Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 02 Giovedì calendario

Balka Miroslaw

• Otwock (Polonia) 16 dicembre 1958. Artista. È nato in una famiglia cattolica in una regione a forte presenza ebraica prima della Seconda guerra mondiale. Diplomatosi nel 1985 all’Accademia di Belle Arti di Varsavia con “Ricordo di prima comunione”, ha incentrato la sua ricerca sul tempo e la memoria. Ha dedicato numerosi video ai campi nazisti. Scultore, nei suoi lavori il tema del corpo è sempre presente. È considerato il maggiore artista polacco della sua generazione • «[...] Nel 1985, laureando all’Accademia di Belle Arti della capitale, attira l’attenzione degli addetti ai lavori con una scultura autobiografica a grandezza naturale intitolata Ricordo di prima comunione , il ragazzo col vestito buono immobilizzato nell’istante del passaggio all’età adulta, la mano destra incerta su un tavolino- altare. Abbandonato il figurativismo degli esordi per un segno più astratto, dissemina le sue creazioni di elementi che evochino in maniera più o meno letterale una presenza fisica, capelli, ceneri, saponi, semplici forme come quella del letto. I suoi video sono spesso mossi, a seguire gli sbandamenti della mano che regge la telecamera. [...] L’Olocausto è un tema centrale nel percorso di questo artista di formazione cattolica cresciuto nel Paese dove prima della Seconda guerra mondiale viveva la maggiore comunità ebraica d’Europa [...] “Nella zona dove sono nato, prima della Shoah gli ebrei erano il 70 per cento della popolazione [...] dopo nessuno ne parlò più, né in famiglia né a scuola. Nelle rare occasioni in cui si affrontava l’argomento, le vittime erano sempre definite ‘cittadini ebrei della Polonia’, il regime comunista aveva paura di usare la semplice parola ‘ebreo’. Ho chiara l’immagine degli ebrei alla stazione di Varsavia ancora nel 1968, quando furono costretti a lasciare il Paese dal governo Gomulka. Di tutto questo abbiamo cominciato a parlare solo dopo il 1989. Ho sentito di dover fare qualcosa per rimediare a decenni di silenzio e ho deciso di filmare quello che resta. Il tempo cancella i segni, a Treblinka stanno rimuovendo la vecchia ferrovia per costruire una strada, tra cinquant’anni sarà tut to scomparso”. Scegliendo di fare arte, Balka si è impegnato a raccogliere tracce. Se potesse richiamare in vita un artista del passato, “niente conversazioni da salotto, incontrerei l’uomo delle grotte di Lascaux, da dove comincia la storia dell’arte. Non m’interessano gli autori dei graffiti ma quel singolo uomo preistorico che sentì il bisogno di lasciare nella parete il calco della propria mano, un gesto molto onesto, un modo elementare di lasciare un se gno”. Cercare di capire un’opera, dice, è come leggere un haiku giapponese. “Chi legge deve compiere uno sforzo per immergersi nella profondità della poesia. Allo stesso modo chiedo a chi guarda i miei lavori di collegare gli elementi, trovare tempo per aprirsi allo scambio di energia o richiudersi. La comprensione è un’esperienza di costruzione che ricomincia sempre e da capo”. [...]» (Maria Serena Natale, “Corriere della Sera” 20/12/2009).