Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  ottobre 03 Domenica calendario

LA CHAT FOLLIA: APPUNTAMENTI PER MORIRE INSIEME

Joanna e Stephen erano il modello da seguire, da invidiare. Loro avevano vinto la paura di morire tenendosi per mano, guardandosi negli occhi e trattenendo il re­spiro. Poi più niente. Joanna e Stephen se ne erano andati via per sempre, così, dan­dosi un appuntamento in chat. Era lei che aveva lanciato nel mare del web il primo messaggio. «Cerco qualcuno con cui mori­re ». A Joanna mancava il coraggio per farlo da sola. Soffriva. Un’anoressia che non le dava tregua, che la sfiancava, un tarlo nella testa. Ogni ora a fare i conti con zuccheri e liquidi. A un passo dalla morte, eppure sen­za mai il coraggio finale. Per il salto nel vuo­to cercava un compagno. Stephen non l’aveva mai vista prima, si erano trovati so­lo per morire insieme. Per tenersi stretti la mano quando non si può più tornare indie­tro e arrivano i rimpianti.
Dieci giorni fa avevano fermato la mac­china in un parcheggio deserto di Brain­tree, nell’Essex. Si erano chiusi dall’inter­no e hanno lasciato che il veleno li uccides­se. Hanno fatto in tempo a guardarsi, così, per l’ultima volta senza più tornare indie­tro.
L’altro ieri quando gli agenti di Scotland Yard hanno trovato due ragazze morte asfissiate in un appartamento di Londra, a Putney, non hanno avuto dubbi: Joanna e Stephen hanno fatto scuola. Sono diventati modelli da seguire, da emulare. Il sospetto è inquietante:patto suicida,l’ulti­ma frontiera del social network: incontrar­si per morire insieme, per non avere paura di farlo da soli. Mano nella mano verso la morte, ascoltando Eminem o correndo a folle velocità su una pista di un aeroporto abbandonato fino allo scontro fatale, ina­lando sostanze tossiche letali. Sui siti ci tro­vi di tutto, gli aspiranti suicidi sono molti, moltissimi. Pochi anni fa il British Medical Journal ne rintracciò 10mila in tutto il pia­neta, 240 solo in Gran Bretagna.
Il caso più eclatante nel 1998 in Giappo­ne: una ragazza si tolse la vita con cianuro acquistato on line. Sullo stesso sito si sco­prì che erano stati fatti altri otto ordini del­la stessa sostanza per la stessa finalità. L’uomo che gestiva quel macabro busi­ness si suicidò prima di essere catturato. Poi è arrivato il boom in Europa. Chi cerca un compagno lo dice: «Cerco un aspirante suicida per il mio ultimo giorno». «Salve compagni di depressione,a quando l’insa­no gesto? ». Quando hanno saputo di Joan­na e Stephen hanno lasciato dei commen­­ti: «Buon per loro».
Intanto Scotland Yard indaga sulla casa di Putney. «Una ragazza ossessionata dal suicidio», dicono i vicini. Troppe similitu­dini con il caso di Jaonna e Stephen. Secon­do gli agenti le due donne si sarebbero co­nosciute in chat, scelto il giorno e il luogo: la casa di Putney. L’altra è arrivata puntua­le, ha suonato il campanello, un abbraccio e via. Sigillate porte e finestre, sono morte soffocandosi con gas chimici. La polizia ha rintracciato in chat alcuni commenti la­sciati da una ragazza somala che minaccia­va di togliersi la vita per abusi subiti. Forse è lei la donna di Putney. Sotland Yard non ha ancora identificato i corpi. Qualcuno ha già lasciato un messaggio: «Beate loro».