Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 09 Giovedì calendario

SCONSOLANTI LE VALUTAZIONI DEI CORRISPONDENTI ESTERI

È sconsolante leggere le valutazioni dei corrispondenti della stampa estera sull’Italia e sul governo italiano (le trovate in un libro di Mariano Sabatini, L’Italia s’è mesta, Giulio Perrone Editore, pp. 176, 11,00). Al corrispondente estero (e anche un po’ a Sabatini) l’Italia appare come un paese esotico: un altro fardello per l’uomo bianco, da guardare con l’occhio condiscendente del missionario. Siamo il paese della mafia, della dieta mediterranea, della ’ndrangheta, del Papa e adesso, ciliegina sulla torta del bananisterio nazionale, anche di Silvio Berlusconi, il nababbo, il maniaco sessuale, lo «stupratore della democrazia» (come lo ha definito tempo fa Antonio Di Pietro, un altro politico italiano da barzelletta sui cannibali, anello al naso, tatuaggi, gonnellino di paglia, che tuttavia ai corrispondenti esteri piace, un po’ come le ragazze piacciono al Cavaliere).

Rare le analisi, rarissime le opinioni originali, la grande maggioranza dei corrispondenti esteri non si sforza granché di valutare obiettivamente le cose (le cose della storia come della cronaca e della vita) ma sembra nutrire soprattutto pregiudizi: l’immoralismo dei nostri politici, la furbetteria dei contribuenti, il cinismo dell’elettorato eccetera. Non che i pregiudizi siano sempre immotivati (anche le fantasie paranoiche, per non parlare delle maldicenze, tante volte ci azzeccano). Berlusconi è un uomo e un leader pieno di difetti («è debole, vanesio e inetto», come si legge nelle email trafugate e diffuse da Wikileaks). Ma tra i corrispondenti esteri (anche se forse è un’opinione dell’autore, tipograficamente parlando la cosa non è chiara) c’è persino chi gli rimprovera «che, scegliendo di chiamare il suo partito Forza Italia, Berlusconi ha defraudato almeno metà della popolazione della potenza propulsiva d’un incitamento che, prima della sua discesa in campo, apparteneva a tutti». C’è insomma che queste particolari diffidenze nei confronti dell’Italietta politica (e antropologica) hanno un’aria sospetta. Sono espresse, per capirci, in gergo politically correct: piacciono gli uomini detti di sinistra, da Romano Prodi a Walter Veltroni, qualunque cosa facciano, mentre risultano abominevoli, infidi e pericolosi, praticamente senza eccezioni, gli uomini di destra, Silvio Cesare in testa, anche quando agiscono virtuosamente. «Praticamente senza eccezioni» significa che c’è un’eccezione sola: il leader futurista Gianfranco Fini, ma soltanto nelle ultime settimane, cioè da quando si è autoproclamato rappresentante esclusivo della vera destra, laica, progressista, pro-immigrati, nazionale, e ha dichiarato guerra al Caimano. Strana gente, come vedete, i corrispondenti delle gazzette estere, almeno quelli intervistati da Mariano Sabatini. Considerano di sinistra (e ci vuole una bella fantasia) persino Tonino Di Pietro, un evocatore di manette e di pene severe per tutti, cioè una specie di fascista involontario. Figurarsi, allora, se un ex fascista conclamato come il nostro presidente della camera, Mascellino, alto, bello, abbronzato e sempre più al di sotto delle parti, non appare ai loro occhi come un rivoluzionario, come l’avatar d’Ernesto Che Guevara (o anche solo, pensandoci bene, del Mussolini di Salò, quello della repubblica «sociale», l’amico del popolo, il dux del proletariato). È giusto, intendiamoci, diffidare dell’Italia, dei governi di centrodestra e in particolare di Silvio Cesare, l’ometto forte della seconda repubblica. Se ne lamentano anche gl’italiani, persino gli elettori del Popolo della libertà, che cominciano a stancarsi dello spettacolo non stop delle crisi ideolologiche e delle avventure d’alcova del berlusconismo senza freni. Non se ne può francamente più. Ma ci vuole misura. È ridicolo lasciar credere che il Cavaliere controlli tutta l’informazione, quando semmai è vero il contrario, cioè che non controlla nulla. È assurdo raccontare che in Italia non c’è più democrazia. È già stato fatto, nel 1977, quando l’intellighenzia francese fantasticò che il Partito comunista italiano era il principale nemico della democrazia radicale degli studenti, e ne seguirono devastazioni culturali e materiali a valanga.