MARCO ZATTERIN, LA Stampa 10/12/2010, pagina 17, 10 dicembre 2010
Il 10% del Pil mondiale va in tasca alle mafie - Quando Saviano ha detto in tv che la criminalità organizzata non è un’esclusiva del Mezzogiorno, che si infiltra ovunque siano i soldi e tratta con qualunque potere politico anche al Nord, la Lega ha storto il naso
Il 10% del Pil mondiale va in tasca alle mafie - Quando Saviano ha detto in tv che la criminalità organizzata non è un’esclusiva del Mezzogiorno, che si infiltra ovunque siano i soldi e tratta con qualunque potere politico anche al Nord, la Lega ha storto il naso. «Una reazione di pancia, quella di Maroni, - assicura oggi il presidente di Libera, don Luigi Ciotti -. Roberto è stato corretto, ha affermato che la mafia è un problema di tutti, dell’Italia come dell’Europa, cosa che i numeri dimostrano in modo drammatico». Eccoli. L’Onu rivela che l’impatto della criminalità organizzata pesa il 10% del pil globale, dato che il Fmi porta al 27% per la Grecia, al 22 per l’Italia e al 18 per il Belgio. «Troppi profitti finiscono nelle mani sbagliate», avverte Cecilia Malmstroem, commissaria Ue per gli Affari Interni. Motivo per cui Bruxelles si prepara ad intervenire. «Nel 2011 presenteremo una proposta per rafforzare il quadro legislativo europeo in materia di confisca dei beni della criminalità», annuncia l’ex ministra svedese. E’ una prima soluzione globale per un problema globale, ieri al centro del convegno organizzato nell’emiciclo del Parlamento europeo dal network Flare, costola internazionale di Libera, in occasione della giornata internazionale contro la corruzione. Secondo un rapporto appena pubblicato da Trasparency International, il 73% degli europei ritiene che negli ultimi tre anni la corruzione è aumentata. E’ la marea nera che avanza, bisogna correre ai ripari. L’Europa ha difficoltà strutturali perché i Trattati affidano il grosso della materia giudiziaria alla responsabilità degli Stati. Bruxelles vanta limitati poteri di coordinamento su iniziative di respiro comune. «La confisca dei beni colpisce i criminali dove fa più male - spiega la Malmstroem -. Possiamo e dobbiamo fare di più. Tutte le fasi del recupero devono essere coordinate, dall’identificazione dei beni alle procedure di confisca, il loro immagazzinamento e l’eventuale cessione». In Italia sono state tolte alla mafie e destinate a uso sociale 359 proprietà dal 1996. Nel Regno Unito gli inquirenti hanno strappato ai malavitosi un bottino da 185 milioni nel 2009. Poco, se si pensa che il fatturato criminale sull’isola è stimato in 18 miliardi annui. La proposta a cui la Commissione sta lavorando vuole «proteggere l’economia legale». Si guarda alla criminalità più classica e ai grandi «hub», il Mezzogiorno d’Italia considerato pericoloso quanto il crocevia della droga e del contrabbando che pulsa fra il porto belga di Anversa e quello olandese di Rotterdam, senza dimenticare gli scali bulgari e romeni del Mar Nero. «Serve una direttiva europea», insiste don Ciotti, come occorre puntare sull’uso sociale dei beni confiscati. «L’azione deve avere continuità - precisa il fondatore di Libera -, deve vedere che Cosa Nostra diventa Cosa Loro, deve poter capire che è possibile uscire da questa terribile cappa». Annuisce la Malmstroem. Il riutilizzo sociale delle confische sperimentato in Italia e Spagna le pare «una pratica interessante che potrebbe diventare un modello da seguire in latri stati membri». Però, aggiunge, «avere una legislazione in vigore non basta, occorre anche una cooperazione più stretta fra le capitali». Ne sa qualcosa Gianni Pittella (Pd), vicepresidente dell’Europarlamento. «C’è molto da fare - dice - penso al potenziamento delle squadre investigative comuni create nel 2000 e mai utilizzate, o alla creazione in futuro di una Procura europea». Sulle Ecomafie, assicura, «l’Ue non si è ancora attivata a sufficienza». Vero. Per una volta, però, la colpa è delle capitali. Il boccino è nelle loro mani e il gioco è duro solo se lo vogliono loro.