Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 09/12/2010, 9 dicembre 2010
IL MONDO DI FACEBOOK NUOVI AMICI, NUOVI AFFARI
Ho passato gli ottant’anni. Per tutta la vita mi sono interessato di scienza e di tecnologia e oggi uso correntemente la posta elettronica o internet. Tuttavia non sono arrivato a capire l’utilità delle «reti sociali» come Facebook. Le spiegazioni che si trovano in internet sono confuse e irritanti. Nell’insieme, ne ricavo l’impressione che queste reti siano cose sciocche, anzi dannose, e mi sembra che in Cina facciano bene a combatterle. Qualcuno mi può suggerire argomenti seri in loro favore? Se tali argomenti esistono, grave colpa è che non siano divulgati.
Agostino F. Sacchi
frely.sacchi@fastwebnet.it
Caro Sacchi, Lascio la spiegazione a psicologi, sociologi e antropologi. Mi limito a osservare che Facebook sta creando comunità sociali in cui si ritrovano alcuni dei caratteri tipici della gens, della tribù, della famiglia allargata, del gruppo etnico-religioso, del sodalizio di mestiere, delle associazioni fra persone che condividono le stesse esperienze, gli stessi gusti o le stesse aspirazioni. Quando vivono in luoghi diversi queste persone cercano di mantenere i contatti, di scambiare informazioni, di promuovere incontri e «rimpatriate», di utilizzare queste occasioni per allargare la cerchia delle loro conoscenze e amicizie. Il nuovo tratto comune che unisce gli adepti e gli accoliti sembra essere, in questo caso, il «male della rete», vale a dire l’incontrollabile desiderio di sfruttare l’enorme potenziale del web per trovare nuovi amici e anime gemelle con cui scambiare confidenze e informazioni corredate da video, immagini fotografiche, diari di viaggio.
Può darsi che questa moda si a effimera e destinata a scomparire non appena un nuovo videogioco avrà risvegliato altre curiosità e offerto agli argonauti della rete altri modi per impiegare il loro tempo. Ma i suoi utilizzatori sono 500 milioni e il mondo degli affari si è accorto della loro esistenza. In una caffetteria di Palo Alto in California, l’inventore di Facebook Mark Zuckerberg ha illustrato a parecchi amici e giornalisti, fra i quali David Gelles del Financial Times, un programma chiamato Facebook Deals (buoni affari di Facebook). Conquesto programma i membri del grande sodalizio virtuale di Zuckerberg possono mettersi in contatto con un negozio, e il negoziante a sua volta può promuovere una vendita speciale dei suoi prodotti assicurando uno sconto importante, per esempio, alle prime mille persone che approfitteranno dell’occasione. Il sodalizio diventa in questo modo un «buon affare» per il consumatore, il negoziante, i gestori di Facebook. Se l’esperimento funziona, altri fornitori di merci e servizi giungeranno alla conclusione che il mondo di Facebook è molto più promettente e remunerativo di quanto non sia una campagna pubblicitaria o promozionale di tipo tradizionale. E le forme del commercio ne saranno radicalmente modificate. Non è tutto. La massa deglis cambi umani contenuta da Facebook può diventare il tesoro da cui industriali, commercianti, banchieri, uomini politici e, purtroppo, servizi d’intelligence o gente di malaffare, possono ricavare informazioni utili per il loro lavoro. Non mi stupisce, caro Sacchi, che Facebook preoccupi i Paesi in cui la società vive in condizioni di libertà vigilata. Per la verità preoccupa un poco anche me.
Sergio Romano