Luca Peretti, varie, 11 dicembre 2010
I BEATLES SU ITUNES, PER VOCE ARANCIO
Dalle 15.40 di martedì 16 novembre, 20 minuti in anticipo rispetto a quanto previsto dalla Apple, tutti i dischi dei Beatles sono disponibili sull’iTunes Store, a seguito di un accordo stipulato tra la band e l’azienda di Cupertino.
I Beatles hanno venduto 600 milioni di album da quando si sono formati ad oggi. iTunes è il più grande negozio di musica al mondo, con 13 milioni di titoli in catalogo e 12 miliardi di canzoni vendute.
Prezzi della canzoni dei Fab Four: 1,29 euro per una brano, 12.99 per un intero album, 149 euro per l’intera discografia (13 album).
«Amiamo i Beatles e siamo onorati ed entusiasti di dare loro il benvenuto nella grande famiglia iTunes. Stiamo realizzando un sogno che avevamo da quando dieci anni fa abbiamo lanciato il programma. Abbiamo percorso una lunga e tortuosa strada per arrivare fin qui», ha commentato Steve Jobs parafrasando la canzone dei Beatles The Long and Winding Road (tradotto La strada lunga e tortuosa).
Geoff Taylor, presidente della British Phonographic Industry: «Questo annuncio apre una nuova era per la musica digitale. Gli appassionati britannici non hanno mai avuto una simile possibilità di scelta, dal misconosciuto collettivo indie sino alle stelle del rock ’n roll, ci sono oggi milioni di brani disponibili su almeno 70 piattaforme digitali che vanno a coprire i gusti e il budget di chiunque».
Il simbolo dei Beatles era la mela, una verde Granny Smith per la precisione, piuttosto simile a quello scelto dalla Apple (che in inglese significa appunto mela), il frutto con un morso sul lato destro, ispirato alla biografia di Alan Mateson Turing, matematico e pioniere dell’intelligenza artificiale. I rapporti tra i giganti della musica e il futuro gigante dell’informatica erano perciò iniziati male nel 1978: i Fab Four citarono in giudizio la società di Cupertino per il nome identico alla loro etichetta, la Apple Record, creata dieci anni prima. Vinsero i Beatles, e strapparono una clausola che impegnava l’azienda a non occuparsi di musica. Passano pochi anni e quando i Macintosh (i computer di casa Apple) diventano utilizzabili per registrare brani digitali, le parti tornarono in tribunale, con un’altra vittoria dei quattro baronetti. Nel 2007 però l’ennesima causa è vinta da iTunes. E allora, se non puoi sconfiggere il tuo nemico, non rimane che farselo amico.
Le canzoni dei Beatles saranno disponibili in 21 Paesi, tra cui naturalmente Regno Unito, Usa e Italia. Non sono compresi invece il Sud America e la Cina, due enormi mercati potenziali.
Sull’iTunes Store anche lo speciale Beatles Box Set digitale, che comprende Live at the Washington Coliseum, 1964, il primo concerto dei Beatles negli Stati Uniti del febbraio 1964: l’emittente televisiva Cbs aveva registrato l’esibizione e un mese dopo mise in onda le immagini attraverso le linee telefoniche a un pubblico riunito nei teatri. Il cofanetto è virtuale: tutto rimane sul computer, le canzoni, il libretto, le foto, le copertine e i testi.
A breve scadranno anche i cinquant’anni di durata per i diritti di riproduzione fonografica delle prime canzoni dei Beatles
Ringo Starr, uno dei due Beatles ancora in vita (l’altro è Paul McCartney, nonostante quello che dica la nota leggenda metropolitana): «Sono particolarmente lieto del fatto che adesso nessuno mi chiederà più quando i Beatles saranno disponibili su iTunes». Lo stesso McCartney ha dichiarato: «Siamo entusiasti. È fantastico sentire così tanto affetto da parte della comunità digitale nei confronti di brani originariamente incisi su vinile».
Per Yoko Ono, vedova Lennon, fino a poco tempo fa scettica sull’ipotesi Beatles su iTunes, è «un bel modo per festeggiare il compleanno di John» (avrebbe compiuto settant’anni lo scorso 9 ottobre). Anche Olivia, la moglie di George Harrison (morto nel 2001), si è detta pazza di gioia per la notizia. Alle vedove andranno parte dei proventi della vendita dei diritti.
In Italia il compenso per diritti d’autore è stabilito, in base agli accordi con le associazioni internazionali e nazionali dei produttori, in una percentuale del prezzo di vendita al pubblico del «supporto audio». Attualmente è del 7,4% (stessa quota per i «supporti multimediali») (fonte Siae).
In Italia i diritti di utilizzazione economica durano per tutta la vita dell’autore e fino a 70 anni dopo la sua morte. Poi l’opera cade in pubblico dominio, cioè è liberamente utilizzabile senza autorizzazione e senza dover corrispondere compensi per diritto d’autore.
