Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 02 Giovedì calendario

SULLE TRACCE DELL´INAFFERRABILE JULIAN "SI NASCONDE QUI A LONDRA E HA PAURA" - LONDRA

Ci si può nascondere in una caverna sulle montagne tra Afghanistan e Pakistan, come fa da dieci anni Osama Bin Laden. Oppure nel formicaio di una metropoli di otto milioni di abitanti, nella città più grande d´Europa, come sta facendo da qualche giorno Julian Assange, il secondo "pericolo pubblico" del mondo dopo il capo di al Qaeda, a giudicare da quanti gli danno la caccia. L´Interpol, che lo ha messo sulla "lista rossa" dei "most wanted" in 188 nazioni del globo, la magistratura di un paese (la Svezia, per stupro) e forse presto di un secondo (gli Stati Uniti, per spionaggio), più i servizi segreti britannici e Scotland Yard, che non stanno certo a guardare mentre un ricercato internazionale si aggira sul loro territorio, senza contare i media di due o tre continenti: tutti lo cercano e tutti lo vogliono, l´inafferrabile, misterioso, controverso fondatore di Wikileaks. Eppure, come nei gialli di Agatha Christie, il fuggitivo ce l´abbiamo qui, sotto il naso.
«Assange è a Londra», riferiscono i bene informati, la rete di amici, colleghi, avvocati, che lo proteggono. È rifugiato in una casa privata, messa a disposizione dai suoi collaboratori, uno dei nascondigli che aveva predisposto da tempo, immaginando il pandemonio che avrebbero scatenato le sue ultime rivelazioni. Cambia residenza in continuazione, spostandosi discretamente, camuffato, per non essere rilevato dai satelliti-spia e dalle migliaia di telecamere a circuito chiuso che sorvegliano la capitale, in grado di leggere perfino la targa di un´auto. Non usa telefono, né telefonino, né email, non paga nulla con carte di credito ma solo in contanti. Non lascia tracce, reali o digitali. Ma per quanto potrà continuare così?
Cittadino australiano, il fondatore di Wikileaks è entrato in Gran Bretagna con un passaporto dotato di visto che gli scadrà, secondo una fonte, all´inizio del gennaio prossimo, tra un mese. A quel punto, se non vuole violare anche le leggi sull´immigrazione, dovrebbe andarsene, ma dove? Nessuno pare disposto a offrirgli ospitalità: l´Ecuador, il cui vice-ministro degli Esteri martedì si era detto pronto a dargli «asilo politico senza condizioni», ieri ha smentito l´offerta, aprendo anzi un´inchiesta su eventuali soffiate che riguardino il governo di Quito. Chi ospitasse Assange diventa automaticamente nemico degli Usa, e di un crescente numero di paesi.
Dal suo segreto rifugio londinese, lui ha preso contatti "criptati", tramite intermediari, con due organi di informazione. Prima con la rete televisiva britannica Sky News, per un´intervista che doveva concedere su Skype: ma il collegamento è saltato, non si capisce se per problemi tecnici o timore che rivelasse il suo nascondiglio. Quindi con il settimanale americano Time (che secondo le indiscrezioni potrebbe eleggerlo "Uomo dell´anno" per la copertina del suo numero di fine 2010), al cui direttore ha fatto pervenire alcune dichiarazioni: «Hillary Clinton dovrebbe dimettersi, se sarà dimostrato che ha dato istruzione ai suoi diplomatici di spiare all´Onu». E ancora: «La reazione alle nostre rivelazioni è stata straordinaria, supera quel che ci potevamo immaginare. Dovranno essere rivisti i giudizi su numerosi Stati. La riservatezza non può essere usata per coprire gli abusi».
Intanto Mark Stephens, l´avvocato di Assange a Londra, ha presentato ricorso alla Corte Suprema svedese contro il mandato di arresto per stupro: «Accuse false e prive di alcuna base», dice il legale, «fanno parte di una cinica campagna persecutoria per sporcare l´immagine del mio cliente». Accuse che Assange stesso ha negato, ammettendo solo di avere avuto rapporti sessuali «non protetti ma consensuali» con due donne durante un viaggio in Svezia in agosto. Dall´America lo inseguono minacce ben più gravi: l´ex-candidata repubblicana alla vicepresidenza Sarah Palin lo paragona a Bin Laden, la star della rete tivù ultraconservatrice Fox (anche lui ex-candidato repubblicano alla Casa Bianca) Mike Huckabee lo vorrebbe «condannare a morte» e Tom Flanagan, consigliere del primo ministro canadese, suggerisce a Washington di farlo «assassinare da un killer o da un drone», gli aerei utilizzati per eliminare i Taliban in Afghanistan.
Per il momento, la tempesta di neve e pioggia che infuria su Londra esclude almeno questa possibilità, ma Julian Assange continua lo stesso a rimanere latitante. «Non voglio che sia catturato e imprigionato, per me è un eroe che lotta per la verità», si dispera dall´Australia la sua mamma, Christine Assange. Viceversa, qualcuno che lo conosce bene ipotizza che a lui «non dispiacerebbe venire arrestato»: il clamore attorno a WikiLeaks diventerebbe ancora più forte. Assicurano i suoi amici: «È tranquillo, di ottimo umore». Però quando l´ho incontrato un mese fa a Londra, alla presentazione del dossier sull´Afghanistan, non pareva tanto tranquillo: «Non mi sento sicuro», mi disse, vedendo apparire in cielo un elicottero della polizia. E non era ancora un "most wanted".