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 2010  ottobre 03 Domenica calendario

PAZZO ISLAM

Ecco, pensi all’Islam e ti metti subito a ripassare il tuo piccolo vocabolario: burqa, mullah, imam, madrasa, fatwa, shari’a... Magari anche kamikaze, un termine del Giappone guerriero che ormai battezza i fondamentalisti con esplosivo incorporato. Invece il termine bhang proprio non lo conoscevamo. È vero che la voce onomatopeica riproduce il rumore di uno sparo e che anche qui qualcosa scoppia. Infatti il bhang è in Pakistan una droga sacra sin dal 1000 a.C.: la usavano gli asceti indu per raggiungere l’unione con Shiva, poi la scoprirono i musulmani e il bhang divenne islamico, e lo scrittore Michael Muhammad Knight se la gusta in una mistura di latte, zucchero e burro, prima di andare in giro per i mausolei di Lahore con il suo gruppo di amici punk-islamici. Uno “scoppio” per accrescere la conoscenza, in puro stile beat, trangugiando in bicchieri ricolmi lo spirito di Khidr, «l’uomo verde immortale, mistico maestro dei profeti».
Knight ci racconta questa e altre avventure nel suo Maometto on the road. Viaggio al termine dell’Islam (Castelvecchi, pp. 430, euro 19,50, in uscita il 6 ottobre), che è una sorta di pellegrinaggio intellettuale cronache, documenti e voli poetici dal Pakistan alla Siria, dall’Egitto all’Etiopia, con La Mecca come meta, alla scoperta del volto sconosciuto del mondo islamico.
Dal rap a Malcom X
Diciamo subito che il nostro 33enne yankee è decisamente un chierico extravagante da cui ci dobbiamo aspettare di tutto e di più. Infatti Michael Muhammad che, sulle orme del coltissimo vagabondo Bruce Chatwin, proclama: «Io sono un vero viaggiatore e i veri viaggiatori devono credere che le cose gli capitino per un motivo» nasce da madre irlandese e fieramente cattolica, studia in un collegio cattolico, si converte all’Islam a quindici anni dopo aver letto i libri di Malcom X, scoperto grazie all’ascolto del rap dei Public Enemy, si trasferisce a Islamabad in Pakistan per approfondire la sua vocazione studiando alla scuola della Moschea di Faisal (mamma, che gli ha comprato i libri islamici, i tappeti e tutto il resto, incoraggiandolo nel suo percorso, gli manda i soldi da casa), e, tornato negli Usa (attualmente vive in California insieme alla moglie, indiana e musulmana, la regista Sadaf Khatri), diventa il fondatore della scena musicale punkislamica. Scandalizzando un po’ tutti, visto il suo appello a un islam libertario dove ci sia posto per gay e lesbiche, le donne possano condurre la preghiera in qualità di imam e la creatività artistica si possa scatenare tra droghe, sesso, rock ’n roll, beat, hiphop, punk, rap, e chi più ne ha più ne metta.
Il Michael Muhammad degli eccessi (cinque anni fa, sul suo blog ProgressiveIslam.org, riferendosi alle preghiere officiate dalle donne, scrisse: «Il Profeta non le avrebbe approvate? Allora nel 2005 il Profeta ha torto, cachiamogli in testa. La ilaha illa Allah (ovvero: “Non c’è altro
Dio che Allah”, ndr)», naturalmente ha successo. E il suo romanzo Islampunk (Newton Compton, 2007; da esso è stato tratto il film “The Taqwacores” , presentato in anteprima al Sundance Film Festival del 2010), diventa una sorta di nuovo Corano per tutti i borderline della Mezza Luna.
Censura in agguato
Anche se la casa editrice inglese del libro, Telegram Books, con i nervi a fior di pelle dopo il caso esplosivo delle vignette danesi, insiste per censurare il blasfemo manoscritto. E Knight ci fa il suo bel commentino, mettendo in rilievo il paradosso di «una casa editrice non musulmana che diceva a un autore musulmano come porsi di fronte alla propria religione nel modo giusto e come i musulmani avrebbero interpretato il suo lavoro».
Ora, che dire di fronte a questo Maometto on the road? Beh, indubbiamente con «droga,
birra e sesso sotto il burqa», Michael Muhammad ci marcia, riciclandosi come il nuovo Kerouac, bello e dannato, islamico e blasfemo (non ancora raggiunto da alcuna fatwa, però, almeno per quanto ne sappiamo). Ciò non toglie che il viaggio, anche nelle sue sequenze volutamente provocatorie (quasi che il nostro se le vada a cercare le occasioni per scandalizzare), è carico di motivi di interesse. A partire dalle curiosità e dalle riflessioni sulle religioni in America, su cosa significhi essere americano e musulmano (e ce n’è di colore sull’islam a stelle e strisce, tra sette di tutti i generi, predicatori in disordine sparso, sufi dispensatori di sapienza), sulle feroci polemiche intorno alla vera identità e ai veri scopi di Barack Obama . Vuole «vendicare la schiavitù delle genti islamico-africane», trasformando gli Usa negli «Stati Uniti Islamico-Africani d’America Islamico-Africana»? C’è chi lo pensa, lo dice, lo scrive. Ma ci sono anche musulmani americani anti-Obama e che votano per i repubblicani. La conclusione? Forse, nonostante tutto, «l’America è davvero la nazione più sinceramente Islam-friendly del mondo».
Dopodichè, ecco Michael Muhammad in viaggio. C’è un documentario da girare e la prima tappa è il Pakistan. Ad accoglierlo, Basim e Shahjehan, i due nuovi eroi del punk rock locale. Infatti hanno fondato la band Noble Drew, che si ispira alla predicazione di Timothy Drew, figlio di schiavi negri della Carolina del Sud e diventato negli anni Venti del Novecento il profeta del riscatto afroamericano sotto le insegne dell’islam. Seguono concerti, visite a moschee e mausolei, incontri con una fauna umana dove gli “scoppiati”, se non sono la norma, poco ci manca. Insomma, canzoni, preghiere e canne. E femministe, militanti dei diritti, donne in rivolta e donne pestate dai mariti.
Star convertite
Un islam variegato, dove l’incontro e lo scontro tra religioni è diverso da un Paese all’altro e dove ritrovi cose che sai o che sospetti, ma anche alcune che non ti aspetti. Ad esempio, che il Pakistan è un paese in cui «cartelloni pubblicitari, film e videoclip si rivolgono sempre alle classe elevate occidentalizzate», dove si sostiene la supremazia “bianca”, dove Benazir Bhutto è un mito perché è una bella donna “bianca” e dove tutti adorano i convertiti bianchi all’islam. Se poi hanno gli occhi azzurri e sono star del cinema americano, meglio. Naturalmente, tra le star non è compreso il nero Denzel Washington.