori di procurare prodotti imballati con materiali riciclabili o biodegradabili: prodotti ecologici riconoscibili per l’etichetta verde. Dopo un paio d’anni, venne fuori un rotolo di carta igienica che di riciclato aveva il cilindro interno di cartone, mentre la carta era sbiancata con il cloro.
Secondo il Dossier Prevenzione 2010 del Conai, per le nuove soluzioni di packaging, il 46% delle aziende ha pensato al risparmio di materia prima, il 16% all’ottimizzazione della logistica, il 15% all’utilizzo di materiale riciclato, e l’8% alla facilitazione delle attività di riciclo.
Da qualche anno, Nokia ha rimpicciolito le confezioni dei cellulari: «Nel 2007 abbiamo spedito 250 milioni di telefoni in imballaggi più compatti per i quali abbiamo usato il 54% di materiali in meno», ha detto l’amministratore delegato di Nokia Italia, Alessandro Mondini Branzi. In sostanza, 5 mila autocarri risparmiati insieme a 100 milioni di euro.
«Il packaging è un costo che l’azienda paga. E su cui quindi può risparmiare. Se pensiamo alla bottiglia dell’acqua minerale: il suo spessore è di molto diminuito da dieci anni a questa parte» (Giancarlo Longhi, direttore generale Conai).
Con il progetto Ecological Work, Sanpellegrino si è impegnata a ridurre tutti i materiali di imballaggio al fine di limitarne l’impatto sull’ambiente. Nel 2007, ha risparmiato 846.000 kg di pet.
Nel 2009, grazie al nuovo collo delle bottiglie da mezzo litro più corto di quattro millimetri, Coca-Cola Hbc Italia ha utilizzato 80 tonnellate di pet in meno, che si traduce in 300mila euro di risparmi sull’energia e 100mila sulle materie plastiche.
La francese Mumm, la nota casa produttrice di champagne, ha sperimentato bottiglie più leggere (65 grammi rispetto a quelle da 900).
I contenitori in vetro sono il 40% più leggeri rispetto a 20 anni fa.
Nel 2009 la Nestlè ha ridotto del 30% l’imballaggio delle uova di Pasqua in vendita nel Regno Unito rispetto a quelle in vendita in Italia. E ha sostituito la plastica usata come protezione delle uova con del cartone riciclato e riciclabile. Scegliere confezioni “a forma di uovo”, rispetto a quelle “col fiocco in alto”, farebbe diminuire il volume per il trasporto.
«Smaller box, similar price». Secondo il Wall Street Journal, diverse aziende di gelati, cereali, piuttosto che maionese o formaggio, hanno ridotto le scatole e alleggerito i contenuti. E i prezzi sono rimasti invariati.
Dal 1996 la Coop ha avviato la riduzione degli imballaggi per i prodotti a marchio della cooperativa. Tubetti di dentifricio e maionese sono in vendita senza la scatola esterna di carta. «Gli interventi sul packaging effettuati sono ispirati ai concetti di risparmio, riciclo e riutilizzo. Nel periodo tra il 2000 ed il 2007 sono state risparmiate novemila tonnellate di materiali da imballo» (Francesco Russo, amministratore del gruppo Coop).
Il settore degli imballaggi vale un giro d’affari da 20 miliardi l’anno solo in Europa, fabbriche che ogni anno trasformano tre milioni e mezzo di tonnellate di metallo, plastica, carta e vetro in vasetti per le olive, blister per i medicinali o contenitori per le uova. Il campione europeo di specialità è Amcor: fa girare più di quattro miliardi di dollari, ha 14mila addetti e una cinquantina di stabilimenti in 17 Paesi.
Negli ultimi dieci anni le attività di prevenzione dei rifiuti da imballaggio hanno portato benefici al Paese per circa 500 milioni di euro (costi di smaltimento, emissioni, costi esterni da trasporti) mentre raccolta e riciclo degli imballaggi hanno prodotto ricadute positive stimabili in 6,7 miliardi di euro.
Disimballiamoci è la campagna di Legambiente sull’importanza di ridurre alla fonte la produzione di rifiuti. I volontari si danno appuntamento fuori dai supermercati e centri commerciali per sensibilizzare i cittadini sull’uso eccessivo delle confezioni, invitandoli a consegnare almeno un imballaggio inutile tra quelli acquistati.
