ENRICO FRANCESCHINI , la Repubblica 8/12/2010, 8 dicembre 2010
ASSANGE SI CONSEGNA A SCOTLAND YARD "PUÒ FUGGIRE, RESTI IN CELLA FINO AL 14" - LONDRA
«Ci sono sostanziali motivi per credere che, se rimesso in libertà su cauzione, l´accusato potrebbe fuggire». Le parole del giudice Howard Riddle restano come sospese nell´aria, mentre nell´aula numero uno del Tribunale di Westminster tutti aspettano di capire cosa significhino. «Perciò la richiesta della difesa è respinta», soggiunge il magistrato. Dietro i vetri antiproiettile della gabbia in cui è seduto fra due guardie di custodia, Julian Assange non rivolge un cenno o una parola ai suoi avvocati, a noi giornalisti, al pubblico: gli agenti gli fanno segno di alzarsi e seguirli, lui obbedisce. Il fondatore di Wikileaks non è più un uomo libero: perlomeno fino al 14 dicembre, data fissata dal giudice per la prossima udienza, resterà in carcere. Poi si vedrà se sarà rilasciato o estradato in Svezia.
Si era presentato spontaneamente a un commissariato di polizia di Londra, alle 9 e 30 del mattino di ieri, per rispondere al mandato di cattura per stupro spiccato da un procuratore svedese: come indiziato, non ancora incriminato, sulla base di accuse controverse, che i suoi difensori definiscono una «montatura».
Dopo tre settimane in cui aveva fatto perdere le tracce (pare fosse nascosto al Frontline, il club dei giornalisti nel cuore di Londra finanziato da George Soros) ed era finito nella lista dei «most wanted» dell´Interpol, mentre le rivelazioni di Wikileaks incendiavano il mondo, in commissariato Assange viene dunque arrestato: ma nessuno gli mette le manette e tre ore dopo arriva in tribunale su un´auto blu, non su una volante. Fuori da Westminster Court, lo attende una folla di giornalisti, fotografi e sostenitori che inneggiano alla libertà di stampa. Dentro, la piccola aula al terzo piano in cui è fissata l´udienza si riempie in fretta: cronisti inglesi e di mezzo mondo, qualche curioso, due studenti di legge della California, «che fortuna», dicono, «è un momento storico».
Lei - comincia il giudice - si chiama Julian Assange? «Ciò è corretto», risponde con un filo di voce l´accusato. Vuole darci il suo indirizzo? «Per la posta o per cosa?», replica Assange, ed è la prima schermaglia: ha troppi nemici, all´uomo che rivela tutto sugli altri non va di far sapere dove vive. «Casella postale 4018», si limita a dire, poi gli avvocati scrivono qualcosa su un bigliettino e lo passano al giudice, che svela il segreto: una strada di Victoria, in Australia. Sa che c´è una richiesta di estradizione contro di lei da parte della Svezia, continua il magistrato, ed è disposto ad andarci? «Lo so e non sono disposto», scandisce Assange da dentro la gabbia di vetro.
Quindi l´udienza entra nel vivo. La pubblica accusa, rappresentando la Svezia, elenca i reati di cui è indiziato: coercizione, molestie sessuali, stupro, ai danni di due donne. La corte apprende qualche dettaglio: avrebbe fatto sesso non protetto, senza profilattico, con una; e con l´altra l´avrebbe fatto mentre lei dormiva. Anche Assange ascolta, impassibile. «Si è reso irreperibile, cerca asilo politico in Svizzera, comunque sarebbe più al sicuro in carcere che fuori», afferma l´accusa. La difesa risponde che Assange si è presentato alla polizia di sua volontà non appena il mandato di cattura è pervenuto a Londra, che il caso contro di lui fu archiviato dalla giustizia svedese mentre Assange si trovava ancora in Svezia ed è stato riaperto solo in seguito a pressioni politiche, che il numero uno di Wikileaks è disponibile a farsi interrogare dai magistrati svedesi a Londra.
Quindi gli avvocati difensori chiamano a testimoniare cinque persone, tra cui il regista Ken Loach, il famoso giornalista australiano John Pilger e l´ereditiera Jemina Khan, ex-fidanzata dell´attore Hugh Grant: «Non conosco l´accusato, ma sono pronto a offrire i miei soldi per pagare la cauzione perché la sua è una battaglia per la libertà», ripetono uno dopo l´altro. Vengono così tirate fuori 180 mila sterline, circa 220 mila euro, come garanzia per il rilascio di Assange.
Il giudice dapprima critica le tesi dell´accusa, ma poi conclude: «Questo non è un procedimento su Wikileaks (una volta si confonde, chiamandola Wikipedia, ndr). L´estradizione verte su un´accusa molto seria di stupro. Se l´accusa è vera, il rilascio su cauzione sarebbe inammissibile. Se è falsa, bisognerebbe rimettere in libertà l´accusato senza condizioni. E´ un dilemma classico. Purtroppo non conosciamo la forza delle prove contro di lui». Nel dubbio, tenuto conto che Assange potrebbe «fuggire», il magistrato respinge la richiesta di cauzione e fissa una nuova udienza tra una settimana, in cui si comincerà a discutere l´estradizione e la sostanza delle accuse. La difesa sembra ottimista: «Ripresenteremo la richiesta di cauzione», dice Mark Stephens, l´avvocato di Assange, «e potremo finalmente ribattere alle presunte prove contro di lui. Julian è innocente, questo è un processo politico».
Ken Loach rivela di essere stato coinvolto nell´iniziativa solo tre ore prima dell´udienza: «Sono deluso, mi dispiace per Assange, speravo fosse rilasciato subito», dice il regista. «Proseguiremo la pubblicazione dei documenti», assicura Kristin Hrafnsson, portavoce di Wikileaks, «andremo avanti lo stesso»: anche se, dopo PayPal, pure Mastercard e Visa hanno cessato di accettare bonifici a favore di Wikileaks. In compenso il Drudgereport, sito americano di scoop, scrive che la rivista Time ha ormai scelto: Assange sarà scelto come «Man of the Year», Uomo dell´Anno.
Ma non è più un uomo libero. Trasferito dal tribunale al carcere su un pulmino di Scotland Yard con i vetri oscurati, godrà di diritti speciali non essendo ancora stato incriminato, niente uniforme da carcerato, possibilità di molte visite e di vedere i suoi legali quando vuole: ma pur sempre in prigione.
E che prigione: Wandsworth, vicino agli studi della Bbc, un fatiscente edificio in stile vittoriano che è il più grande carcere del Regno Unito, con 1600 detenuti. «Le carceri svedesi gli sembrerebbero il Club Mediterranée, al confronto», scrive un lettore, che forse ci ha trascorso qualche tempo, sul sito del Guardian. Ma è sempre meglio, osserva un altro, dei carceri di massima sicurezza in cui probabilmente rinchiuderebbero Assange in America.