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 2010  dicembre 16 Giovedì calendario

ICH BIN GIULIETTA


Ich Bin Giulietta? Parlerà tedesco, l’Alfa Romeo che ha affidato all’intrigante Uma Thurman lo spot televisivo della nuova vettura del segmento C? A Wolfsburg, nel quartier generale della Volkswagen, per la storica marca del gruppo Fiat nutrono una vera e propria passione. A cominciare dal gran capo Ferdinand Piech, che ha pubblicamente manifestato il desiderio di portarla nell’armata che già schiera Volkswagen, Audi e Lamborghini. Mossa curiosa, per un potenziale compratore: dichiarare l’interesse verso un obiettivo, di solito, fa lievitare il valore del bersaglio. Ma Piech lo sa che, per convincere Sergio Marchionne dovrà mettere sul tavolo un sacco di soldi, ammesso che l’amministratore delegato della Fiat decida davvero di vendere l’Alfa.
Nonostante le smentite che arrivano da Fiat e da VW, diverse fonti sostengono che colloqui sull’argomento vanno avanti da almeno quattro mesi. La ben informata testata "Automotive News" riferisce che Marchionne avrebbe chiesto ai top manager del Lingotto di valutare quali effetti avrebbe una eventuale vendita della centenaria casa del Biscione sui piani di rilancio del gruppo. I prossimi due anni si presentano duri: se a Torino pensano di farcela anche con l’Alfa, che da anni perde con implacabile costanza 200 milioni di euro l’anno, l’Alfa se la terranno stretta e sarà un’arma importante per avvicinare il gruppo alla produzione annua dei 6 milioni di pezzi, sbandierata da Marchionne quale quota necessaria alla sopravvivenza da costruttore indipendente nel lungo periodo. Ma se le perplessità aumentano e insieme crescono le difficoltà di varo del progetto Fabbrica Italia, con il braccio di ferro con il sindacato che ora coinvolge anche Mirafiori, allora la sfida si sposta sul fronte del negoziato finanziario, dove convincere i teutonici corteggiatori a pagare a caro prezzo una marca che, negli ultimi dieci anni, ha dimezzato produzione e vendite. E che da anni si fissa traguardi numerici inesorabilmente disattesi. Le 300 mila macchine all’anno ipotizzate da Marchionne agli inizi della sua avventura sono rimaste un sogno, e le 500 mila vetture annue, previste per il 2014 nel piano annunciato nell’aprile scorso, sono stati giudicate eccessivamente ambiziose da molti analisti industriali e finanziari. "Non vedo come potrebbero essere talmente abili da "rubare" così tanti compratori ai concorrenti tedeschi", aveva commentato Massimo Vecchio di Mediobanca. E Arndt Ellinghorst di Credit Suisse, che pure ritiene la vendita dell’Alfa "una soluzione sbagliata perché anch’essa può sfruttare tecnologie e piattaforme da saturare", all’epoca aveva crudamente sostenuto: "Alfa Romeo potrebbe arrivare a mezzo milione di unità ma solo se il brand passasse alla Volkswagen".
Ellinghorst parlava di "brand" e non di fabbriche. Perché quelle, alla VW non interessano proprio. Tanto che l’ipotetico prezzo di cui si parla, compreso tra 1,5 e 2 miliardi di euro, non comprenderebbe alcun impianto. Del resto, oggi non esiste una "fabbrica dell’Alfa". A Pomigliano si producono a singhiozzo le ultime 159 berlina e familiare, destinate a uscire di scena, in attesa che si comincino finalmente a installare le linee della nuova Fiat Panda. La Giulietta su cui il capo della Fiat ripone parecchie speranze esce invece dallo stabilimento di Cassino, dove si produce anche la Fiat Bravo, con la quale l’anti-Golf del Biscione condivide il pianale e diverse componenti. La piccola Mito viene invece realizzata a Mirafiori. I tedeschi, qualora l’affare andasse in porto, non si sbarazzerebbero al volo di tutto ciò che oggi sta facendo l’Alfa. L’Alfa seguiterebbe a fare la sua, e pure la Mito, che ha debuttato nel 2008, continuerebbe la sua marcia almeno per qualche anno. Poi, entrerebbero in scena la potenza economica di Wolfsburg, dove sono convinti di riuscire a far sfracelli con uno dei pochi brand delle quattro ruote apprezzati e conosciuti in tutto il mondo, e le sapienti matite di Giorgetto Giugiaro, la cui Italdesign è passata di recente al gruppo VW, e soprattutto di Walter de’ Silva.
Il designer comasco, gran capo dello stile di tutto il gruppo Volkswagen, ha l’Alfa nel cuore, forse ancor più di Piech. È lui il papà della 156, la macchina di maggior successo della recente storia dell’Alfa, con circa 700 mila unità prodotte tra il 1997 e il 2005 e la corona di "Auto dell’anno 1998". De’ Silva racconta agli amici di aver già pronte - un po’ in testa e un po’ nel cassetto - le linee delle future Alfa. Fino a quattro anni fa, il centro stile era ancora ad Arese, nella storica base dell’Alfa alle porte di Milano. Ora terreni e capannoni appartengono a un consorzio controllato da Regione Lombardia e comuni dell’area. Qualche mese fa rappresentanti della VW hanno incontrato la Regione per presentare un progetto che coinvolge gli studenti del Politecnico di Milano.
Qualcuno spera invece che un’Alfa in salsa germanica riporti proprio ad Arese il cuore del design Alfa. Piech l’Alfa la vuole, ne apprezza il valore e la storia, ma non pare disposto a strapagarla e non ha fretta. Per Volvo, che produceva oltre 300 mila macchine, aveva una sua fabbrica e un suo centro design, i cinesi di Geely hanno sborsato 1,3 miliardi di euro. A Torino, ritengono che l’Alfa valga di più e a Wolfsburg sono d’accordo. Ma quanto, di più? Se la trattativa comincerà veramente, sarà lunga.