Maurizio Maggi, L’espresso 16/12/2010, 16 dicembre 2010
ECCO L’ARMA LETALE DEGLI SPECULATORI
Nell’Europa dell’euro che scricchiola, l’attacco allo Stato effettuato attraverso i Cds (Credit default swaps) è già avvenuto in primavera in Grecia e in autunno in Irlanda. Ora nel mirino c’è il Portogallo e l’anno prossimo potrebbe toccare a Spagna e Italia. Prendere a spallate un paese vendendo allo scoperto i suoi bond richiede somme ingenti, mentre con i Cds bastano anche pochi quattrini. Qualcuno spiega col seguente raccontino il loro micidiale impatto. Alla signora rubano la borsetta contenente patente, documenti, carte di credito, agenda, stilo d’argento: per la derubata, un danno di un migliaio di euro, per il ladruncolo un incasso solo degli euro nel portafoglio. Con i Cds è più o meno lo stesso: per chi li compra e vende nei momenti giusti, l’utile può rivelarsi assai inferiore rispetto ai guasti che possono produrre. Perché far schizzare verso l’alto il valore di queste polizze assicurative (nate come strumento di protezione e poi trasformate in arma speculativa) può inguaiare di brutto un paese sovrano, che vedrà crollare i prezzi dei titoli di Stato e sarà costretto, nelle aste successive, a offrire rendimenti superiori.
I Cds sono stipulati tra due operatori, che danno un prezzo all’eventuale rischio di fallimento di uno Stato, di una banca, di un’industria. Per proteggersi si paga un certo costo (vedere tabella). Sul mercato, poi, i Cds diventano anche uno strumento in grado di vivere di vita propria, anche se avvolto da una certa opacità: non esistono prezzi ufficiali e il valore è indicato dalle stesse banche d’affari - le grandi protagoniste sono Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan e le altre grandi firme della finanza anglosassone - che costruiscono la polizza. Gli attuali valori dei Cds danno all’Italia una probabilità di fallimento del 12,7 per cento nei prossimi cinque anni, contro il 34 per cento dell’Irlanda e il 28 per cento del Portogallo. Il controvalore di Cds in giro sul debito italiano è il più alto del mondo (circa 30 miliardi di dollari) e nei primi sei mesi del 2010 ne sono stati scambiati per 550 milioni di dollari al giorno.
"Se vuoi operare con i Cds, confronti i prezzi migliori offerti dai broker e li compri. I più liquidi sono quelli a cinque anni ma nessuno li tiene troppo a lungo. Chi li acquista "nudi", cioè non per assicurare un investimento sottostante, vuol sfruttare l’estrema volatilità che caratterizza quelli dei Paesi identificati come deboli", dice Patrizio Pazzaglia di Bank Insinger. "La scommessa sulla discesa dei titoli di Stato è più difficoltosa perché se li vendi allo scoperto e poi non li reperisci sul mercato puoi vanificare il guadagno, invece i Cds sono teoricamente illimitati", aggiunge Giovanni Gallone, specialista di derivati titolare di uno studio indipendente. Nessuno rivendica apertamente il merito di avviare, con i Cds, le valanghe che si abbattono sui singoli Paesi. Si sa che le solite grosse banche di Londra e Wall Street ne trattano parecchi, ma non si conoscono le controparti. È tutta una faccenda di "timing", sostiene un altro esperto: "Quando si sa che uno Stato o una banca non è in grande salute, gli specialisti degli hedge fund monitorano le scadenze e con l’avvicinarsi del periodo del rifinanziamento, cominciano a vendere bond allo scoperto e comprare Cds. Il cui prezzo, naturalmente, prende a salire. Poi si accodano gli altri, che non vogliono perdere il treno, come i fondi obbligazionari, che hanno in portafoglio i bond in discesa. Tra febbraio e aprile 2011, Spagna e Italia dovranno emettere titoli per decine di miliardi. È sicuro che in qualche "trading room" si fa il conto alla rovescia per i prossimi raid, a meno che nel frattempo la situazione economica dei due paesi non migliori. C’è anche chi invita però a non prendersela con gli speculatori. Come Gianluca Garbi, responsabile mondiale del settore finanza pubblica di Commerzbank: "I politici danno colpa alla speculazione e invece è la mancanza di una politica europea la causa dei problemi. Non dà le risposte chiare che i mercati si attendono ed è la prima alleata di chi, vendendo bond o comprando Cds dei paesi in difficoltà, amplifica gli effetti delle crisi".