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 2010  dicembre 02 Giovedì calendario

Giorgio Manganelli, il profilo segreto dell’uomo in grigio - L’album fotografi­co privato di Gior­gio Manganelli esposto al pubbli­co nella sua Mila­no (inaugurazio­ne oggi ore 18,30, via Cappuc­cio 18, nella redazione dell’edi­tore Sedizioni), in cento foto se­lezionate dalla figlia Amelia Lietta, non è soltanto un ricor­do nel ventennale della morte

Giorgio Manganelli, il profilo segreto dell’uomo in grigio - L’album fotografi­co privato di Gior­gio Manganelli esposto al pubbli­co nella sua Mila­no (inaugurazio­ne oggi ore 18,30, via Cappuc­cio 18, nella redazione dell’edi­tore Sedizioni), in cento foto se­lezionate dalla figlia Amelia Lietta, non è soltanto un ricor­do nel ventennale della morte. Anzi, a sentire proprio la figlia dello scrittore, giornalista, tra­duttore e critico forse tra i più originali e alti del nostro Nove­cento, non lo è affatto: è piutto­sto, anche per chi già crede di conoscerlo, una scoperta. «Ave­va queste foto sparse per la casa e le ho selezionate per racconta­re una vita intera, da quando era un bambino di circa due an­ni fino agli ultimi giorni» ci rac­conta Lietta Manganelli, dalla quale ci siamo fatti illustrare in anteprima alcune immagini della mostra. Una vera fotobio­grafia che presenta anche im­magini inedite, mai pubblicate nemmeno nel volume Quodli­bet Album fotografico , uscito quest’anno a cura di Ermanno Cavazzoni: «Anche se alcune, quelle in cui è malato, non le mostrerò mai». «La foto più classica è quella di mio padre che esce da una sa­lumeria con un enorme pani­no » prosegue Lietta. «Viene da una riunione Einaudi, dove se­condo lui si mangiava malissi­mo, e si guarda attorno con aria terrorizzata. Perché Einaudi credeva che gli scrittori fossero cosa sua e allungava spesso le mani nei loro piatti. Perciò mio padre ha paura che appaia e gli mangi panino e mortadella, co­sa che lui non avrebbe mai sop­portato ». Capire «il Manga» at­traverso le immagini è un eser­cizio appassionante, che scio­glie molti nodi della sua scrittu­ra. Guardandolo in volto tutto appare più complesso e insie­me più comprensibile: Manga­nelli è l’uomo grigio che incon­tra se stesso e non si riconosce, è tutti i signori in grigio delle Centurie , ma è anche, come sve­­la Lietta, «quello di Amore , favo­la al rovescio che legherei alle foto con mia madre, da cui lui scoprì di non essere amato se non già il giorno del matrimo­nio, quellosubito dopo: “Che ci faccio qui?” sembra dire la mamma nella foto in cui esce dalla Chiesa, il giorno delle noz­ze. In Amore ci si ama “dove tu non sei e dove io non sono”: una situazione magica e irrag­giungibile, come il sasso della foto in cui ci sono lui e mia ma­dre, a Endenna, grazie al quale si poteva “trovare il fidanza­to” ». Non in compagnia di un pelu­che troviamo il piccolo Giorgio, a due anni, ma di un libro. «È la foto tenerissima che ho oggi sul­la mia scrivania: seduto su un muretto, mio padre bambino che legge. Ha già bisogno di uno schermo a un’età in cui gli altri hanno bisogno di una pal­la per giocare». Fu un bambino infelice, ci dice Lietta, perché era un bambino brutto. E la mamma lo vestiva da bambina, con il colletto di pizzo e il vestiti­no ricamato. E fu un bambino arrabbiato, perché lo portava­no al mare, luogo che lui dete­stava. «Persino nelle foto con i piccioni aveva la faccia incavo­lata ». E fu un signore innamora­tissimo di una donna che non lo voleva. E di una figlia che gli fu portata via. E da queste disil­lusioni, e non da altro, secondo Lietta, prese l’abitudine di rac­contare e raccontarsi solo quel che voleva, non quel che era ve­ro. «Vede la foto in cui è seduto ad una scrivania con una lette­ra in mano? È la prima lettera che gli scrissi dopo quindici an­ni di separazione non voluta. Me la mostrò e mi disse “è venu­to un amico e mi ha fatto questa foto”. E poi scoprii da sola che l’“amico” era lo psicanalista, da cuiera corso dicendo “mi ha scritto mia figlia. Ora che fac­cio?” ».