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 2010  dicembre 10 Venerdì calendario

L’ESATTORE DELL’ASSURDO AMMAINA LA BANDIERA

«Scusi, ci siamo sbagliati e le restituiremo i soldi». Il tricolore può sventolare gratis, e insieme a lui le altre bandiere che Giovanni Caslini, protagonista dell’ultima epifania della «delirium tax», aveva deciso di ritirare dall’ingresso del suo albergo a Desio, in Lombardia.

In soldoni la ritirata della società di riscossione vale 712 euro (178 per ognuno dei quattro anni tassati), ma è soprattutto il principio che conta. «Sono uno che lavora sodo e 200 euro li trovo – aveva spiegato con piglio brianzolo l’albergatore al Sole 24 Ore, che nei giorni scorsi ha raccontato la vicenda e raccolto il «no» bipartisan della politica al balzello sulla bandiera – ma il fatto è che mi sono sentito preso in giro».

Tutto nasce da un’applicazione ultra-zelante dell’imposta locale sulla pubblicità. Per la società che riscuote i tributi di Desio non c’è (non c’era) differenza fra la bandiera e un cartellone da strada. Sono entrambe «forme di comunicazione visive o acustiche», come recita la prosa suggestiva del decreto legislativo del 1993 che regola l’imposta, ed entrambe vanno tassate. Ora il «niente tasse sul tricolore» salva anche le altre bandiere, compresa quella contradaiola del Palio degli Zoccoli; almeno nell’hotel di Caslini perché, come racconta lo stesso ex sindaco di Desio, «in città c’è un altro albergo che paga da anni». Pregasi rimediare.

La bandiera del resto è solo l’ultimo dei campi di applicazione di un’imposta a forte rischio comico. A Piombino pretendevano di tassare i cartelli che indicavano la biglietteria sui traghetti delle navi per l’Elba, in provincia di Vicenza hanno fatto pagare la scritta sul tetto di un capannone, anche se non la vede nessuno. A Brindisi i commercianti, stufi di gabelle, qualche hanno fa hanno stampato dei manifestini da affiggere alle vetrine per dire «basta alle vessazioni»; puntuale, e coerente, è arrivata la cartella per riscuotere l’imposta anche su quelli.