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 2010  dicembre 10 Venerdì calendario

LETTERA DI MASSIMO D’AZEGLIO A DIOMEDE PANTALEONI


Torino, 19 dicembre 1848

Caro Pantaleoni,
È un pezzo che ti volevo scrivere ma ho avuti tanti impicci da un po’ di tempo in qua che m’è stato impossibile. Sono in una immensa curiosità di sapere un po’ bene come stiano le cose costì, e non v’è chi mi possa soddisfare meglio di te. Da quanto posso giudicare da lontano, mi pare che il Papa ed il partito esaltato abbian giocato a perdi vinci, ed a chi faceva più minchionerie. Ora però mi pare che dei due abbia il coltello pel manico il Papa. Pur troppo la libertà colle sue pazzie ha dato oramai il coltello per il manico al despotismo; e mi vedo arrivare la reazione da tutte le parti.
Caro amico, su che marciume abbiamo i piedi! Che ignoranza, che birberia universale! Per me credo che siamo in quello stadio che ogni rivoluzione percorre, de’ matti e de’ birbi, e che è inutile sbattersi; non si può impedire. Credo che come tutte le convulsioni, più son forti, più son brevi. E perciò oramai più si fanno pazzie, più presto saremo liberi dai pazzi. Si può dire che intanto il paese si rovina. Oramai pur troppo la cosa è fatata. L’Europa che un momento ci ha presi sul serio, ha ora capito che non siamo gente da farne caso, ed oramai la questione e ridotta a termini tali che siamo piedi e mani legate nelle mani dell’Europa, e non ci resta che a sperare ch’essa voglia, procurando all’Italia l’in dipendenza, assicurare a se stessa la tranquillità. In questo ho speranza, non in altro.
Sono venuto qui chiamato dal Re per formargli il nuovo ministero, ma... pas si bête. Io non farei la guerra perché non si può noi soli contro l’Austria - e la cosa è ridotta a questi termini - e dovendosi far la pace amo meglio che la firmi l’Abate, piuttosto che io. Poi colla mia teoria dello stadio de’ pazzi e de’ birbi, non ero abbastanza modesto per credere che questo fosse lo stadio mio. Avrai veduto il programma del nuovo ministero - il proclama Buffa - per fare la concordanza diremo proclamazione Buffa - ai Genovesi [1]. Avrai veduto che uomini di stato abbiamo! Ed io che t[orno] [2] dalla Camera con una parlata di Valerio [negli] [2] orecchi, lo sento. Basta... che vuoi fare? Ci vuoi pazienza: credevamo esser uomini e s[iamo] bambini. Prego Dio mattina e sera che non torniamo a Margherita e Lambruschini [3], vedremo se mi farà la grazia.
Dimmi se tu o Mamiani avete al v[ostr]o servizio una Angelina Vacchero [4] di Genova, e se l’avete dimmi come se la passa per mia curiosità.
Per darti le mie nuove per intero, ti dirò che la mia ferita è ancora aperta. Un pezzette d’osso necrosato rimane in fondo al buco che è di questa profondità [5] nella tibia, e si scioglie lentamente colla suppurazione. Le pareti del buco sono però rivestite di pelle sana. Riberi mi dice che ne avrò ancora per molti mesi, e sono già sei mesi che dura il divertimento! Salutami gli amici che non sdegnano un codino come il Tuo.
Massimo A.

Roma, M.C.R, 384.18 (2). Nell’indirizzo: «Al Preg.° Signore / Sig. Dott.e Diomede Pantaleoni / Deputato / Roma». Timbro di partenza: «To [...]». Altro timbro non decifrabile. Già edita in G. FALDELLA, Massimo d’Aieglio e Diomede Pantaleoni, p. 186.
[1] Domenico Buffa (Ovada (Alessandria) 17 gen. 1818 - Torino 18 lug. 1858) era da qualche giorno ministro dell’Agricoltura e del Commercio nel ministero democratico del Gioberti. Appena nominato era stato mandato a Genova in qualità di regio commissario ed aveva, il 18 dicembre, pubblicato un proclama che aveva suscitato una viva reazione, nel quale dichiarava tra l’altro che le truppe regolari avrebbero lasciato la città e i forti sarebbero stati consegnati alla guardia nazionale, «o tutti o in parte a sua scelta», aggiungendo: «A mantenere l’ordine in una città veramente libera, basta la guardia nazionale» (ALFONSO LAMARMORA, Un episodio del Risorgimento Italiano cit-, pp 12-13)
[2] Manoscritto lacero
[3] Clemente Solare della Margarita e il cardinale Luigi Lambruschini, rispettivamente ministri nei governi assoluti di Torino e di Roma.
[4] Non identificata.
[5] Il tratto misura 2,3 cm.