Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 10/12/2010, pagina 96, 10 dicembre 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
4 marzo 2005 Morire da italiani
Sotto un cielo di tuoni e fulmini, una Toyota Corolla sta portando all’aeroporto di Baghdad la giornalista del manifesto Giuliana Sgrena, rapita un mese prima dai resistenti iracheni, e il suo liberatore, l’agente del Sismi Nicola Calipari. Da quando l’Occidente ha invaso l’Iraq di Saddam Hussein per esportarvi la democrazia in cambio del petrolio, molti italiani animati da motivazioni diversissime si sono trasferiti laggiù: i soldati che presidiano la zona meridionale del Paese, le guardie private che lavorano a protezione degli oleodotti, i volontari che prestano servizio presso scuole e ospedali, i giornalisti. Tutte prede prelibate per i resistenti, che qualcuno definisce «terroristi» e qualcun altro «partigiani». I militari sono bersaglio di continui agguati e il 12 novembre 2003 un camion esplode davanti alla base di Nassiriya uccidendo 28 uomini e ferendone oltre 100. Anni dopo i familiari delle vittime si chiederanno ancora perché ai loro cari sia stata negata la medaglia d’oro al valore, concessa invece a Fabrizio Quattrocchi, la guardia privata rapita e uccisa con tre colpi alla nuca, che un attimo prima dell’esecuzione ha tentato di togliersi la benda gridando: «Vi faccio vedere come muore un italiano». Per quella frase Quattrocchi diventa il martire della destra, mentre a sinistra lo chiamano mercenario e lo contrappongono alle volontarie Simona Pari e Simona Torretta, le buone samaritane, rapite nel 2004 e liberate anch’esse da Calipari dietro pagamento di un riscatto. I tifosi di Quattrocchi considerano Simona&Simona delle fanatiche irriconoscenti, che dopo la brutta avventura si rifiutano di parlar male dei loro rapitori. I neutrali si limitano a riflettere sulla disparità di trattamento mediatico fra chi compie il suo dovere in Iraq e chi, carabiniere o volontario, lo fa in Italia nel disinteresse generale.
I più irritati per la liberazione degli ostaggi sono comunque gli americani. Disapprovano i metodi di Calipari, che anche per la Sgrena ha dovuto pagare un riscatto sostanzioso. Adesso la giornalista e l’agente segreto si trovano sul sedile posteriore dell’auto, in viaggio verso l’aeroporto da cui poi prenderanno il volo per Roma. Ma oltre una curva vengono illuminati da un fascio di luce: appena sente il crepitio della mitragliatrice Calipari si getta sul corpo della donna e le salva la vita, morendo da eroe. A sparare è stato un soldato del Bronx di 36 anni, Mario Lozano: sostiene di aver scambiato la Corolla per la macchina di un kamikaze. Gli Usa deplorano il «tragico incidente», ma si guardano bene dal consegnare il colpevole alla giustizia italiana. Dopo l’11 settembre siamo tutti americani. Ma certo, loro continuano a esserlo un po’ di più.