VITO DE CEGLIA, la Repubblica Affari&finanza 15/11/2010, 15 novembre 2010
I "GREEN JOB" CREANO LAVORO AZIENDE A CACCIA DI PERSONALE NEL NOSTRO PAESE L’ECONOMIA VERDE CONTA ATTUALMENTE SU SESSANTAMILA OCCUPATI MA QUESTA CIFRA È DESTINATA A RADDOPPIARE E POI A TRIPLICARE NELLO SPAZIO DI POCHI ANNI
Oggi, sono in 60 mila. Nel 2020, potrebbero essere il doppio. Anche il triplo. E’ la stima, ancora ufficiosa, sulla crescita dei posti di lavoro diretti e indiretti nell’eolico, nel fotovoltaico e nelle biomasse. Sono molte le indagini di settore a prevederlo, e tutte confermano lo stesso dato: la richiesta di nuove figure professionali come risposta al forte sviluppo dell’economia verde in Italia. Figure "trasversali" — manager, avvocati, geometri e tecnici — che, in prospettiva, rappresentano la chiave di successo per le aziende che si stanno imponendo nel mercato delle rinnovabili. Ma non solo: il discorso vale anche per le imprese, appartenenti a tutti i settori produttivi, che ritengono la sostenibilità ambientale una parte fondamentale del loro business.
Di sicuro, rivendicano i guru del settore, i green job saranno i veri driver occupazionali per il prossimo futuro e saranno pagati a peso d’oro. In particolare, i cosiddetti "manager verdi" che si stanno facendo largo nel mercato del lavoro. Come dimostra l’indagine di Michael Page International, società di recruitment specializzata nell’ambito del middle e top management, che individua in due figure professionali — i project manager e i site manager — i profili medi più ricercati. Sono specialisti, con un’età compresa tra i 35 e i 48 anni, che viaggiano su stipendi intorno ai 7090 mila euro. «Se fino al 2007 vi erano poche realtà operanti nel green business — sottolinea Tommaso Mainini, neo direttore generale di Michael Page Int. Italia — a partire dalla fine del 2007 abbiamo assistito a un nuovo strutturarsi del settore che ha cominciato a comprendere quali erano le professionalità di cui necessitava, con un boom delle ricerche in coincidenza del picco della crisi in Italia, ossia nel 2009 che ha visto l’evolversi di profili verso una direzione molto mirata. Nel 75% dei casi, a ricercare erano multinazionali pronte ad investire sul territorio italiano, ma altrettanto validi sono stati i progetti promossi da società a capitale italiano che hanno diversificato i propri business in ambito rinnovabile. In diversi casi, si è trattato di realtà nate nel settore impiantistico».
Per quanto riguarda le realtà professionali emergenti, Joelle Gallesi, executive manager della divisione Engineering & Manufacturing Green business di Michael Page Int. Italia, puntualizza: «Se negli anni 20072008 l’80% delle ricerche era focalizzato sui profili tecnici, nel 20092010 è aumentata del 250% la ricerca di candidature in ambito commerciale e site. Solitamente, le aziende si rivolgono a profili con un’esperienza pregressa nel settore. In alcuni casi, però, vengono valutate candidature provenienti da settori diversi. In tal modo, la società cerca di assumere profili con minor appetibilità sul mercato riducendo il rischio di negoziazioni economiche caratterizzate da forti rialzi e puntando su fattori motivazionali del candidato».
Se le percentuali possono variare, di certo non può essere messo in discussione il potenziale occupazionale dei lavori nelle rinnovabili. Almeno, è questa la premessa di un’indagine delle Bocconi — "Prospettive di sviluppo delle tecnologie rinnovabili per la produzione di energia elettrica" — che fotografa i diversi scenari in fieri da oggi al 2020. Secondo lo studio, la capacità delle nostre imprese di rispondere alla sfida tecnologica, di ricerca e sviluppo, di innovazione, oltre che alla cooperazione tra pubblico e privato, potrà raffigurare tre diverse prospettive in base allo «sfruttamento delle opportunità».
Nel caso di «un basso sfruttamento», in continuità «con quello degli ultimi cinque anni», il fatturato sarà di 30 miliardi di euro con un valore medio annuo di 2,4 miliardi e un’occupazione di 100 mila posti. Con un uso medio, coprendo il 50% della quota di mercato con produzione nazionale, sarà in grado di realizzare un fatturato di 50 miliardi con una media annua di 4 miliardi e un’occupazione di 150 mila persone. Se lo sfruttamento sarà alto, l’industria italiana potrà ricavare un fatturato di 70 miliardi (pari al 70% della quota di mercato) con un valore medio annuo di 5,6 miliardi e raggiungere 175 mila posti lavoro in Italia e 75 mila all’estero, 250 mila in totale. L’eolico ne occuperebbe 77.500 (31%), le biomasse 65 mila (26%), il solare fotovoltaico 27.500 (11%), fino ai 10 mila (4%) impegnati nell’incenerimento dei rifiuti solidi urbani.
Non sono meno ottimistiche le stime di una ricerca realizzata dall’Ires Cgil, secondo cui l’incremento occupazionale nel settore delle rinnovabili sarà di 9 mila unità solo al Sud, per toccare quota 12 mila a livello nazionale. Dati che, sommati all’occupazione indiretta e quella temporanea, danno la cifra di 60.500 nuovi occupati nell’economia verde. Ma, stando al rapporto, che fa riferimento a diverse indagini sull’andamento dei green job nel Paese e a livello mondiale, nelle prospettive di massima potenzialità l’occupazione italiana lorda nelle rinnovabili potrà raggiungere le 250.000 unità, con una predominanza delle biomasse, del fotovoltaico e dell’eolico. «Quello che emerge dalla ricerca — dichiara Giuseppe Travaglini, docente di Economia politica all’Università di Urbino — è che l’impatto del Pacchetto Clima Energia 202020 sulla crescita dell’occupazione nelle rinnovabili è positivo. In Italia, si stima un incremento al 2020 in una proporzione tra il 100% e il 250%. Naturalmente, questo tasso di incremento fa riferimento, e può essere raggiunto, considerando un investimento medio annuo di 1417 miliardi di euro».