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 2010  dicembre 10 Venerdì calendario

RONDE, NESSUNO LE VUOLE. I COMUNI: NON SERVONO


Per strada non c’è nessuno. Le ronde, uno dei provvedimen­ti più discussi degli ultimi an­ni, non sono mai partite. Ricordate le famose ’associazioni di cittadini volontari’ che avrebbero dovuto presidiare i quartieri a rischio delle nostre città e allertare le for­ze dell’ordine in caso di pericolo? Non per­venute. Basta chiedere all’Associazione nazionale dei Comu­ni italiani, primi destinatari della misura fortemente voluta dall’esecutivo.
«A oltre un anno di distanza, non c’è nulla. Nessun dato significati­vo » risponde a precisa domanda Flavio Zanonato, vicepresidente dell’Anci con delega alle politiche della sicurezza e sindaco di Padova in quota Pd. Un primo cittadino tutt’altro che tollerante in materia di ordine pubblico, visto che non ha esitato a costruire un muro nel­la sua città (il muro di via Anelli) per combattere degrado e spaccio in u­na zona ad alto rischio, attirandosi gli strali innanzitutto della sua par­te politica. Eppure, sulle ronde Za­nonato non ha dubbi.
«Dai sindaci non sono mai giunte richieste di chiarimento sull’uso dei volontari, semplicemente perché nessuno ne ha bisogno. A oggi si so­no rivelate soltanto uno spot propagandistico».
Verifica ministeriale in corso
Il ministero dell’Interno preferisce non commentare, ricordando però di essere in attesa dei dati delle 110 Prefetture d’Italia, che via via sta ri­cevendo. Ed è stato lo stesso mini­stro Roberto Maroni, nel luglio scorso, ad assicurare invece che l’o­perazione sta funzionando, «sono molte le iniziative partite», e che è in corso una verifica sui risultati e sui meccanismi. Un problema co­munque c’è.
«Abbiamo ricevuto molte segnala­zioni dai sindaci che vogliono fare – ha detto Maroni – e che hanno in­contrato difficoltà di carattere bu­rocratico ». Il riferimento è ai pote­ri dei primi cittadini, cui spetta di e­manare un’apposita ordinanza.
«Lo strumento delle ordinanze in parte è servito – rico­nosce Zanonato – ma il punto è che sui temi del degrado urbano si tratta di un’arma spuntata. È meglio a­vere i nonni vigile fuo­ri dalle scuole, piutto­sto che le squadre po­liticizzate che chiede­va la Lega».
Per la Corte Costitu­zionale, che si è espressa con una sentenza a giugno, l’impiego di cit­tadini non armati è legittimo sui fat­ti che attengono alla sicurezza ur­bana, mentre è illegittimo nelle si­tuazioni di disagio sociale.
Nel mondo politico è soprattutto il Carroccio a difendere la bontà del provvedimento, tra il silenzio degli alleati e gli attacchi ripetuti del­l’opposizione, ma pare sempre più evidente come sia mancata, in que­sto anno, la presenza di una base di consenso sociale seppur mini­ma nell’opinione pubblica. Anche perché sul territorio, i soggetti chia­mati a gestire direttamente il nuo­vo quadro normativo non hanno fatto mai mistero delle loro per­plessità.
Prendete ad esempio i sindacati di polizia. «Per fortuna è stato un flop – chiarisce subito Felice Romano, segretario generale del Siulp –. Le ronde non sono mai partite e chi pensava di relegare la polizia a da­re esecuzione delle ordinanze dei sindaci si sbagliava.
È bastato che i 100 milioni di euro stanziati inizialmente dalla Finan­ziaria dell’anno scorso venissero tolti, perché il miraggio dei volon­tari per la sicurezza scomparisse definitivamente» chiosa sarcasti­camente Romano. Niente fondi, niente ronde: è l’equazione avva­lorata dai rappresentanti dei poli­ziotti.
Obiettivo sicurezza partecipata
In assenza di dati e riscontri, ela­borare una mappa dei casi che sia significativa è pressoché impossi­bile: anche le dichiarazioni più ot­timistiche dei primi cittadini del Varesot­to, di qualche enclave del Nordest, del Lazio o della Campania (buon ultimo il Co­mune di Castellama­re di Stabia) non han­no portato per ora a risultati concreti.
Degli osservatori do­tati di ’giubbotto senza maniche giallo, ad alta visi­bilità e bande luminescenti’, come specificava all’epoca un’apposita nota del Viminale, non v’è ombra. «In realtà gli studi dimostrano co­me le politiche di tipo securitario hanno portato in questi anni a un aumento dell’insicurezza percepi­ta – fa notare Rosangela Lodigiani, sociologa della Cattolica e autrice del Rapporto Ambrosianeum sulla città di Milano –. Il nodo semmai è culturale e rimanda a un’esigenza di sicurezza che non è legata solo al­l’ordine pubblico, ma anche ad al­tre categorie come il posto di lavoro e la qualità della vita».
Più che una chiamata alle armi per i cittadi­ni, spiega un recente rapporto realizzato da Fondaca, la Fondazio­ne per la cittadinanza attiva, occorrerebbe insistere sul modello di ’sicurezza parteci­pata’, già messa alla prova in alcu­ne realtà-simbolo del Paese, da Ro­ma alla provincia di Milano fino al­la Toscana. Un modello opposto al­le ronde, che secondo i primi dati ha già avuto un discreto successo nelle comunità locali.