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 2010  ottobre 04 Lunedì calendario

DOLCE VITA A SAN PAOLO, LA VETRINA DEL LULISMO


E’ un gioiello un po’ opaco la bottiglia che Henry Villar, gestore del miglior ristorante giapponese di San Paolo, il Kinoshita, tiene amorosamente in mano. Accarezza con un dito l’etichetta: Clos d’Ambonnay 1995. È il più raro degli champagne Krug. Un bianco da uve nere da leggenda, vendemmiato su un campo di 60 are, invecchiato per 12 anni e servito, dall’altra parte dell’Atlantico, a 22 mila real, pari a 10 mila euro. «Ci sono soltanto due bottiglie in tutto il Sudamerica - assicura il direttore -. Una appartiene a un privato. La nostra aspetta un cliente da più di un mese». Ma non ha dubbi che presto un intenditore metterà le mani su quella che viene descritta come una «splendida armonia di brioche, mandorla tostata, spezie e frutti rossi».
In una quartiere vicino sono allineate una dopo l’altre le concessionarie delle vetture più care del mondo: qui una Lamborghini arancione shocking, là una Maserati color neve, poco più lontano una Bentley da 450 mila euro. Aston Martin ha aperto da sei settimane e ha battuto il record di consegne mondiali: 15 in un mese. Il direttore, Ivan Fonseca delinea un rapido ritratto del cliente tipico: «Fanatico della marca. La macchina è un’opera d’arte. La usa soltanto nel week-end. In una anno fa appena duemila chilometri».
Attorno all’avenida Paulista, cuore finanziario di San Paolo, lo spettacolo è anche nel cielo. Un balletto di rotori e di pale. Tutte le mattine gli elicotteri depositano banchieri, dirigenti di impresa, uomini d’affari sul tetto dei loro edifici. San Paolo è la prima città al mondo per il traffico civile di elicotteri davanti a New York. Circa 600 apparecchi, che utilizzano oltre 200 eliporti. Con i suoi 12 milioni di abitanti e 7 milioni di veicoli San Paolo è costantemente sul bordo del collasso. Ai ricchi che hanno fretta non resta dunque che volare. L’acquisto in comune da diritto, per un prezzo ragionevole, a 15 ore di volo al mese. Più sicuro che spostarsi in auto, anche se blindata. San Paolo possiede anche la seconda flotta al mondo di aerei privati.
«Sono frustrato nel vedere che ricchi non mi hanno votato - scherzava il presidente uscente Luiz Ignacio Lula da Silva -. Perché non hanno mai fatto tanti soldi come con me». Non è una boutade. I ricchi brasiliani non sono mai stati così numerosi. Nel 2009 c’erano 18 miliardari in dollari, e 147 mila milionari, e 174 mila famiglie hanno un reddito mensile 50 volte superiore al salario minimo, pari a 220 euro. A San Paolo ci sono i ricchi di sempre, quelli che si riconoscono, o indovinano, dai loro nomi multipli, «vecchi di quattro secoli», discendenti dell’aristocrazia imperiale. Ci sono gli eredi dei baroni dell’industria, delle banche, della terra. E ci sono le nuove fortune dalla corsa delle materie prime come l’etanolo, la soia, il minerale di ferro.
Tutti viaggiano all’estero, New York, Parigi, Miami, dove il loro potere d’acquisto è drogato dalla forza del real nei confronti del dollaro e dell’euro. A San Paolo vivono dietro gli alti muri delle ville, prigioni dorate con vigilantes e telecamere. Frequentato i club chic come l’Harmonia o il Paulistano, mandano i figli nei licei britannici come il St Paul’s, o francesi, come il Pasteur. I week end li passano nelle fazendas in campagna, o nelle case al mare.
Ma è la loro passione per il lusso che sta cambiando il volto della città. Un gusto che prende in contropiede persino i professionisti del settore. «Abbiamo aperto a novembre il nostro primo negozio, con 14 linee di prodotti - racconta Richar Barcizinski, direttore generale di Hermès -. Avevamo scorte per quattro mesi, sono durate uno e mezzo». Niente riesce a spegnere la sete di lusso. Neanche la «maledetta» fiscalità, con aliquote che rendono un po’ meno redditizio il mercato. Tra tasse di dogana e imposte interne, il prezzo arriva a mala pena a raddoppiare.
La clientela viene fidelizzata all’inverosimile, soprattutto da Daslu, luogo unico, che meriterebbe da solo uno studio di sociologia. Si trova tutto quello che è caro in questo edificio neoclassico, massiccio, di 20 mila metri quadri. Le commesse sono chiamate «Dasluzette» e sono «reclutate nello stesso ambiente delle clienti, lavorano a commissione, guadagnano molto bene», spiega Monica Mendes, capo ufficio stampa. Non è il caso delle cameriere in vestitino nero, che mettono a posto e portano i caffè. «Le cliente viziate di Daslu hanno un rapporto feudale con gli impiegati», sottolinea Gloria Kalil, celebre cronista di moda.
Ogni anno un numero crescente di brasiliani della classe media accede al mercato del lusso. Ma c’è lusso e lusso. In un’inchiesta di mercato, la casa di sondaggi Mcf ha chiesto all’uomo - e alla donna - della strada quale sarebbe il primo prodotto che acquisterebbe se potesse. Risposta numero uno: una lavatrice.Copyright Le Monde