Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 10/12/2010, 10 dicembre 2010
«DIPLOMAZIA ALL’APERTO» DA TROTSKIJ A WILSON
La situazione creatasi a seguito delle rivelazioni di Wikileaks ricorda un po’ quella verificatasi dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi, in Russia, nel 1917. Allora, per rimarcare la differenza tra i cosiddetti Stati imperialistici e il nuovo Stato dei soviet, per dimostrare come la «diplomazia segreta» dei primi avesse portato l’umanità alla catastrofe della Grande guerra, il governo bolscevico rese pubblici i trattati stipulati dalla Russia zarista con le altre grandi potenze; poi, aggiunse la pubblicazione dei documenti diplomatici conservati nel ministero degli Esteri zarista. La cosa giovò anche e soprattutto agli storici delle relazioni internazionali, che cominciarono ad avere a disposizione una gran quantità di documenti. Oggi, evidentemente, si potrebbe cercare di impostare con più precisione la storia di avvenimenti recentissimi, utilizzando appunto i documenti di Wikileaks, altrimenti inaccessibili.
Gian Paolo Ferraioli
ferraioli69@hotmail.it
Caro Ferraioli, l’apertura degli archivi imperiali dopo la rivoluzione d’Ottobre fu decisa da Lev Trotskij, allora commissario per gli Affari esteri nel governo costituito da Lenin, ed ebbe effetti molto più devastanti di quelli provocati da Wikileaks. Uscì dalle casseforti di Pietrogrado, tra l’altro, anche il Trattato segreto che l’Italia aveva stipulato a Londra nell’aprile 1915 con le potenze alleate sui vantaggi territoriali che le sarebbero stati assicurati dopo la vittoria. Apparvero documenti dell’ambasciata russa a Parigi in cui erano minuziosamente elencate le somme versate ai giornali francesi in occasione dei grandi prestiti concessi alla Russia tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Per convincere i risparmiatori francesi a comperare le cartelle del debito russo occorreva spiegare che la Russia era un grande Paese pieno di risorse, impegnato allora in un piano di sviluppo che prevedeva tra l’altro la costruzione di una grande linea ferroviaria dai suoi confini occidentali a Vladivostok. Incoraggiati da generosi finanziamenti, molti giornali si prestarono a dipingere la Russia con tratti straordinariamente ottimistici.
I documenti contabili delle ambasciate russe e le ricevute rilasciate da alcune delle maggiori gazzette francesi furono raccolti in alcuni volumi intitolati «L’abominable vénalité de la presse» (l’abominevole venalità della stampa) e divennero per alcuni anni il piatto forte della propaganda comunista nei maggiori Paesi occidentali. Ma quando i volumi apparvero, il governo e la diplomazia sovietici avevano già scoperto da parecchio tempo che la segretezza non è né di destra né di sinistra. Ne dettero una dimostrazione in occasione della conferenza internazionale che si tenne a Genova nell’aprile del 1922. Voluta soprattutto dagli inglesi, la conferenza avrebbe dovuto creare le basi per una più armoniosa collaborazione, soprattutto economica, tra i Paesi vincitori, la Germania e la stessa Russia sovietica. Il suo principale risultato, tuttavia, fu un incontro segreto a Rapallo tra il ministro degli Esteri tedesco Walter Rathenau e il ministro sovietico Georgij Cicerin. Il mondo apprese che i due Paesi avevano deciso di normalizzare le loro relazioni, ma non seppe, se non molto più tardi, che si erano anche accordati per una collaborazione militare che avrebbe eluso le clausole del Trattato di pace.
Gli Stati Uniti, in quegli anni, percorsero una strada parallela a quella della Russia sovietica. Prima della fine della guerra il presidente Woodrow Wilson aveva predicato al mondo la diplomazia della casa di vetro e delle finestre aperte. Ma volle che il principale negoziatore americano fosse Edward M. House, meglio noto come il «colonnello House», una persona di sua fiducia che aveva un rapporto confidenziale con la Casa Bianca e riferiva direttamente al presidente. Anche Wilson aveva scoperto che vi sono casi in cui è meglio chiudere le finestre e tirare le tende.
Sergio Romano