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 2010  novembre 14 Domenica calendario

MIRACOLI DI CARTA

Alla fine i soldi per i giornali amici si trovano sempre, ogni anno con un po’ di dramma in più: “I soldi per il 2011 saranno circa gli stessi del 2010, tutto sommato circa 180 milioni di euro”, dice soddisfatto il senatore del Pd Vincenzo Vita. L’accordo è arrivato all’ultimo secondo in commissione Bilancio alla Camera venerdì sera: nel maxi-emendamento alla Finanziaria approvato ieri, i soldi per l’editoria passano da 60 a 100 milioni che si aggiungono agli 80 già previsti (e ancora: 45 milioni per le radio e tv locali, 5 per i giornali italiani all’estero).
Da dove arriva questa manna, un po’ sorprendente quando perfino il Quirinale protesta per i tagli indiscriminati? L’emendamento ha trovato consensi trasversali, ma è partito da un’iniziativa di tre deputati finiani, Chiara Moroni, Nino Lopresti e Aldo Di Biagio che per trovare la copertura finanziaria a questo regalo di Natale anticipato alla stampa sussidiata, incluso il loro giornale di partito Il Secolo d’Italia, sono ricorsi a uno strumento contabile legittimo ma discutibile. Ai “maggiori oneri” si provvede “mediante riduzione lineare delle dotazioni di parte corrente alle autorizzazioni di spesa di cui alla tabella C”. E la tabella C è quella in cui ci sono tutte le voci di spesa che, per convenzione, vengono finanziate a prescindere perché parte dell’attività caratteristica dei vari ministeri: dai risarcimenti per le vittime di terremoti a parte del finanziamento dell’autorità Antitrust. Ognuna di queste voci di spesa, adesso, si troverà ridotta di qualche euro per tenere in vita i giornali sussidiati, “per dare soldi ai giornali i ministri dovranno imparare a fare le stesse cose con meno soldi”, dice il deputato Idv Antonio Borghesi critico sul regalo alla stampa.
REGALO CHE, lo ricorda anche il senatore Vita, è sempre sub judice: da quando nel 2008 il governo ha tolto il “diritto soggettivo” al finanziamento, i giornali che hanno diritto al finanziamento pubblico non possono più farselo anticipare dalle banche e devono aspettare la fine dell’anno successivo a quello di competenza per ricevere i soldi. Il meccanismo, insomma, non è più automatico e la torta da dividersi dipende da quanti soldi stanzia di anno in anno il governo.
La tempistica, poi, è importante: da mesi è pronto il nuovo regolamento sull’editoria che dovrebbe fare pulizia nel settore, eliminando almeno in parte lo scandalo di giornali che intascano soldi senza neppure arrivare in edicola. Contributi in base alla diffusione (in edicola) e non la tiratura che viene spesso gonfiata da copie omaggio o vendute in blocco a prezzo ribassato, finanziamento da usare solo per coprire i costi della produzione e l’affitto della testata (un trucco contabile in cui l’azionista di un giornale drena soldi, di solito parte dei contributi, dalla società editoriale facendo pagare l’uso del nome). Il testo elaborato dal dipartimento editoria di Palazzo Chigi, doveva arrivare in Consiglio dei ministri venerdì, invece è slittato alla settimana prossima. E così, nell’attesa, i fondi sono stati stanziati secondo le vecchie regole. Esultano tutti. “Un po’ di ossigeno”, titola Liberazione , quotidiano di Rifondazione comunista, in prima pagina.
PER I FINIANI la priorità era salvare il Secolo, un giornale che vende circa 1.800 copie e nel 2009 ha chiuso il bilancio in perdita di un milione di euro, con un credito verso lo Stato maturato nel 2009 per contributi pari alla rilevante cifra di 3 milioni di euro. A voler essere pignoli, poi, bisogna ricordare l’altro giornale che interessa ad almeno uno dei finiani, il Roma della famiglia di Italo Bocchino, diffuso soprattutto a Napoli. Circa 8.000 copie di venduto reale, debiti per 7,5 milioni, 354 mila euro di perdite e un imprescindibile stampella pubblica da 2,5 milioni di euro. Tra i soci dell’editoriale figurano la moglie di Bocchino, Gabriella Buontempo e il cognato Antonio Schiavone. Da gennaio, poi, il Roma beneficia di un altro aiuto pubblico, visto che il ministero del Welfare gli ha concesso di ricorrere ai contratti di solidarietà, con parte dello stipendio dei redattori pagato dall’Inps. La grande spartizione dei contributi, però, non riguarda ovviamente solo i finiani. Gli osservatori molto interessati di quello che succedeva in commissione erano tanti, a cominciare da Libero. Il quotidiano della famiglia Angelucci deve ancora ricevere sei milioni di euro all’anno per il 2008 e il 2009 che il dipartimento editoria non ha sbloccato, ma da cui dipende la solidità del bilancio dell’editoriale. E Libero, quindi, non poteva rischiare una riduzione dei fondi per il 2011.
IDEM il manifesto, con 19 milioni di euro di debiti e perdite per oltre 300 mila euro all’anno, ancora a forte rischio chiusura. La sopravvivenza, spiegava il “quotidiano comunista” ieri, è legata alla proroga di un anno del diritto soggettivo, altrimenti i 4 milioni circa che spettano al manifesto rischiano di arrivare troppo tardi, a fine 2011. La testata del Riformista, sempre degli Angelucci, è in vendita ma il suo valore è strettamente legato alla presenza di contributi pubblici, altrimenti rischia di essere uno sfizio troppo costoso per qualsiasi pretendente (circola il nome del giornalista Enrico Cisnetto).
Stesso discorso per un quantità di giornali introvabili in edicola ma che incassano milionate ogni anno. Uno per tutti: l’Avanti di Valter Lavitola, poco conosciuto fino al suo coinvolgimento nella vicenda Fini-Montecarlo, per i suoi “scoop” caraibici su Saint Lucia. Dal bilancio sembra che la storica testata socialista venda oltre 3.500 copie al giorno (anche se disponibile gratis in pdf sul sito), ma ha comunque bisogno dei soldi dello Stato, perché i costi della produzione superano i ricavi di 2,3 milioni di euro, cifra quasi analoga a quella che per la fortuna di Lavitola arriva da Palazzo Chigi, 2,5 milioni.
Per ora i soldi, quindi, ci sono. Si vedrà se il governo porterà davvero in Consiglio dei ministri il nuovo regolamento sull’editoria e qualcuno di quelli che ora stanno esultando dovrà iniziare a preoccuparsi. Oppure se, anche questa volta, si continuerà come al solito, confidando nella generosità del governo.