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 2009  agosto 17 Lunedì calendario

I CLASSICI DELL’ESTATE


La Bella di Lodi nell’ Italia del boom -
C’ è ogni giorno un titolo nell’ estate tv che vale la pena riscoprire. È molto curioso, divertente rivedere oggi (Sky Cinema Italia, ore 16.05 e 4.45) La bella di Lodi, fiasco del ’ 63, finanziato da Bini, producer di Pasolini, regia di Mario Missiroli (unico film di un bravo teatrante della scuola del Piccolo, qui nel ruolo di un notaio), la fotografia di Delli Colli, costumi di Donati e la firma anche di Alberto Arbasino, sceneggiatore 33enne del suo delizioso romanzo ristampato da Adelphi. Era la quarta prova della 17enne Stefania Sandrelli (foto), attrice già «consumata» (dal trailer d’ epoca), lanciata da Salce e da Germi, qui impegnata nel velenoso ritratto biondo di una ragazza lombarda d’ affari, mix tra Felicita Colombo che sta in negozio e una signorina snob provinciale della Valeri. Presenza come sempre magnetica, specie in quei momenti di musona indifferenza al mondo (una prova generale di Io la conoscevo bene?), resa ancor più magistrale dal doppiaggio d’ ironia lombarda alla Gadda di Adriana Asti, quasi una coprotagonista. La Roberta è la star della prima commedia sul miracolo economico (sempre il trailer) e della volontà della gioventù lombarda (Arbasino da Vigevano si sposta a Lodi) che sembra moderna, con i foulard legati alla Audrey Hepburn e la Giulietta spider sempre in moto, ma in realtà è quanto di più tradizionale e conservatore. Infatti alla fine, passata la cotta per il bel garagista (lo spagnolo poi missing Angel Aranda) lei se lo sposa perché in casa ci vuole un uomo, dice la nonna. Il film trasuda usi e costumi dell’ Italia del boom, spiagge e canzonette, «Legata a un granello di sabbia» per solo violino, ma è soprattutto un saggio di intelligenza psicosociologica, oggi squisito esempio di vintage, forse troppo in avanti e radical chic per il pubblico. Cast milanese col giovane reporter Gianni Clerici, fratello fin troppo complice, presenze femminili doc (Elena Borgo, Giuliana Pogliani, Maria Monti) e quel modo scanzonato e magnifico del cinema italiano Anni 60 di esprimere la commedia umana, al netto della nostalgia, con un affettuosissimo cinismo.