LUCA FORNOVO, La Stampa 15/11/2010, pagina 9, 15 novembre 2010
Per l’Europa un rischio da 500 miliardi - Borse in picchiata, una raffica di quotazioni di banche col segno meno, i rendimenti dei titoli di Stato europei che schizzano al rialzo, il panico sui mercati e la speculazione che la fa da padrona
Per l’Europa un rischio da 500 miliardi - Borse in picchiata, una raffica di quotazioni di banche col segno meno, i rendimenti dei titoli di Stato europei che schizzano al rialzo, il panico sui mercati e la speculazione che la fa da padrona. È questo quello che temono di vedere stamattina sui loro monitor banchieri e trader. Un brutto film che negli ultimi tre anni si è ripetuto troppe volte (con i casi, Bear Stearns, Lehman Brothers, Aig e Grecia) e che ora ha per titolo la crisi irlandese. Un film che rischia di costare all’Europa 500 miliardi di euro, tanta è l’esposizione (tra settore pubblico, bancario e privato) del Vecchio Continente sull’isola verde, secondo i dati della Banca internazionale dei regolamenti (Bri). «Mi auguro che le autorità europee intervengano con un’offerta di aiuto all’Irlanda e che il governo di Dublino si decida ad accettare» dice Angelo Drusiani, gestore obbligazionario di Banca Albertini Syz». Auspica una decisione repentina dell’Ue e dell’Eurogruppo (che si riunisce domani) anche Mario Spreafico, responsabile investimenti di Schroeder Italia: «Bisogna che Bruxelles e Francoforte fermino la speculazione, la Federal Reserve ha iniettato 600 miliardi di dollari di liquidità. Forse anche la Bce dovrebbe fare qualcosa, oltre alla Commissione. Quello che temiamo è un effetto domino che coinvolga gli altri Pigs, cioè i paesi periferici come Portogallo, Spagna e Grecia». La paura è che ci siano nuove tensioni sui titoli di Stato col risultato di indebolire ancora di più i debiti sovrani e il sistema finanziario di questi Paesi. Ma a tremare non sono solo i Pigs. Non è un caso che la Germania continui a insistere perché Dublino accetti il pacchetto di aiuti da 80-90 miliardi. Vero che la cancelliera tedesca Angela Merkel ha sposato la linea dura, il rigore dei conti pubblici europei, ma è anche vero che la Germania, con 150 miliardi (205,8 miliardi di dollari secondo la Bri) è il paese europeo più esposto sull’Irlanda, insieme a Gran Bretagna (162 miliardi di euro) e Francia (62,7 miliardi). Mentre il sistema bancario tedesco e quello francese sono esposti al debito dei Piigs (Italia compresa) per 500 miliardi a testa. Tornando all’Irlanda le banche tedesche, guidate da colossi come Deutsche Bank e Commerzbank, hanno prestato all’ex tigre celtica 33,6 miliardi. Gli istituti inglesi sono esposti per 31 miliardi: la parte del leone sui titoli di Stato irlandesi la fanno Rbs (4,3 miliardi) e Hsbc (816 milioni). Mentre le banche francesi hanno acquistato titoli di Dublino per poco più di 15 miliardi: 929 milioni arrivano da Credit Agricole, 571 milioni da Bnp Paribas, 491 milioni dal Groupe Bpce e 453 milioni da Societè Generale. «Per il nostro Paese - spiega un banchiere italiano, che preferisce restare anonimo - la situazione non è affatto preoccupante si parla di un’esposizione totale di 20 miliardi, di cui solo 2,6 miliardi arrivano dalle banche». Intesa Sanpaolo sarebbe esposta sui bond irlandesi per 156 milioni e Unicredit per 80 milioni. «I bond irlandesi peseranno sui bilanci delle banche europee e ci saranno delle svalutazioni» spiega Spreafico (Schroeder). Ma l’effetto più immediato per l’Italia, avverte Drusiani, «sarà sui nostri titoli di Stato, che saranno colpiti dalla speculazione e così i rendimenti saliranno, si pagherà un premio al rischio più alto, ma anche se il debito pubblico è alto, al 118,4% del pil, quel che conta è che il debito privato, quello delle famiglie, è molto basso. E poi a differenza di altri Paesi, in Italia a comprare i bond non sono solo le banche, ma anche tanti risparmiatori e ciò dà più solidità al sistema». La miccia sull’Irlanda e sugli altri Pigs, che dopo il salvataggio della Grecia si era spenta, conclude Spreafico, è stata riaccesa dal dollaro debole: «L’euro a quota 1,40 ha frenato le esportazioni e la crescita europea, così è più difficile rientrare sul deficit. Poi il super euro ha fatto alzare leggermente i tassi d’interesse, come l’Euribor, e ciò crea un impatto negativo sui debito pubblico. Corsa contro il tempo a Bruxelles per evitare che lo scontro tra governi e Parlamento europeo sulla finanziaria Ue 2011 finisca per «far male a tutti». E per «tutti», la Commissione Ue intende «imprese, scuole, comuni e i 500 milioni di cittadini europei». L’Ue ha lavorato nel week end per preparare una proposta su cui sia possibile oggi trovare un accordo dopo la frattura di giovedì. La conseguenza, in caso di fallimento nell’ultimo giorno disponibile previsto dalle norme Ue, sarebbe l’avvio dell’esercizio provvisorio. In questo caso non ci sarebbe riporto delle spese non effettuate. Ad esempio, non ci sarebbero fondi per i pagamenti della Pac, per il progetto Iter (ricerca sulla fusione fredda in cui la Ue è impegnata con 1,4 miliardi) o per i fondi di coesione: quelli che l’Italia riscuote per il Sud.