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 2010  dicembre 02 Giovedì calendario

La svolta di Paolini “Oggi anche in tivù la moda è low cost”- Dove va la televisione, fra passaggio al digitale, carica delle web-tv, crisi dei telegiornali, serate in streaming e puntate faziesche da 10 milioni a botta? Chi può aiutarci a capirlo è Gregorio Paolini, un signore che dagli Anni Ottanta ne ha combinate tante, dal Lupo solitario di Ricci al Verissimo della Parodi, dall’ Istruttoria di Ferrara a Ciro

La svolta di Paolini “Oggi anche in tivù la moda è low cost”- Dove va la televisione, fra passaggio al digitale, carica delle web-tv, crisi dei telegiornali, serate in streaming e puntate faziesche da 10 milioni a botta? Chi può aiutarci a capirlo è Gregorio Paolini, un signore che dagli Anni Ottanta ne ha combinate tante, dal Lupo solitario di Ricci al Verissimo della Parodi, dall’ Istruttoria di Ferrara a Ciro . E Target , rotocalco di costume per l’epoca assai di rottura, dove Gaia De Laurentiis di sghembo o altrimenti creativamente inquadrata legava servizi di moda e di spettacolo. Oggi lo spirito di Target torna in Il bello, il brutto e il cattivo , in onda tutti i mercoledì su Rai5, il nuovo canale semigeneralista sul digitale terrestre. Non è semplice parlare di trend in tempo di crisi. «Cerchiamo di fotografare una situazione molto mista, dove la moda com’era intesa fino a poco fa non significa più nulla. Dove ci si costruisce uno stile assemblato, personale, mettendo insieme cose comperate al mercatino e pezzi d’autore. Non c’è più la Milano da bere. Noi, un piccolo gruppo di una dozzina di persone, lo raccontiamo registrando in uno studio fotografico della Bovisa a costi bassissimi: per ogni puntata, il trentesimo di un varietà». Bello potersene infischiare degli share. «Durerà poco. Vedrà che cominceranno a guardare anche ai microascolti. Sempre che si possa stabilire la differenza fra 20 e 30 mila spettatori. Che poi, pensandoci bene, pure l’Auditel si basa su pochissimi individui. Basta che uno si metta a letto con l’influenza e via, un programma viene cancellato». Qual è il pubblico di Rai5? «Quello che in inglese si definisce middlebrow, né troppo sofisticato né troppo trash. Ci siamo fregati con le nostre mani, ripetendo per anni che la tivù non aveva il compito di fare cultura. Così, mentre i programmi diventavano progressivamente inguardabili, si capitava su Arte (il canale francotedesco di cultura, ndr ) e ci si chiedeva: ma perché in Italia non c’è mai niente del genere?». E lei, Arte a parte, in tivù che cerca? «I telefilm americani, quelli scritti da dio: Fringe , Hung . Sono un grande appassionato di Lost e di 24 . Anche se non me li guardo in tivù ma in dvd. Sta di fatto che il palinsesto avrà sempre meno importanza. La tivù diventerà come la radio...». E cioè? «Te l’accendi quando vuoi, senza sapere che cosa c’è o non c’è ed entri nel flusso. Se qualcosa t’interessa, te lo scarichi da internet o te lo registri. Naturalmente, se sei un affezionato di Santoro sai che c’è il giovedì, e se ti piacevano Fazio e Saviano li associavi al lunedì». Vieni via con me ha davvero creato un nuovo pubblico? «Ha convinto i giovani che cose del genere non le avevano mai viste. Vieni via con me somiglia moltissimo a certi spettacoli teatrali degli Anni Settanta, a metà fra teatro e politica. Se n’era perso il ricordo». E Saviano come le pare, dal punto di vista tecnico? «Una grande forza, perché è il contrario del ruffiano. Anche se il suo antiruffianesimo diventa un tipo nuovo di ruffianeria». I telegiornali sembrano arrivati alla frutta. «Ecco, il Tg7 sì che lo guardo: mi piace il modo in cui Mentana, da grande raccontatore, ha reinventato il talk show. Ma i tg sono obsoleti. Quando vanno in onda sappiamo già tutto. Sì, anche il nonno non tecnologizzato: c’è sempre un nipote con lo smartphone che l’ha informato». E le tivù via web? «Devono decidersi a non imitare quella tradizionale, a sganciarsi dai palinsesti. Nessuno ha bisogno di una televisione in piccolo e che si vede male». Il pubblico sembra sempre più divaricato. «Quello dei canali generalisti è un pubblico maggioritario, anziano, che fa i numeri ma che corrisponde poco ai gusti della popolazione attiva. Prendersela con i pubblicitari non ha più senso, perché anche loro sono tra le vittime del meccanismo. Piuttosto, credo che il servizio pubblico abbia il dovere di spostare il baricentro un po’ più verso chi fa opinione, di agire da avanguardia: gli altri seguiranno. In questo senso, il successo di Fazio e Saviano è molto incoraggiante».