Chiara Maffioletti, Corriere della Sera 03/10/2010, 3 ottobre 2010
UNA MARATONA DI SHOPPING TV
Da fuori sembra il cantiere di un gigantesco capannone. Ma già alla porta d’ ingresso si capisce che invece è una clamorosa scatola magica di 15mila metri quadri fatta di uffici ultramoderni, un call center con più di 200 postazioni, svariati studi di regia e sei ambientazioni televisive. A Brugherio, vicino a Milano, venerdì notte sono iniziate le trasmissioni (sul digitale e sul satellite: TivuSat canale 34 e Sky canale 475) di QVC, canale di shopping televisivo che è già un colosso in molte parti del mondo. Nato negli Stati Uniti nel 1986 - quando in Italia la tv commerciale muoveva i primi passi - QVC ha una missione: vendere. Niente pubblicità, niente trasmissioni in senso stretto. Solo una lunghissima infilata di show in diretta in cui, come in un negozio, vengono proposti prodotti di ogni genere descritti ai telespettatori da affabili commessi catodici. Ma non vogliono chiamarle televendite. Meglio show pubblicitari. O «talk informativi». Spettacoli che fondono l’ intrattenimento e la vendita. Niente strilli, nessuna foga nel convincere chi guarda che «bisogna» comprare. Solo una scintillante vetrina di prodotti dei marchi più famosi (dall’ elettronica alla bellezza) che possono essere acquistati (spesso in anteprima) a prezzi convenienti, telefonando. Una strategia che ha fatto diventare QVC un gigante da 7,5 miliardi di dollari, secondo canale tv americano per dimensioni. L’ Italia è il quinto Paese (dopo Usa, Regno Unito, Germania e Giappone) in cui questo inedito rivenditore multimediale con 17 mila dipendenti nel mondo ha messo radici. Dall’ atmosfera che si respira nei corridoi del nuovo polo produttivo si intuisce che le attese sono molte. Non bastasse, ecco i numeri: l’ investimento iniziale è di 65 milioni di euro, cui va sommato il costo dei dipendenti (più di 300, 500 entro fine anno). Fuori dagli studi chiacchierano alcuni volti del canale. Qui li chiamano «presenters». Da venerdì si avvicendano nelle 17 ore di diretta, dalle 9 del mattino alle due di notte. Sono i timonieri di questa rivoluzione linguistica che vuole far dimenticare il più tradizionale concetto di televendita. «Ci dicevano di preparaci su un prodotto e all’ ultimo ci facevano improvvisare su tutt’ altro», racconta Filippo Marsala, attore siciliano dalla voce calda, tra gli scampati alla brutale selezione per scegliere questi insoliti personal shopper. Con lui c’ è la bella Vera Castagna, che si aggancia: «Al colloquio c’ era l’ Ad di Qvc, ma non si è fatto riconoscere. Ci ha scelti tra 700». «Non ci è stato chiesto di fingere ma di spiegare», aggiunge Roberta Galiazzo, capelli biondi e sorriso birichino. «Dobbiamo fidelizzare chi guarda», spiega Mattias Brahammar, vicepresidente della sezione operazioni tv. «Si può restituire ogni prodotto in 30 giorni, senza spiegazioni. Trattiamo anche cibo fresco: una volta da una scatola con quattro muffin e ce ne hanno rispediti tre». Meglio non immaginare cosa potrebbe capitare in Italia. Intanto Steve Hoffman, CEO di QVC Italia, spiega che il gruppo ha fatto questo passo nel nostro Paese solo oggi per il digitale: «Senza non avremmo investito qui. L’ obiettivo è modificare le abitudini d’ acquisto degli italiani cambiando la cattiva reputazione delle televendite». La fiducia nella scommessa c’ è. Sessantacinque milioni di euro lo fanno pensare. Ma quando coprirete i costi? «Siamo ambiziosi: in 30 mesi». Nel 2009 QVC è stato scelto da più di 10 milioni di clienti, con 180 milioni di telefonate e 130 milioni di prodotti consegnati. Chissà che non succeda prima.
Chiara Maffioletti