Marco Del Corona, CorrierEconomia 15/11/2010, 15 novembre 2010
GOU. IL NUOVO VOLTO DEL SIGNOR IPHONE
Forse era normale. Per il figlio di un soldato nazionalista, funzionario di polizia nella Taiwan di Chiang Kai-Shek, per un ammiratore di Gengis Khan, per un miliardario persuaso che «le asperità sono una cosa buona», forse era normale impiegare un po’ di tempo per capire che l’epidemia di suicidi e tentati suicidi nella sue aziende tanto normale non era.
La vicenda della Foxconn di Terry Gou Tai-ming ha fatto di lui non già, o non solo, la personalità più ricca di Taiwan (quasi 6 miliardi di dollari di patrimonio) o l’uomo che rifornisce il mondo di i-Phone e i colossi dell’informatica di componenti essenziali. Gou, nel giro di una primavera e di un’estate, si è ritrovato a interpretare il simbolo di un modello industriale formidabile come risultati, ma discutibile per costi umani.
La cronaca
È l’emblema, poi, di come funzionano in Cina le aziende di Taiwan, l’ex isola ribelle adesso spasmodicamente corteggiata da Pechino. Fabbriche che partecipano alla spinta verso l’interno promossa dal governo: stabilimenti nell’entroterra, per alleviare la pressione sociale.
Mentre nel suo stabilimento di Shenzhen si sistemavano reti per evitare i balzi mortali di operai stressati e disperati, Gou viveva asserragliato in una stanza dietro il suo ufficio. E l’emergenza non è finita: questo mese un nuovo suicidio, le critiche del sindacato cinese di Stato, il rapporto di una Ong di Hong Kong, la Sacom, che parla di «management militare» e di «nessuna preoccupazione per la dignità e la salute» dei lavoratori. «All’inizio non pensavo fosse un problema serio quello dei suicidi» ha confidato a due reporter di Bloomberg.
Flessioni e piegamenti invece del golf che ama. Quindici ore di lavoro. Pasti alla scrivania. Intorno, una fabbrica che è fabbrica del mondo e insieme il mondo in una fabbrica: 300 mila operai che non hanno bisogno di uscire dall’enorme recinto della Longhua, perché dormitori, mense, fast food e impianti sportivi creano un universo a sé. È da lì che escono 137 mila iPhone al giorno. Agli operai, dopo scioperi e pressioni, ha alzato lo stipendio a 1.200 renminbi al mese, circa 130 euro, ma il suo è di un dollaro taiwanese, sui 4 centesimi di euro, e ai manager paga di tasca propria i bonus.
La carriera
E’ l’etica guerresca di chi si è fatto da solo. Oggi sessantenne, nel 1974 Gou si era fatto prestare 7.500 dollari dalla madre per produrre manopole per televisori. Nel 1980 forniva parti alle console dell’Atari, e dai primitivi videogame passò all’America, quella vera girando una trentina di stati. Azienda dopo azienda, multinazionale dopo multinazionale, accordo dopo accordo, Gou Tai-ming era ormai Terry Gou e la sua azienda un colosso.
Affari e poca paura: Gou sbarcò in Cina, incurante di decenni di propaganda ostile (nei due sensi), primo stabilimento a Shenzhen nel 1988, 10 anni dopo l’avvio delle riforme di Deng Xiaoping. La manodopera a bassissimo costo portò a compimento il miracolo. Con una decina di miliardi di dollari investiti in giro per la Repubblica Popolare, si è guadagnato il titolo di « Sindaco della città di Foxconn» per il modo in cui i governi cittadini lo blandiscono e se lo contendono.
La morte della moglie Serena 5 anni fa ha contribuito all’evoluzione del profilo pubblico di Gou, già oggetto di avidi biografi e di ancor più avidi lettori. Trent’anni di matrimonio hanno lasciato spazio a frequentazioni più glamour, attrici e attricette, anche se Gou faceva sapere che «Serena sarà sempre la numero uno, tutte le altre le numero due».
Quando ha deciso di prendere lezioni di ballo ha anche trovato moglie, la sua maestra Delia Tseng, meno della metà dei suoi anni. Al figlio e alla figlia di primo letto si è aggiunta nel 2009, 9 mesi dopo il matrimonio, una bimba. Una seconda gravidanza è in dirittura d’arrivo.
La scorza feroce del business sta lasciando intravedere scorci di affabilità, vedi le attività filantropiche di una fondazione creata ad hoc e l’interesse per la produzione cinematografica, che gli ha fatto finanziare «L’impero d’argento», saga sui banchieri d’epoca Qing dello Shanxi.
Da quando Foxconn è entrata nel campo d’osservazione dei media, poi, Gou si è affidato a un’agenzia internazionale di pubbliche relazioni: i record del signore degli iPhone, da soli, non bastano. E le accuse non si placano. Il mondo è più grande delle fabbriche di Guo. E più complicato.
Marco Del Corona