Danilo Taino, Corriere della Sera 10/12/2010, 10 dicembre 2010
LA GERMANIA SCOMMETTE SULL’EURO «CHI VUOLE IL CROLLO, SI ROMPERA’ LA TESTA» —
«La Germania è un Paese europeista dalla testa ai piedi». Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle risponde così a Jean-Claude Juncker, il presidente dei ministri finanziari della Ue che due giorni fa aveva definito Berlino «non europeista». In questa intervista — concessa ieri ai quotidiani Corriere della Sera, Herald Tribune di Parigi, El País di Madrid, Irish Times di Dublino e Le Figaro di Parigi — spiega come la Germania vede l’Europa del futuro, fondata sulla stabilità delle finanze statali. Berlino non ha alcuna intenzione di abbandonare l’euro: ma ritiene che ogni Paese debba rispondere dei propri conti pubblici.
Ministro, crede che al vertice della Ue della prossima settimana la Germania sarà messa sotto pressione per accettare un aumento della dotazione del Fondo europeo di salvataggio dei Paesi in crisi e per acconsentire all’emissione di Euro-obbligazioni?
«No. Noi seguiamo in modo conseguente la nostra opinione con due scopi. Primo, vogliamo rendere sicuri l’euro e l’Europa. Secondo, bisogna capire che la Germania intende mantenere la propria sovranità sulle finanze statali».
C’è però malumore, in Europa, verso la Germania.
«Non si deve proiettare il malessere della situazione europea su un governo che prova a risolvere i problemi. Che la Germania e i tedeschi non reagiscano con gioia all’idea di pagare i debiti di altri Paesi europei è da capire. Ma sin dalla fondazione dell’euro questa possibilità fu esclusa. E la nostra Corte costituzionale osserva con attenzione come si comporta il governo».
Avete insistito molto sulle sanzioni ai Paesi con i conti fuori controllo.
«In Europa abbiamo una procedura per le sanzioni che non ha funzionato nemmeno una delle 22 volte che è stata invocata. Il problema è che molti politici, in Germania e negli altri Paesi, pensano che la crisi sia colpa degli speculatori. Alcuni nei mercati si comportano in modo non corretto, ma la ragione per la quale le speculazioni possono arrecare un danno è che qualcuno ha fatto troppi debiti in poco tempo senza crescita adeguata. La speculazione non potrebbe danneggiare l’Europa se i fondamenti della fortezza valutaria europea non contenessero della sabbia. Io appartengo a quel numero di politici che criticò la decisione sbagliata, storica, del governo tedesco di indebolire il Patto di stabilità nel 2004-2005. Per questo servono le sanzioni».
Juncker sostiene che non siete più europeisti.
«L’opinione della Germania è la più europeista che si possa avere, stiamo facendo di più per l’Europa cambiando le regole. Quando facciamo appello alla disciplina di bilancio e a una riforma strutturale, non ci occupiamo solo dei nostri cittadini ma anche di tutti i cittadini europei che pagano le tasse. Questa politica dell’indebitarsi non può più andare avanti».
Funziona ancora il rapporto tra Francia e Germania?
«Sono contento della cooperazione. Cosa succederebbe, altrimenti, in Europa? Ad esempio abbiamo fatto bene a forzare affinché la Grecia non ricevesse un assegno in bianco quando era in difficoltà, quando abbiamo chiesto che prima preparasse un programma per occuparsi dei suoi problemi strutturali. Molti politici hanno paura del consolidamento dei conti pubblici e dell’austerità, perché non sono popolari. Ma ciò è stato smentito dalla Grecia: le elezioni comunali hanno registrato il successo del premier Papandreou. I popoli europei hanno capito che non si può vivere per troppo tempo sopra le proprie possibilità facendo debiti».
Ma anche dalla Grecia vi sono arrivate critiche.
«Tutto ciò che noi tedeschi proponiamo all’Europa lo facciamo anche in Germania. La pensione a 67 anni non è una scelta popolare. Il pacchetto di austerità da 80 miliardi è stato visto in modo critico da chi ne è colpito. All’inizio siamo stati accusati dall’opposizione di sinistra perché questa strada avrebbe minacciato la congiuntura econo-
mica. In realtà, ora vediamo che la fiducia nella posizione economica tedesca è migliorata, è aumentata la fiducia dei cittadini. Ed è per questo che crescono le esportazioni ma migliora anche la congiuntura interna. La fiducia è il criterio più importante per uno sviluppo economico buono, perché porta investimenti, posti di lavoro, consumi. Ma la fiducia si ottiene riducendo l’indebitamento».
Lei ritiene inaccettabile un’Unione europea dei trasferimenti?
« Significherebbe mettere assieme tutti i debiti nazionali europei e diventarne tutti responsabili. Questo non lo potremmo accettare. Non ci sarebbe un incentivo alla disciplina dei Paesi nei confronti dei loro debiti quando si sapesse che tutti gli altri danno una garanzia. Ci deve invece essere un incentivo in ogni Paese. È scritto nei Trattati europei».
Perché chiedete la partecipazione degli investitori privati al rischio che ci può essere sui bond europei?
«In questo caso occorre affermare il primato della politica. Il modello sociale di mercato europeo è accettato dai cittadini solo nel momento in cui chi fa un investimento ad alto profitto deve anche accettare il rischio di questo investimento, in modo che rischio ed eventuali debiti non siano sopportati dai cittadini».
C’è stato chi ha sostenuto che la Grecia avrebbe dovuto uscire dall’euro.
«La cancelliera Merkel, il ministro delle Finanze Schäuble e io abbiamo spiegato che chiunque voglia abolire l’euro si romperà la testa».
Pensa che la crisi politica italiana potrebbe avere conseguenze sui mercati se finisse fuori controllo?
«Non voglio entrare nel merito, anche Franco Frattini (il ministro degli Esteri italiano, ndr) non direbbe nulla sulla politica tedesca. Posso però assicurare che la collaborazione tra i ministri degli Esteri tedesco e italiano è straordinariamente buona. Ogni tanto in Europa si può essere contenti di quello che funziona veramente bene».
È una Germania ancora europeista, dunque?
«La Germania è un Paese europeista dalla testa ai piedi».
Danilo Taino