FEDERICO RAMPINI , la Repubblica 7/12/2010, 7 dicembre 2010
TORNA LA VOGLIA DI SHOPPING
Gli italiani che approfittano di Sant´Ambrogio o dell´Immacolata per farsi una vacanza qui a New York restano sconcertati da questo spettacolo. Sulla Quinta Strada c´è ressa davanti ai grandi magazzini del lusso come Saks e Neiman Marcus, negli Apple Store dirimpetto al Plaza o dietro il Lincoln Center alle ore di punta bisogna farsi largo a gomitate, i ristoranti più cari hanno il tutto esaurito per chi non ha prenotato da tre settimane. No, in quella folla non ci sono solo i turisti attirati dal dollaro debole. Newsweek dedica la sua copertina al sorprendente ritorno del consumatore americano. L´immagine è forte: un portafoglio con la sigla dorata di una nota marca di lusso, da cui escono banconote da 50 e da 100 dollari in fiamme. "Denaro da bruciare" è il titolo provocatorio. Sottotitolo: "Perché gli americani non riescono a smettere di spendere". La sorpresa dei turisti italiani e la copertina di Newsweek hanno un riscontro puntuale nei dati sulle spese pre-natalizie. L´America ha una tradizione unica al mondo in fatto di super-sconti, campagne promozionali, saldi a prezzi stracciati, liquidazioni folli. Solo qui la stagione dei saldi parte non dopo, bensì molto prima del Natale.
Per la precisione a Thanksgiving, la festa che quest´anno è cascata giovedì 25 novembre. Quel "ponte" festivo è considerato il test più importante per capire come andrà l´intera stagione delle spese natalizie. Ebbene, quest´anno Thanksgiving ha fatto il botto: in media +6% nei consumi nazionali. Nonostante la crescita del Pil ancora fiacca, malgrado un tasso di disoccupazione che è tornato a risalire verso il 10% della forza lavoro, davvero gli americani sono tornati ad essere degli incurabili spendaccioni?
Alle statistiche nazionali, che indicano cinque mesi consecutivi di rialzi nella spesa delle famiglie, e la fiducia dei consumatori ai massimi da giugno, si sovrappongono storie individuali come quelle di Diane Lewis, parrucchiera a Henderson, Nevada: in coda con i tre figli per approfittare dell´offerta speciale "Si fa credito con zero interessi, rate comode fino al 2014", un cartellone pubblicitario che campeggia davanti all´ipermercato di arredamento e mobili per la casa. La Lewis in realtà non se lo potrebbe permettere. Ha già accumulato 20.000 dollari di debiti sulle varie carte di credito. È in ritardo di due mesi sul pagamento delle rate del mutuo. E suo marito ha ritrovato un lavoro, sì, ma dopo otto mesi di attesa in disoccupazione. È lunga la casistica che Newsweek usa per mettere in dubbio le teorie sulla New Frugality, cioè per contestare l´idea che dopo la grande crisi del 2007-2009 si sia aperta un´era di parsimonia e rinunce. Dal successo del weekend di Thanksgiving, gli esperti della grande distribuzione proiettano aumenti del 2-3% su tutta la stagione di Natale. Altro che ritorno all´etica puritana. «Gli americani si sono già stufati del consumo frugale», sentenzia l´esperto di marketing Marshal Cohen della società Npd Group. Già oggi i consumi degli americani sono risaliti allo stesso livello dov´erano nell´autunno 2008, alla vigilia della bancarotta di Lehman Brothers. Affiora un dubbio: che il crollo delle spese, per quanto pronunciato, sia stato solo un fatto ciclico, non una frattura storica nelle forme di comportamento e nei modelli di vita. «La gente non cambia facilmente delle abitudini radicate da molti decenni», conferma l´economista Claudiu Dimofte della Georgetown University che analizza i trend nei consumi. Anche se un recente sondaggio Gallup dice che «l´89% degli americani ora è convinto di sorvegliare con più attenzione le proprie spese», il ravvedimento non è così operoso come si era creduto.
Un po´ meno "cicale" gli americani lo stanno diventando, è vero, se si guarda a un altro indicatore importante: la quota del loro reddito disponibile che mettono da parte. Qui la lezione della crisi sembra lasciare una traccia. Nel 2005, uno degli ultimi anni folli di euforia, la propensione al risparmio degli americani era scesa fino a un minimo storico: lo 0,8% del reddito. Un´inezia, a riprova che l´intera nazione stava davvero vivendo al di sopra dei suoi mezzi, senza curarsi del futuro, senza preparare lo choc demografico dei pensionamenti di massa nella generazione del baby-boom. Oggi quella patologica imprevidenza è stata corretta almeno in parte. Il debito complessivo delle famiglie è stato ridotto da 12.500 a 11.600 miliardi di dollari in due anni. La propensione al risparmio è risalita fino al 5,7% del reddito. Ma gli americani non sono rinsaviti abbastanza. Anzitutto perché quella riduzione nei debiti privati è stata spesso "forzosa": in molti casi si tratta di famiglie a cui è stata pignorata la casa o sequestrata la carta di credito. Inoltre questa propensione al risparmio americana resta molto inferiore a quella che sarebbe necessaria per preparare lo choc previdenziale. È poca cosa rispetto alla parsimonia di tanti paesi europei, per non parlare dell´Asia: dove i cinesi arrivano a mettere da parte fino a un terzo del loro reddito.
La ripresa dei consumi nella stagione pre-festiva segnala anche una divaricazione tra due Americhe. È soprattutto nelle fasce di reddito più elevate che la fiducia è tornata a regnare. Manhattan è un termometro fedele per la sensibilità del suo mercato immobiliare di lusso. Qui i banchieri di Wall Street investono in mattoni il bonus di fine anno; e anche i ricchi di altre zone degli Stati Uniti vengono a caccia di pied-à-terre. Su questo fronte gli affari vanno di nuovo a gonfie vele. Il supplemento domenicale del New York Times con gli annunci di compravendite immobiliari è di nuovo "spesso" e ricco di fotografie a colori come prima del 2008. I prezzi sono in netta ripresa. Soprattutto per le penthouse, i superattici, le zone pregiate dell´Upper East, Upper West, Village, Tribeca, Soho. Altri settori del lusso confermano quel che si vede nel mercato immobiliare: le vendite della Porsche sono risalite del 61% a ottobre, quelle della Bmw del 17%.
Un´altra componente nell´aumento delle spese di consumo, invece, è per così dire "obbligata". Non dipende dalla libera scelta delle famiglie. È quello che sta accadendo per le rette scolastiche e universitarie rincarate del 13,4% a livello nazionale, o per i costi delle cure mediche private saliti del 10,8%. Qui si sta scaricando sui bilanci delle famiglie il peso di una crisi di bilancio degli Stati. L´aumento della spesa in questo caso è un segnale di stress, non di euforia.
Un altro aspetto inquietante, nel revival delle spese a venti giorni dal Natale, è il fatto che non si traduce in nuove assunzioni neppure nel settore che dovrebbe stare meglio: la grande distribuzione. Questo è il dato che ha lasciato sgomenti i consiglieri economici della Casa Bianca: nel mese di novembre perfino il settore del commercio ha continuato a licenziare. I casi sono due. O la stessa distribuzione non crede che la ripresa dei consumi sia durevole. Oppure i giganti come Wal Mart, Target, Best Buy, hanno fatto tali guadagni di efficienza e produttività che possono gestire un volume d´affari crescente con una manodopera ridotta all´osso. Allora l´America rischia di essere sempre più polarizzata, fra quelli che tornano a godersi l´opulenza e un esercito di disoccupati o precari.