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 2010  dicembre 02 Giovedì calendario

“Sarkò, uno dei nostri con due punti deboli” - Per lui, ufficialmente, le rivelazioni di Wikileaks sono «il più alto grado di irresponsabilità», e quindi ufficialmente si indigna, tiene il broncio

“Sarkò, uno dei nostri con due punti deboli” - Per lui, ufficialmente, le rivelazioni di Wikileaks sono «il più alto grado di irresponsabilità», e quindi ufficialmente si indigna, tiene il broncio. In realtà Sarkozy è soddisfatto: i suoi «amici americani» anche quando scrivono sotto il (supposto) vincolo della segretezza lo trattano con i guanti. La corrispondenza di oltreoceano non lo disegna come «un pragmatico brillante, impaziente, non diplomatico, imprevedibile, charmant, innovativo»? È la biografia che l’ufficio stampa dell’ Eliseo firmerebbe a occhi chiusi. Quanto ai lati negativi, «frenetico impulsivo autoritario suscettibile», sono aggettivi che indossa benissimo, servono a tratteggiare il personaggio e a metter paura. Insomma, si stima all’Eliseo, da questa tempesta Sarkozy esce con la pelle liscia e le ossa sane. Al contrario di altri «colleghi» europei. La parte sarkosista dello sterminato dossier è monopolizzata dal filoamericanismo del Presidente: solo che lui non lo ha mai nascosto e ha costituito uno degli aspetti della rottura rispetto al predecessore, Chirac, l’uomo il cui unico merito storico era di aver detto no a Washington sull’Iraq. Sarkozy è il presidente che ha riportato la Francia nel comando Nato e i soldati francesi a sputar sangue nelle trincee afgane a fianco dei marines. Non sono affezioni che possono nuocergli nei confini domestici: l’antimericansisno è una appannata eredità gollista, che sopravvive in parti marginali della destra e della sinistra estrema. Le rivelazioni di WikiLeaks permettono comunque di misurare la profondità di questo lavoro di seduzione verso gli americani. L’ambasciatore Usa ha appreso che Sarkozy si sarebbe candidato il primo agosto 2005; il popolo francese ricevette la lieta novella il 29 novembre 2006. L’ambasciatore Allan Hubbard racconta quell’incontro come se avesse scorto l’arcobaleno dopo la tempesta: «Mi chiamano Sarkozy l’americano, ha detto, lo considerano come un insulto ma io lo prendo come un complimento. Ha sottolineato come si riconosca nei valori americani». «È visceralmente proamericano - scrive in estasi l’ambasciatore - e vede la propria ascesa come il riflesso di una saga alla americana». All’ambasciata, poi, si brinda per la elezione ma non sfuggono alcune debolezze: «Ha poca esperienza in politica estera e parla un inglese primitivo». Dai dispacci emerge il disappunto per la sua precoce caduta di popolarità. Li allarma la vita privata burrascosa : «Dopo il divorzio con Cecilia è diventato irritabile e ci sono dubbi sulla sua capacità di conservareequilibrio e concentrazione». Anche la avanzata sentimentale di Carla Bruni li turba: «Sarkozy ha esposto in pubblico questo legame glamour come se fosse un miliardario, la gente ha avuto l’impressione che non si interessi ai problemi del popolo». Risplende nell’anedottica minuta di questa passione transatlantica un episodio narrato in un dispaccio dal titolo Nessuno può dirgli no : «L’aereo presidenziale è stato dirottato per evitare che Sarkozy (ostile all’ingresso di Ankara in Europa) vedesse la torre Eiffel illuminata con i colori della Turchia in occasione della visita di Erdogan, una iniziativa del sindaco socialista di Parigi».