Rocco Cotroneo, Corriere della Sera 04/10/2010, 4 ottobre 2010
I POVERI CONQUISTATI CON LA «BORSA FAMIGLIA» —
Joana risponde senza esitare: «Voto per Lula, claro». Ma non è candidato, signora. «Lo so, volevo dire che voto per lei, come si chiama la sua mulher? ». In portoghese mulher significa donna, ma anche moglie, o compagna. Poco importa in questo caso. Dilma Rousseff potrebbe anche essere la zia o la sorella di Lula: Joana l’ha votata perché da due anni quando passa il tg della sera c’è sempre quella signora al fianco del suo presidente. All’inizio appariva seria, fredda ma poi Lula ha cominciato ad abbracciarla, le alzava il braccio, raccontava le cose strepitose che sta facendo per il Brasile. E quando due mesi fa è iniziata la propaganda elettorale in tv, Joana ha continuato a vedere la stessa scena, con il sottofondo di un jingle romantico che fa così: «Lascio nelle tue mani il mio Paese, perché continuerai quello che ho fatto io», mentre scorrono sorrisi, bambini felici, piattaforme di petrolio e l’annuncio che Rio ospiterà le Olimpiadi del 2016.
Eppure qui a Itinga, nel cuore di una valle desertica del Minas Gerais, il probabile passaggio del testimone da Lula alla donna misteriosa si spiega solo in parte con quel che arriva dall’etere. Conta di più questa carta di plastica che Joana si rigira tra le dita e permette a lei e i suoi tre figli di mangiare tutti i giorni. Appena eletto nel 2003, Lula aveva portato in gruppo a Itinga i suoi ministri, «per conoscere la fame». Da queste parti lui era già venuto molte volte, nelle peregrinazioni delle campagne elettorali perdute, dal 1989 in poi. Arrivato finalmente al traguardo, aveva scelto la cittadina per lanciare il suo progetto «Fame zero», poi diventato il programma Borsa Famiglia. Il piccolo manuale verde, l’agenda della famiglia a fumetti, spiega a Joana che con due bambini e un adolescente a carico, ha diritto a 145 reais al mese di sussidio, circa 62 euro.
Sembra niente, ma questi spiccioli messi uno sull’altro hanno cambiato Itinga, e il Brasile. Shirlene Gonçalves, la responsabile del programma per questa cittadina di 15.400 abitanti, tira fuori un tabulato e mostra che le famiglie iscritte sono 3.502. A una media di 4 persone per nucleo, significa che oltre l’80% dei residenti riceve qualche forma di aiuto dallo Stato. In cambio, le madri devono garantire che i bambini vadano a scuola e ricevano le vaccinazioni. Joana ammette che il sussidio statale non è la sua unica entrata, fa pulizie quando capita e aiuta il fratello nel campo. Ma Lula le ha dato il «fisso» per mangiare, con il resto paga la luce, il cellulare, vestiti e scarpe per i bambini. Se tutto va bene, il mese prossimo arriva un divano: ha messo via i soldi per la prima di 24 rate. La tv, come sappiamo, già ce l’ha. Otto anni fa Itinga aveva solo uno spaccio per tutto. Ora ci sono una manciata di negozi: magliette e pantaloncini delle stesse marche che si trovano nelle grandi città.
Nella campagna elettorale della Rousseff sono due le cifre ripetute di continuo. In otto anni di Lula 31 milioni di brasiliani sono ascesi alla cosiddetta classe media e 24 milioni sono usciti dalla povertà assoluta. Effetto dei posti di lavoro creati e del programma Borsa famiglia, di cui beneficiano 12 milioni di famiglie. Un successo riconosciuto nel mondo. Oggi quasi tutti i Paesi dell’America Latina e alcuni africani hanno programmi di lotta alla miseria «condizionati», dove il beneficiato deve impegnarsi con lo Stato. Nel rapporto Onu sulle mete del millennio, il Brasile è al primo posto nella lotta alla fame. In meno di dieci anni ha ridotto di più della metà la percentuale dei bambini sottopeso. Il problema sta casomai diventando l’opposto, i livelli di obesità che vanno avvicinandosi a quelli degli Stati Uniti.
Ulisses Mendes, un virtuoso locale della terracotta, dice che a Itinga non ci sono più mendicanti, né giovani prostitute. «Grazie a Dio. In compenso si lavora meno. Dare soldi senza assistenza sociale ed educazione è sbagliato. Quando cominci a dar da mangiare a un animale selvatico, lui torna sempre allo stesso posto e non va più a caccia». La metafora è cruda ma rende l’idea. Il suo vicino di casa Sebastião ne offre un’altra: «Lula ha sempre detto che non bisogna dare il pesce, ma insegnare a pescare. A me pare che qui tutti si stiano mangiando l’esca e tanti saluti». La città ha il Borsa Famiglia, vari sussidi ai giovani, poi un programma di una chiesa evangelica americana e uno di adozioni a distanza con l’Europa. La compagnia elettrica sta cambiando gratis i frigoriferi vecchi con quelli a basso consumo e le lampadine incandescenti. Dalla terra arida si cava il granito, che poi finisce in Toscana, ma la manodopera specializzata arriva insieme alle macchine, cioè da fuori. E infine c’è il ponte, atteso da cento anni. Prima che Itinga fosse «adottata» da Lula, per arrivare all’ospedale si doveva guadare il fiume con una chiatta, e qualcuno moriva nel tragitto. Il ponte è sorto in pochi mesi. Lula ha chiesto alla multinazionale del ferro Vale di mettere i soldi, e tutta la burocrazia si è accorciata per incanto. È l’altro capolavoro dell’ex sindacalista: denaro ai poveri e al suo fianco la grande industria del colosso Brasile, quella che ha combattuto per diventare una star planetaria.
Rocco Cotroneo