I prodotti ”alla spina”. Privi di una marca visibile, sono prelevabili dal cliente nella quantità desiderata in un contenitore biodegradabile e riutilizzabile da appositi dispenser: così si risparmia il costo della confezione e si paga solo per la quantità necessaria. Senza contenitore e marchio, la merce costa dal 20% al 70% in meno.
La rivoluzione sfusa è partita dal Piemonte, prima regione nel 2006 a sovvenzionare un progetto dell’associazione Ecologos con la vendita alla spina dei detersivi, che ha fatto risparmiare nella sola regione più di centomila flaconi. Poi sono aumentati i supermercati e i prodotti in listino. Negli Ecopoint della Crai, premendo una leva, dai dispenser trasparenti si preleva nella quantità desiderata pasta, riso, cereali, legumi, frutta secca, caffè, spezie, caramelle, fino anche i detersivi liquidi nelle aree Eco Goccia. Merce, spesso di marca, raccolta in sacchetti o flaconi biodegradabili. Con questo sistema, Crai stima di raggiungere un risparmio di 1 milione di confezioni a perdere ogni anno. Questa modalità di vendita si trova anche in molti dei supermercati Auchan e Coop. Acquistare verdura sfusa e non preconfezionata fa risparmiare in media ben 8 chili di plastica all’anno.
Un single produce due volte e mezzo più rifiuti da imballaggio (11 kg vs. 4) rispetto a una persona che vive in una famiglia di quattro persone (dati Incpen).
La rivista Il Salvagente, in collaborazione con Ergoproject, società specializzata in valutazioni e progettazione ergonomiche di oggetti, prodotti e ambienti, ha misurato le difficoltà che i consumatori incontrano nell’aprire le confezioni di alcuni prodotti. I più complicati da scartare sono risultati i giocattoli.
“Pack-art”, la mania di collezionare le confezioni eccentriche di prodotti alimentari (generalmente asiatici). Tra i pacchetti più richiesti, quelli dei Meiji Choco Gummys, orsetti gommosi ricoperti di cioccolato, dei Sakusaku Panda, biscotti con l’effige dell’animale e delle Black-black-gum.
L’Oscar dell’imballaggio 2010, promosso dall’Istituto Italiano Imballaggio e da Conai, premia gli imballaggi che impiegano l’innovazione per ridurre l’impatto sull’ambiente e ne semplificano l’utilizzo. Vincitori: 1. Ringo Barilla, per il packaging monomateriale che facilita le attività di riciclo; 2. Crew Cup di Novacart, il bicchiere con tappo a vite in cellulosa estensibile, per l’immediatezza d’uso e l’agevolazione delle operazioni di recupero e smaltimento; 3. Vernel Mini, Nelsen, Dixan piatti, Bref Spray e Prill Brillantante di Henkel per aver coniugato standard qualitativo e utilizzo del 25% di pet riciclato. Ex aequo: Emulsio il Salvambiente per aver scelto la via della ricarica idrosolubile e biodegradabile e del risparmio del materiale da imballaggio (riutilizzando lo stesso flacone, si arriva a risparmiare fino all’80% di plastica, il 57% dei trasporti e il 62% delle emissioni di CO²).
Il settore dei produttori di imballaggi, a livello mondiale, vale circa 500 miliardi di dollari, di cui l’Italia, con un fatturato di circa 31 miliardi di dollari (circa 24 miliardi di euro) rappresenta il 6%, quota che la colloca tra i dieci Paesi maggiori produttori di packaging, al terzo posto in Europa alle spalle di Germania e Francia.
La provincia di Bologna è la capitale della produzione italiana di macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio, tanto da meritarsi il nome di Packaging Valley. A oggi sono oltre 200 le imprese del comparto localizzate nel territorio bolognese, in cui trovano occupazione circa 6.200 addetti.
Nel 2009 le esportazioni di macchine erano calate del 16,1% rispetto al 2008. Nel primo semestre del 2010 il comparto italiano del packaging sul fronte degli ordinativi ha registrato un +30%. Gli Stati Uniti sono il terzo sbocco per i macchinari made in Italy, dopo Germania e Cina, con una quota dell’8,7% delle esportazioni.
Il packaging perfetto? Secondo Bruno Munari era la buccia dell’arancia. Nel libretto Good Design scriveva: «L’insieme degli spicchi è raccolto in un “imballaggio” ben caratterizzato sia come materia sia come colore: abbastanza duro alla superficie esterna e rivestito con un’imbottitura morbida interna di protezione».