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 2010  ottobre 04 Lunedì calendario

DOMANDE&RISPOSTE - QUALI LIMITI SARANNO INTRODOTTI AL RUOLO DI RETTORE? - Uno dei punti chiave della riforma introduce mandati «a termine», vincolati a livello nazionale, per la carica di rettore

DOMANDE&RISPOSTE - QUALI LIMITI SARANNO INTRODOTTI AL RUOLO DI RETTORE? - Uno dei punti chiave della riforma introduce mandati «a termine», vincolati a livello nazionale, per la carica di rettore. Che potrà durare «per non più di due mandati e per un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico non rinnovabile» (art. 2 del ddl 1905). Un cambiamento notevole rispetto alla situazione attuale, nella quale ogni università decide autonomamente il numero di mandati, e in cui non mancano i casi di «permanenze record» sullo scranno più alto dell’ateneo: secondo i calcoli effettuati dal Sole-24 Ore un anno fa, se la riforma fosse entrata a regime già da quest’autunno, il «mandato a termine» si sarebbe abbattuto su circa il 60 per cento dei rettori in carica. Una piccola rivoluzione, insomma. Il rettore farà inoltre parte del consiglio di amministrazione dell’università, e a lui spetterà proporre allo stesso cda un candidato per l’incarico di direttore generale (una figura che prenderà il posto del direttore amministrativo). CHE COSA CAMBIA NELLA CARRIERA DEI PROFESSORI? - Innanzitutto, dovranno andarsene in pensione prima. Anche se non nei termini draconiani previsti da un emendamento presentato dal Pd, che invocava l’introduzione di un «tetto» di 65 anni, l’abbassamento previsto dalla legge Gelmini è comunque sensibile: dagli attuali 72 si scenderà a 70 (per i professori ordinari) e a 68 (per gli associati). Un modo per favorire il ricambio generazionale, da sempre un problema per l’università italiana. Inoltre, è previsto anche un cambiamento negli stessi meccanismi di accesso alla docenza accademica: sarà necessario ottenere preventivamente un’abilitazione scientifica nazionale, di durata quadriennale e attribuita da una commissione ad hoc: costituisce «requisito necessario per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori» (art.16, comma 1). Nessun reclutamento ope legis, dunque, e addio ai molto criticati «concorsi locali». La valutazione diventerà «titolo preferenziale per l’attribuzione dei contratti». COME SARANNO SELEZIONATI I RICERCATORI? - È il punto più contestato della riforma, quello su cui si sono concentrate le proteste degli ultimi mesi. La proposta di legge prevede che entrino solo con contratti a tempo determinato (4-5 anni), seguiti da contratti triennali. Al termine di questi, dovranno conseguire un’idoneità per avere la conferma a tempo indeterminato, come associati. In caso contrario, il rapporto con l’ateneo sarà chiuso per sempre. L’accusa è di aver introdotto, con i contratti a termine, una nuova e più grave forma di precariato. Per questo i ricercatori hanno protestato con il blocco della didattica (che oggi svolgono al 40%, senza che vi sia obbligo formale). CHE COSA ACCADRA’ A CHI NON AVRA’ I «CONTI IN REGOLA»? - Tra gli obiettivi del ddl c’è anche quello di introdurre criteri di maggiore trasparenza nella gestione contabile degli atenei, con criteri omogenei su tutto il territorio nazionale. Le università in dissesto finanziario saranno commissariate, chi dimostrerà di non saper gestire le risorse in maniera trasparente subirà un taglio dei fondi. Questi ultimi verranno distribuiti in base alla qualità della ricerca e della didattica, anche «mediante previsione di un sistema di accreditamento periodico» (art. 5, comma 1). Un codice etico avrà la funzione di evitare conflitti di interesse legati a parentele. CI SARANNO NOVITA’ NELLA GESTIONE DELLE FACOLTA’? - Per evitare eccessive frammentazioni e il proliferare di specializzazioni inutili, un ateneo non potrà avere più di un massimo di 12 facoltà. Potranno, però, concretizzarsi accordi inter-ateneo: «Al fine di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale — stabilisce l’articolo 3 —, di razionalizzare la distribuzione delle sedi universitarie e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse (...), due o più università possono federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, ovvero fondersi». Il progetto andrà ovviamente sottoposto alla valutazione e all’approvazione del Ministero. Un modo per semplificare le strutture, che consentirebbe anche risparmi sotto il profilo amministrativo: oltretutto, per «le università con un organico di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato inferiore a 500 unità», è possibile «darsi un’articolazione organizzativa interna semplificata». QUALI CONSEGUENZE CI SARANNO PER GLI STUDENTI? - Con la riforma Gelmini viene creato un «fondo speciale», che sarà «finalizzato a promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti individuati, per gli iscritti al primo anno, mediante prove nazionali standard e, per gli iscritti agli anni successivi, mediante criteri nazionali standard di valutazione» (art. 4 del titolo II). Merito e diritto allo studio, quindi, sono parte integrante del nuovo disegno di legge. Gli studenti saranno anche maggiormente coinvolti nella valutazione della didattica; una loro rappresentanza elettiva è prevista anche all’interno del consiglio d’amministrazione dell’ateneo. Il ddl sottolinea la necessità di introdurre «misure a tutela della rappresentanza studentesca»; un forte accento è posto sul «rafforzamento dell’internazionalizzazione, anche attraverso una maggiore mobilità dei docenti e degli studenti, programmi integrati di studio, iniziative di cooperazione interuniversitaria per attività di studio e di ricerca».