Massimo d’Azeglio, Epistolario IV, 10 dicembre 2010
LETTERA DI MASSIMO D’AZEGLIO A LUISA BLONDEL D’AZEGLIO
Torino, 28 dicembre 1848
Cara Luisa,
Ieri la Camera fu prorogata al 23 gennajo. Pare probabile che prima d’allora sarà sciolta e si faranno nuove elezioni. Il ministero vuol avere una camera più avanzata, e forse ci riuscirà. Ma non per questo bisogna credere ad un cataclismo [1]. Giob[erti] e c[ompagn]i hanno avuto il talento di malcontentare l’armata coll’affare di Genova, e col chiudere la sessione il giorno che doveva passare la legge che dava all’esercito il modo di votare per le elezioni. Sono veri imbecilli. Da ciò risulta che se le cose andassero troppo innanzi è facile il rimedio. Ma ve n’è uno al di fuori, nella ten- denza generale d’Europa. Il moto anarchico è nel suo stadio discendente, e la povera Italiuccia, non può far da sé e bisogna che cammini cogli altri. L’esercito da molti segni di malumore. Un tale Oddini fu fatto generale della Civica di Genova dai ministri. Tutti gli ufficiali del 18° Regg[iment]o hanno firmata e pubblicata una dichiaraz[ion]e che il Sig[nor] Oddini è un lâche. L’Oddini a vécu. Infatti s’è portato pessimamente alla guerra, e ora faceva lo spaccone [2]. Si è formata una società del partito moderato, che si raduna in casa Viale, ed è già molto numerosa. Gli esaltati si son presentati alla porta per far chiassi e insulti. Son saltati fuori cinque o sei ufficiali sabre au poing, e ti dico io che la strada rimase pulita. Qui non siamo a Firenze; ed il partito esaltato - avvocati e simili, messo a fronte del part[it]o codino, uffìziali ec. non ha troppo da star allegro. Si parla di modificare il ministero. Mandar via Buffa, che è troppo buffo dopo la sua condotta di Genova, ed anche Sonnaz, e rimetter La Marmora [3]. Mi diceva questi ier sera, se sarei entrato, ma non mi curo di diventare zio della proclamazione Buffa, della quale un po’ di paternità resta sempre attaccata ai ministri che avrei per fratelli. Poi l’incapacità di Gioberti è troppo colossale: ed avendo una vanità almeno uguale non sarebbe maneggiabile. Poi quella tal pace che pende sul capo, e che non voglio firmare. Invece di far il ministro, il mio progetto è di tornar in Toscana, e cavar Rina di convento, e vivere da onesto codino giubilato. Più in là, quando il mio partito sarà al potere, forse potrò riprendere la vita militante. Ora dunque se vuoi che diamo opera al tuo piano di prendere un appartamento, sono al caso di poterlo eseguire. Preferisci star a Pisa? L’aria gioverà a Rina? Credi meglio Firenze? Vorresti piuttosto scegliere un altro soggiorno - aria di mare - la Spezia per esempio? Quanto a me sono quasi indiffe- rente. Pensa quello che ti pare meglio. Non sarà forse necessaria una istitutrice coi fiocchi, e basterà una bonne ripulita. Scrivimi cosa ne pensi. Se scrivi subito, riceverò ancora la tua lettera. Se nò ne parleremo a Pisa, avrai avuto tempo di riflettere e digerire la materia. Salutami i Giorgini gli amici. Domani se avrò più tempo, ti scriverò più lungamente sul nostro stabilimento.
M.°
Livorno, B. Labronica, Racc. Bastogi, Cass. 19, Ins. 337. Nell’indirizzo; «Alla Signora / Sig.a Luisa d’Azeglio Blondel / Pisa». Timbro di partenza: «Torino 2[...] dic.». Timbro d’arrivo; «Pisa I gen 18 [...]». Già edita in G. CARCANO, Lettere, p. 336, dov’è cancellato il nome dell’Oddini.
[1] Con decreto del 27 dicembre 1848, il ministero Gioberti sciolse la Camera ponendo fine alla I legislatura che si chiuse effettivamente il 30 dicembre. Furono indette nuove elezioni politiche, e segnarono il successo dei democratici: parecchi moderati, come il Cavour, non furono rieletti. Nel collegio di Strambino, il 22 gennaio, su 150 votanti, l’A. ebbe 80 voti e il generale Michele Alemandi 52; si andò al ballottagio e l’indomani, 23 gennaio, su 128 votanti l’A. ebbe IQI voti e l’Alemandi 25. L’A. fu quindi eletto per la seconda volta (Notine sul Senato e Indice per materie degli atti del Parlamento durante il mezzo secolo dalla sua istituzione cit., voi. II).
[2] Dopo la dimissione di Lorenzo Parete da comandante della guardia nazionale di Genova, venuta l’n dicembre in seguito ai tafferugli che avevano agitato la città in quei giorni, era stato sito maggior generale il capitano Francesco Oddini. I suoi colleghi ufficiali del 18° Reggimento di fanteria pubblicarono nel «Risorgimento» di quel giorno, 28 dicembre, un articolo col quale in intendevano informare la popolazione sul comportamento men che decoroso dell’Oddini durante la campagna del 1848: «Millantatore - essi scrivevano - finché il fuoco del nemico fu lontano, giunto in Cremona, vilmente protestava immaginaria malattia, vi si arrestò mentre i compagni d’armi marciavano sul Mincio, di dove poi udirono essersi carpita una pensione di ritiro». E Alfonso Lamarmora aggiungeva in una postilla successiva di possedere una consimile dichiarazione firmata da tutti gli ufficiali dello stesso reggimento. L’Oddini si difese, ma in modo «assai poco persuasivi» scrivendo una lettera ai giornali di Genova, tra l’altro a «Il pensiero italiano» (numero del 31 dicembre 1848). L’Oddini, poco dopo, si dimise e fu lo stesso Buffa ad assumere il comando della guardia civica. Cfr. A. CODIGNOLA, Dagli albori della libertà al proclama di Moncalieri cit., pp. 578, 593.
[3] Il conte Ettore Gerbaix de Sonnaz (Thonon (Savoia) 8 gen. 1777 - Torino 8 giu. 1867), antico ufficiale napoleonico, poi luogotenente generale nell’esercito sardo, aveva combattuto valorosamente durante la campagna del 1848 guadagnandosi la nomina a senatore il 3 maggio. Dopo l’armistizio Salasco era stato mandato al comando della divisione di Genova, dove aveva partecipato, non senza qualche malinteso tra lui e il ministero Pinelli, all’effervescenza propria di questa città. «Per questi precedenti - scrive Amedeo Moscati - il De Sonnaz, ritenuto prima del ’48, come allora dicevasi, un codino, parve tuttavia il più adatto a diventare ministro della Guerra quando Gioberti formò nel dicembre 1848 il suo ministero democratico. Durò in carica soltanto quarantaquattro giorni, nei quali continuò in qualche modo l’opera di riordinamento dell’esercito validamente iniziata da Dabormida» (A. MOSCATI, I ministri del ’48 cit., p. 265). Il De Sonnaz fu effettivamente sostituito da Alfonso La Marmora, il quale, però, restò in carica solo due giorni.