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 2010  novembre 20 Sabato calendario

TOLSTOJ, LA SCOMUNICA RESTA VALIDA


Lev Tolstoj fu scomunicato dalla Chiesa Ortodossa nel febbraio 1901. Il Santo Sinodo prese la decisione, che suscitò persino reazioni popolari, dopo aver esaminato le sue idee anarchico-cristiane e anarco-pacifiste; anzi, il procuratore dell’istituzione, Konstantin Pobedonostsev, chiese anni prima di rinchiuderlo con la forza in un monastero. Tolstoj replicò dettagliatamente alle accuse con la Risposta alla deliberazione del Sinodo (1902), sottolineando la natura della sua fede: essere un onesto seguace di Cristo e della verità. Del resto, anche George Steiner nel saggio Tolstoj o Dostoevskij (appena riproposto da Garzanti) ricorda come il sommo scrittore concepisse già nel 1855 l’«immensa idea» di un cristianesimo «razionale e fondamentalista», con il quale si proponeva di abbandonare «definitivamente le imperfezioni della vita mondana». E ora, centesimo anniversario della scomparsa — 7 novembre 1910 del calendario giuliano, 20 novembre di quello gregoriano — il segretario del consiglio del patriarcato di Mosca, Tikhon Sceukunov, ha ribadito: «Nonostante il valore altissimo delle sue opere, togliere la scomunica a un secolo dalla morte non è possibile, perché Tolstoj si è scomunicato da solo». E il medesimo ha inoltre sottolineato che nel 1901 il Santo Sinodo «ha solo constatato il fatto compiuto», perché lo scrittore «ruppe con la Chiesa e in ogni occasione lo ricordava in maniera decisiva». Tutto questo anche se il nipote Vladimir Ilic Tolstoj si è incontrato a Jasnaja Poliana con l’attuale patriarca Kirill, poco prima della sua elezione, per parlare proprio della scomunica. Che dire? L’autore di Guerra e pace seguì strade insolite per abbracciare la fede. A Mosca qualcuno ricorda che il giovanissimo Tolstoj, finito in una casa di piacere, si inginocchiò e pianse dinanzi alla prostituta che si apprestava a concedersi. Scrisse poi nel suo Diario che la via del mondo è quella della dannazione.