Con la sigla Drm (Digital Rights Management, cioè “gestione dei diritti digitali”) si definiscono le misure tecnologiche di protezione messe in atto per il rispetto dei diritti d’autore. Con la possibilità di rintracciare chi ha comprato il brano si possono distribuire contenuti digitali (nel caso specifico di iTunes, soprattutto file musicali) in maniera sicura e senza illeciti. Dal gennaio 2009 la musica su iTunes è libera da Drm, grazie agli accordi con le più importanti major discografiche e le etichette indipendenti. I prezzi, da solamente 0,99 euro, hanno adesso tre fasce: 0,69 euro, 0,99, 1,29. Anche se i file in vendita sull’iTunes Store sono privi di protezione, mantengono ancora informazioni su chi li ha acquistati, in particolare l’indirizzo e-mail fornito al momento della registrazione al servizio. Di conseguenza i brani sono sì ascoltabili su qualunque digital media player e computer, ma se finiscono in un sistema di file-sharing (come emule, ad esempio) il proprietario sarebbe facilmente rintracciabile.
La tabella pubblicata dal sito Information Is Beautiful che mette a confronto i volumi di dischi/download/streaming necessari a un artista per raggiungere quello che, negli Stati Uniti, è considerato lo stipendio minimo mensile (1.160 dollari, più o meno 865 euro): 143 cd autoprodotti (che quindi non hanno guadagni per la casa di produzione), oppure 1.229 album in download su iTunes: «La conclusione che si può trarre è che appare fuori ombra di dubbio che il grado di monetizzazione della musica registrata su Internet è notevolmente più basso di quello dei dischi tradizionali» (Luca Castelli, La Stampa).
L’intesa raggiunta sulla musica dei Beatles conviene a tutti: alla Apple, ai Beatles e anche alla Emi, la casa discografica proprietaria dei diritti dei Fab Four, che in un momento di crisi dei dischi riesce a chiudere un accordo sicuramente profittevole.
Ci sono anche alcune voci fuori dal coro, come quella di Mark Mulligan, analista della Forrester Research: «L’accordo arriva troppo tardi, quando l’età d’oro dei download musicali a pagamento è finita, chi voleva scaricare i classici del gruppo l’avrà già fatto, illegalmente, negli ultimi dieci anni... Si tratta di un’intesa tardiva e non storica come vorrebbero farci credere». Fatto sta che in un giorno i quattro baronetti di Liverpool sono entrati nella top 20 di download iTunes. L’album più scaricato, Abbey Road, seguono a ruota The White Album e Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
Ma come funziona iTunes? È un normale riproduttore di file multimediali, che permette anche l’acquisto online di canzoni, video, film grazie al servizio iTunes Store. Se si è interessati a un brano, lo si acquista e questo viene subito riprodotto sul dispositivo. Originariamente compatibile solo su Mac OS, dal 2008 gira normalmente anche su Windows ma non su Linux (anche se scaricando un driver si può comunque installare iTunes anche su i computer dotati di Ubuntu, il sistema operativo di Linux). iTunes è una delle colonne portarti di iPhone e iPad, oltre che naturalmente iPod, il lettore musicale portatile della Apple. La libreria musicale di iPod si sincronizza automaticamente a quella dell’iTunes presente nel computer quando si collegano i due dispositivi.
Qualche problema di compatibilità tuttavia rimane ancora. iTunes supporta i formati mp3, aiff, wav, aac, ale ma per esempio non legge i Windows Media Audio (wma), molto diffusi. Tuttavia la versione per Windows è in grado di convertire questi file, se non protetti, nel formato aac.
Il primo player musicale del mondo è sempre quello di casa Microsoft, Windows Media Player, ma nel 2008 iTunes ha scalzato Real Player dal secondo posto.
Mancano ancora alcuni gruppi famosi nel catalogo iTunes, talvolta per scelta degli stessi artisti. Come gli AC/DC, molto critici sul download di singoli brani. Il chitarrista Angus Young: «Noi non facciamo singoli, facciamo album, e sappiamo che se mettessimo le nostre canzoni su iTunes, molti si limiterebbero a scaricarne due o tre». La pensa così anche Guy Garvey, leader degli Elbow (poco famosi in Italia ma molto noti nel Regno Unito): «I nostri dischi sono opere d’arte su cui lavoriamo nella loro completezza, non un insieme di singoli brani messi assieme per onorare un contratto».
Per Kid Rock il problema è quello delle royalties, i diritti pagati agli artisti. Secondo il cantante senza costi di distribuzione e di materiali, Apple dovrebbe pagare molto di più agli autori delle musiche. Ma agendo iTunes praticamente in un regime monopolistico, possono dettare gli accordi finanziari a loro piacimento. «Ma adesso con i Beatles su iTunes – una cosa che peraltro ha un grosso valore simbolico per Apple – molti riconsidereranno la loro posizione» (Brian Boyd, sul The Telegraph)
iTunes ha avuto il merito di aver portato un mercato legale in un settore, quello del download, dove dominava – e ancora domina in larga parte – l’illegalità e la pirateria informatica, grazie ai soliti emule, torrent e via dicendo. Secondo una ricerca di Asymco, iTunes ha un costo operativo di circa 30 milioni di dollari e funziona in 23 nazioni. Il settore della musica digitale online è in mano al software di Apple, con una quota bulgara, il 90%.
«I Beatles scaleranno certamente anche le classifiche di iTunes. Ma per le floride finanze di Cupertino cambierà poco: l’accordo di ieri è soprattutto un omaggio a una grande passione di Jobs, che non ha mai nascosto la sua ammirazione per Paul, John, George e Ringo e ora li ha pure messi nella homepage, sfrattando il nuovo MacBook Air. Per i fan di Apple, invece, è una mezza delusione: molti si aspettavano un servizio di streaming delle canzoni via Internet, di cui al momento non c’è traccia. Arriverà anche quello» (Bruno Ruffilli sulla Stampa).