FRANCESCO MANACORDA, LA Stampa 10/12/2010, pagina 1, 10 dicembre 2010
MENO SOLI NELLA GIUNGLA FINANZIARIA
Meno protetti forse no. Ma da ieri sera, nella giungla del risparmio tradito, gli italiani possono sentirsi meno soli. Per il rassegnato popolo dei «quattro soldi», infelicissima definizione che prima di dimettersi da governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio dette di quei risparmiatori gabbati che anche lui avrebbe dovuto difendere, ecco arrivare da Parma il segnale che una reazione contro chi inganna sistematicamente il mercato è possibile.
I diciotto anni di reclusione comminati in primo grado a Callisto Tanzi per bancarotta fraudolenta sono certamente clamorosi. Una sentenza «severa», che lo stesso imputato ha detto di non aspettarsi. Ma forse Tanzi dimentica come non meno clamorosa fu a suo tempo, l’azione pervicace, capillare e reiterata di quella vera e propria fabbrica di carte false che era diventata la sua Parmalat. Un colosso con la faccia pulita del latte e delle merendine che anche grazie alla totale assenza di controlli – interni ed esterni – fu capace di mungere al sistema finanziario l’enormità di 14 miliardi.
Una somma enorme che va tradotta nei mille e mille rivoli delle storie di singoli risparmiatori, tentati da quelle obbligazioni con rating lusinghieri che si rivelarono poi tutt’altra cosa.
Che cosa ci insegna questa prima tappa del processo Parmalat, in attesa di un giudizio d’appello che le difese già si preparano a chiedere? Intanto che i mezzi per colpire chi rappresenta al mercato immagini infedeli o fraudolente della propria realtà societaria esistono, sebbene si tenda ad utilizzarli di solito con troppa prudenza e nonostante pericolose fughe legislative all’indietro, come la depenalizzazione del falso in bilancio. Poi che i tempi della giustizia non fanno eccezione, nemmeno per reati finanziari dai dirompenti effetti sociali: dalla scoperta del crac di Collecchio alla sentenza di ieri sono passati sette anni e in questo conto vanno pure messi i salti mortali che i magistrati di un piccolo tribunale come quello di Parma hanno dovuto fare per affrontare un processo ipertrofico come quello a Tanzi e a agli altri imputati.
Ancora, che il complesso sistema di regole e controlli, che sempre più società quotate vivono come un vincolo – e un costo – sgradito, non basta da solo a garantire la trasparenza. Sindaci, revisori – in alcuni casi per colpe soggettive sanzionate anch’esse dalla magistratura – e Consob non sono certo serviti a evitare il crac Parmalat. Dunque, perché le regole abbiano senso per i risparmiatori che mettono i loro soldi nelle società quotate, ma anche perché il rispetto di queste regole diventi davvero un discrimine che premi le società rispettose e punisca quelle che se ne infischiano, la loro applicazione deve essere puntuale, rigorosa e sostanziale: il contrario degli adempimenti formali di cui troppo spesso ci si accontenta. Al nuovo presidente della Consob, Giuseppe Vegas, si offre la grande opportunità, da quando assumerà il suo incarico nelle prossime settimane, di incidere in modo effettivo su questi aspetti. Casi assai meno eclatanti di Parmalat, ma nei quali servirebbe un intervento deciso della Commissione di Borsa, anche nelle cronache finanziarie di questi mesi non mancano.
L’ultimo insegnamento della sentenza di Parma, riguarda proprio i singoli risparmiatori. Ai circa 40 mila obbligazionisti che si sono costituiti parte civile, potrebbero andare nel migliore dei casi, secondo i primi calcoli, una trentina di milioni: il 5% del valore dei loro titoli, sui due miliardi di risarcimento complessivo che Tanzi è stato condannato a pagare. In un momento in cui le bussole del risparmio ancora stentano a dare indicazioni precise dopo la grande tempesta del 2008, la sorte degli obbligazionisti Parmalat deve ricordare a tutti come alcune semplici regole base – dal fatto che rendimenti più alti di quelli dei titoli di Stato sono di norma associati a rischi maggiori, all’attenzione da prestare a eventuali conflitti d’interesse di chi ci propone un investimento – vadano sempre tenute ben presenti. Nella giungla del risparmio, è sempre meglio avventurarsi con prudenza e ben attrezzati che non contare su un giudice che potrà fare giustizia, ma difficilmente riuscirà a risarcire le perdite.