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 2010  ottobre 04 Lunedì calendario

CLASS ACTION, AVVIO DIFFICILE


La «class action» in salsa italiana è già nel nostro ordinamento, anche se per ora nessuna causa «di classe» è stata ammessa in tribunale. Avvocati e consumatori criticano la legge per le differenze che la limitano rispetto all’esempio americano. Ma vediamo come funziona.
La novità
Il prof. Michele Taruffo, che insegna diritto processuale civile a Pavia e nel weekend ha partecipato a un convegno sulla class action della Fondazione Courmayeur, sottolinea che «da sempre più persone possono agire in una singola causa», ma il meccanismo giuridico finora previsto poteva valere per piccoli numeri. Invece l’azione di classe s’intraprende quando il diritto da tutelare riguarda un’intera «classe» di ricorrenti, che possono «vantare diritti identici». Taruffo segnala che una specie di class action era prevista già dall’ordinamento italiano nell’art. 28 dello Statuto dei lavoratori che reprime le condotte anti-sindacali.
La versione italiana
Dal primo gennaio 2010 è in vigore l’azione di classe a tutela dei consumatori (e vale solo per questo tipo di «classe», e non di altre definite sulla base del sesso, o dell’etnia eccetera). Un singolo o pochi appartenente alla classe intentano l’azione, e materialmente saranno solo loro a stare in giudizio, mentre gli altri possono aderire. I ricorrenti delegano, se vogliono, la rappresentanza a un’associazione di consumatori, ma questo non è necessario e non definisce i confini della classe. Quando i ricorrenti e i loro legali si rivolgono al giudice e gli chiedono che la causa sia discussa in base alle norme dell’azione di classe, il giudice può accettare o respingere la richiesta, in base a criteri ampi (che rendono parecchio aleatorio l’esercizio dell’azione). Se il giudice ammette l’azione di classe, fissa il termine di 180 giorni entro cui gli altri appartenenti alla classe possono aderire. La pubblicità è a spese dei ricorrenti (da qui la quasi inevitabilità che intervengano associazioni di consumatori). Solo chi aderisce a questo punto fa parte della classe ai fini legali. La sentenza eventualmente favorevole vale solo per queste persone, inoltre non è detto che stabilisca subito un risarcimento: può rinviarne la quantificazione a una causa successiva. Le leggi italiane a volte sembrano fatte apposta per offendere l’intelligenza dei cittadini.
Il confronto con gli Usa
Il prof. Taruffo è molto critico. Innanzitutto ritiene che l’azione di classe «non dovrebbe essere limitata alla tutela dei diritti dei consumatori ma estesa, come in America, alle cause per discriminazione, agli effetti dell’inquinamento eccetera». Inoltre il sistema americano permette agli appartenenti alla classe di aderire anche dopo la sentenza, quindi a colpo sicuro; e se si trovano nelle stesse condizioni di coloro che hanno vinto la causa, hanno diritto al risarcimento automaticamente, come se avessero partecipato all’azione. Questo, secondo Taruffo, è l’unico modo sensato di regolamentare una class action, che «è utile quando ci sono 10 mila persone che lamentano un danno di 20 dollari ciascuna, per il quale nessuna farebbe causa individualmente». La class action americana «è concepita per tutelare questo tipo di diritti, e perciò tende ad allargare i confini della classe, mentre quella italiana tende a restringerli».