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 2010  settembre 06 Lunedì calendario

Scazzi Sarah

• Busto Arsizio (Varese) 4 aprile 1995, Avetrana (Taranto) 26 agosto 2010 (strangolata e stuprata dallo zio Michele Misseri) • «[…] una ragazzina di 15 anni, Sarah Scazzi, è sparita in un buco nero lungo 300 passi, quanti ce ne volevano per andare da casa sua a casa della cugina Sabrina. Sarah aveva un appuntamento con lei, sarebbero dovute andare insieme al mare: aveva soltanto il costume da bagno, un telefonino e un asciugamano. Ecco, questo era l’unico punto certo. Poi sono arrivate soltanto le domande, forse i depistaggi, le bugie, le facce scavate dei parenti e pochissime lacrime. Tantissime apparenti contraddizioni, strani comportamenti. In un primo momento gli inquirenti erano convinti che Sarah non fosse sparita. Ma scappata. La convinzione derivava da una serie di elementi: i diari, i temi di scuola, le chat su Internet, sempre e ovunque Sarah raccontava dei suoi problemi a casa, un rapporto conflittuale con i suoi genitori, la non volontà di convertirsi ai Testimoni di Geova come invece voleva, il recinto troppo stretto di Avetrana. Tutto faceva pensare a una fuga volontaria, magari con l’aiuto di qualcuno conosciuto su Internet. Gli inquirenti erano certi, tanto che in un primo momento si indagava non per il sequestro ma per una fuga volontaria. "Sarah è sparita, tra un po’ tornerà, non può essere andata lontana" erano convinti gli investigatori. Che però non hanno mai smesso di lavorare, cercare, inseguire ogni singola voce che circolava nel paese. Il maresciallo Fabrizio Viva, il comandante della stazione di Avetrana, non ha dormito per giorni. Ma cinque giorni dopo, d’accordo con la procura di Taranto, hanno cominciato a pensare il peggio. Da Sarah non arrivava nessuna notizia. E i familiari che avrebbero potuto aiutarla nella fuga non facevano nemmeno un passo falso. Il fratello di Sarah, per esempio. All’inizio in molti erano convinti che fosse lui ad avergli dato una mano. L’idea arrivava da due elementi: il rapporto strettissimo e complice tra i due. E il fatto che il ragazzo non avesse sentito il bisogno di tornare da Milano, dove lavorava. "La sta aiutando" sussurravano nei corridoi del comando, nella speranza che la ragazza fosse viva. Purtroppo non era così. La pista familiare è stata subito quella più battuta. Non convinceva Sabrina, che nei suoi racconti aveva lasciato troppi buchi, troppe contraddizioni. E poi quella denuncia immediata, poche ore dopo la scomparsa. E una sicurezza: "Qualcuno ha preso Sarah" ripeteva Sabrina a tutti. E lo stesso scriveva su Facebook la cugina Antonella, che per Sarah ha aperto un gruppo che in poche ore ha raccolto decine di migliaia di iscritti in tutta Italia. "Le cugine sanno qualcosa" erano tutti convinti, forse anche gli investigatori. Per questo Sabrina è stata convocata ai Carabinieri [...] L’hanno tenuta praticamente per 24 ore in una stanza del comando provinciale insieme con cinque persone. Speravano crollasse, si tradissero, erano in una stanza e decine di microspie li ascoltavano. Non sono crollati. In quella stessa stanza c’era Ivano, l’amico 28enne, il ragazzo per cui Sarah aveva perso la testa, e Sabrina forse. Ivano era il sospettato numero 1: per quattro ore, proprio quando Sarah cadeva nel buco nero, non aveva risposto al telefonino. Aveva giurato che dormiva, e a confermare il suo alibi aveva chiamato la madre. La signora prima si era confusa, poi ha detto, scusate, ho sbagliato. Infine, sulla scena è arrivato lo zio [...] Un signore con le braccia forti, un cappellino da pescatore e le lacrime facili, strano perché dall’inizio in questa storia non piangeva mai nessuno. [...]» (Giuliano Foschini, "la Repubblica" 7/10/2010) • «"È in un pozzo, andatela a cercare". [...] Una svolta che gli inquirenti avevano già preannunciato, all’indomani del ritrovamento del cellulare della quindicenne tra le ceneri dallo zio di Sarah, Michele Misseri, in un campo dove l’uomo il giorno prima aveva lavorato per eliminare erbacce e foglie secche. Quel cellulare rappresentava un giallo nel giallo. Per i segni non compatibili con il rogo di foglie secche e senza ossidazioni tipiche della lunga esposizione al sole all’umidità. Per questo [...] la zio è stato convocato presto e messo sotto torchio dagli inquirenti. [...]» (Mario Diliberto, "la Repubblica" 7/10/2010).