Gilberto Oneto, Libero 3/10/2010, 3 ottobre 2010
L’ITALIA UNITA DAL BUNGA BUNGA
È stato autorevolmente spiegato che il bunga bunga era una forma di punizione tribale o un’usanza all’ interno dell’harem. C’è però anche una versione patriottica che risale ai fasti del Risorgimento. Del resto, che gli eroi delle battaglie tricolori non ritenessero la castità la prima delle virtù patriottiche è cosa nota e anche un po’ imbarazzante. Arturo Carlo Jemolo ha scritto che le loro «forti tempre di lottatori» sentivano il «fascino femminile fino ad esserne troppo spesso travolti».
Il meno travolto o forse solo il più discreto è l’astutissimo Cavour che ha un debole per le signore sposate e un po’ attempate, e perciò in scarsa fregola di pubblicità, come la marchesa Clementina Guasco di Castelletto, la contessa Emilia Nomis di Pollone e la ballerina ungherese Bianca Sovertzy, moglie di Domenico Ronzani, impresario del Teatro Regio. Qualcuno gli attribuisce la clandestina paternità del deputato Pier Carlo Boggio, quello morto a Lissa.
Vita sibaritica
Nonostante la sua aria funesta (o proprio per questo), anche Mazzini miete successi amorosi, ma solo all’interno del milieu patriottico: al suo fascino soggiacciono Adelaide Zoagli, madre di Goffredo Mameli, Giuditta Bellerio vedova del cospiratore Giovanni Sidoli, Susan, moglie inglese del patriota Pio Tancioni, Emile, moglie del carbonaro Carlo Venturi, e Jessie White, che tanto ama l’Italia da frequentarne appassionatamente tutti gli eroi più indomiti. A Mazzini è attribuito anche un triangolo con Anna Courvoisier e Agostino Ruffini, altro inossidabile patriota. Sull’ascetico e inquietante bunga bunga mazziniano interviene la difesa d’ufficio del fido Domenico Giuriati: «Alcuni pettegolezzi erano pure volgarità e lo dipingevano come un pascià che conduceva una vita sibaritica, circondato da concubine adoranti, o come un guru servito da una schiera di accolite».
Mazzini non ha figli ufficiali. Voci ricorrenti gliene attribuiscono tre o quattro, fra cui Ernesto Nathan, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e sindaco di Roma dal 1907 al 1913.
Più baldanzoso e meno limitato nei terreni di caccia non per nulla è l’eroe dei due mondi -, Garibaldi colleziona tre mogli ufficiali e un numero imprecisato di amanti, che gli sfornano dieci figli conosciuti. Ha una schiera di fidanzate più o meno ufficiali, e un esercito di languide ammiratrici e di “affettuose amicizie” che bazzicano la residenza al mare di Caprera o che lo seguono nelle sue avventure. Nel bel mezzo della Seconda guerra di indipendenza, pianta in asso i suoi per correre dietro alla giovanissima contessina Giuseppina Raimondi: lui ha 53 anni e lei 18. Saputo, appena dopo le nozze, che lei
è incinta e che il figlio è forse di una delle sue camicie rosse, l’abbandona sdegnato ma non domo. Alla fine del 1859 è infatti contemporaneamente preso da una giovane nobildonna di Bologna che illude con l’idea di un matrimonio, da una servetta diciottenne che ha messo incinta e che vuole sposare (anche lei), da una attempata nobildonna inglese che gli alleva uno dei figli e lo copre di regali, e da una tedesca che gli fa da amante quasi fissa e da amministratrice.
Il giro di Napoli
A Napoli organizza un giro che Villa Certosa in confronto è niente: si contendono le sue attenzioni e i suoi favori frotte di donne, fra cui la contessa Della Torre, vestita da ussaro, l’implacabile Jessie White e una giovanissima protetta di Alexandre Dumas, agghindata da ammiraglio. In mezzo a questo turbinio, volteggia Garibaldi, che secondo Evelyn Ashley parla una strana me-
scolanza di francese e inglese e passa ore a pettinarsi i lunghi capelli con movimento lento e meditato. Finisce vecchissimo per sposare un’altra serva, molto più giovane di lui.
Ma chi sa fare il miglior uso del bunga bunga patriottico è il “Re galantuomo” che insegue tutte le gonne che gli passano a tiro, senza fare distinzioni classiste o estetiche. La sua regale posizione gli consente di sedurre senza troppe lungaggini rituali pastorelle e nobildonne, non disdegnando le mogli dei suoi subalterni, alcuni dei quali vi trovano un interessante incentivo alla carriera. Così fra le amanti del re oltre alla solita Castiglione che Urbano Rattazzi chiama «la vulva d’oro del nostro Risorgimento» si trovano la signora Letizia, moglie dello stesso Rattazzi, l’affascinante contessa Irene, moglie del generale Enrico Morozzo Della Rocca, suo capo di Stato maggiore, e l’attrice Laura Bon che gli da due dei tanti figli che sparge un po’ dappertutto. La sua relazione più stabile negli ultimi anni è però con Rosa Vercellana, descritta con molta tolleranza estetica come «la bèla Rusìn», che sposa morganaticamente e che gli sforna due figli, chiamati con scarsa originalità Vittoria ed Emanuele. La bulimia sessuale del sovrano è utilizzata da Cavour che lo fa sorvegliare da suoi agenti per poterlo ricattare.
Album di foto
Dello stesso stampo è Umberto I che ha il vezzo di catalogare le sue conquiste in un album fotografico: ha un’amante ufficiale, la duchessa Eugenia Attendolo Bolognini, moglie del duca Giulio Litta Visconti Arese, che è stata “intima” anche di Napoleone III e di Vittorio Emanuele II. Trascurata dal marito, la regina Margherita principalmente ricordata per avere dato il nome a una pizza frequenta volentieri ufficiali dei corazzieri e principi prussiani. Otello Pagliai ha scovato due figlie illegittime: una battezzata come Giuseppina Griggi, mentre un’altra, Francesca Barrera, sarebbe addirittura il frutto di una relazione incestuosa con il suocero.
Quasi tutti sono amori volontari e patriottici: scarse sono le escort professionali, la cui attività è regolamentata proprio dal Cavour e in seguito da Rattazzi, un intenditore. Uno dei primi padri della patria a farne regolare uso è il bigamo Francesco Crispi: a un certo punto la moglie Lina Barbagallo deve prendere per il bavero il servitore che si occupa delle esigenze del ministro garibaldino e intimargli «di non portare più puttane a don Ciccio».
Perché stupirsi dell’attuale bunga bunga? Visto che è cominciata così, è una coerente celebrazione del centocinquantenario.