Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  maggio 28 Venerdì calendario

SCHEDONE SULLE PROVINCE

La questione delle Province, di cui si parla da qualche giorno, sta in questi termini:

• l’Italia è strutturata in una serie di autonomie locali che stanno, per dir così, una dentro l’altra: le 20 Regioni comprendono 109 Province che comprendono a loro volta 8.100 Comuni.

• le Province hanno competenza soprattutto su scuola e viabilità. Non una competenza totale: la loro capacità amministrativa anche in questi settori si intreccia con quella dello Stato, dei Comuni e delle Regioni. Ne viene una confusione notevole, che legittima il seguente dubbio: non sarebbe meglio sfrondare il sistema e attribuire quel (poco) su cui la Provincia governa a Comuni e/o Regioni?

• Esiste un problema di costi. Le Province spendono 16 miliardi di euro l’anno e hanno circa 60 mila dipendenti. Tagliandole, si potrebbe bloccare per un periodo limitato il turn over nella pubblica amministrazione in modo da riassorbire senza danno i lavoratori.

• Inutile nascondersi che, però, attraverso le Province i partiti possono distribuire una quantità di posti e moltiplicare favori e clientele. Di qui la resistenza reale del sistema-casta a ogni taglio.

Nel decreto legge con cui Tremonti si propone di toglier di mezzo 24 miliardi – per ridurre la possibilità che «ci troviamo come la Grecia» -, all’articolo 5 è previsto il taglio delle province con meno di 220.000 abitanti, purché non siano ai confini del Paese e non appartengano alle Regioni a Statuto speciale. Le province da tagliare a questo punto sarebbero: Vercelli (176 mila abitanti), Biella (187), Massa Carrara (203), Ascoli Piceno (212), Fermo (176), Rieti (159), Isernia (88), Matera (203), Crotone (173) e Vibo Valentia (167 mila). Salta agli occhi che aver escluso le province di confine ha messo al sicuro un bel mucchio di province del Nord, le uniche che stanno su qualche frontiera. Persino Vercelli potrebbe in teoria salvarsi dato che a 4.340 metri d’altezza, sotto alla Punta Perrot (siamo sul Monte Rosa), ha un chilometro condiviso con la Svizzera.

Ma, uscita la notizia del taglio, è cominciata la ribellione dei colpiti e una precipitosa correzione di rotta da parte del governo. L’articolo 5, bene in vista sul sito del Ministero dell’Economia, è improvvisamente sparito, Berlusconi, Letta e Tremonti hanno giurato che l’abolizione delle piccole province non è in programma, Bossi ha fatto sapere che se qualcuno gli toccasse la provincia di Bergamo sarebbe la guerra civile, eccetera. S’è scoperto così che per cancellare effettivamente dieci province ci vorrà un decreto attuativo e che questo decreto attuativo non potrà essere pronto prima di quattro mesi. Il ministro Sacconi ha poi spiegato che l’intervento sulle Province si farà probabilmente attraverso il disegno di legge sul riordino delle autonomie locali (quelle che abbiamo spiegato all’inizio), in questo momento all’esame della Commissione Affari costituzionali della Camera e che dovrebbe arrivare in aula il 14 giugno. Inserendo un anticipo di provvedimento nel decreto legge, Tremonti ha fatto in modo di mettere sul tavolo il problema e di preparare l’opinione pubblica a questa iniziativa clamorosa.

Il taglio delle Province (tutte) sta nel programma del Pdl e i finiani hanno cominciato a far campagna perché il programma si rispetti. La Lega non ne vuol sapere, dato che a questo punto molte Province del Nord sono nelle sue mani. Si tratterebbe comunque di una riforma costituzionale (articolo 114: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato»).

Il taglio delle province piccole produrrebbe parecchie singolarità. Cancellando Matera e Isernia, in Basilicata e Molise resterebbe una sola provincia, cioè, rispettivamente, Potenza e Campobasso. Ma a questo punto il territorio della provincia di Potenza e il territorio della provincia di Campobasso coinciderebbero con quello della Regione e quindi anche le province dei due capoluoghi andrebbero probabilmente soppresse. La provincia di Roma, con la riforma federalista, deve diventare “città metropolitana”. Quindi il territorio di Rieti verrebbe probabilmente aggregato a Terni. Determinando in questo modo una variazione dell’assetto regionale del Lazio (rimpicciolito) e dell’Umbria (ingrandita) con conseguenze importanti anche sulle circoscrizione elettorali. È istruttiva anche la storia di Ascoli-Fermo. Fermo era un tempo provincia di Ascoli, chiese di staccarsi e far provincia a sé, per la solita smania municipalista, e a questo punto rischiano di non restar provincia né l’una né l’altra. Se non si fossero divise, si sarebbero salvate. Anche Biella e Vercelli un tempo erano unite e se una ventina d’anni fa non si fossero divise avrebbero adesso popolazione sufficiente per non esser soppresse.