Giornali vari, 5 luglio 2010
Anno VII – Trecentoventinovesima settimanaDal 28 giugno al 5 luglio 2010Tornato da varie missioni oltre oceano (tra cui una puntata in Brasile, con serata resa lieta da sei ballerine), Berlusconi ha trovato una situazione politica in ebollizione, con preannunci di crisi, calcoli intorno a governi tecnici o istituzionali, nuove leggi elettorali, Tremonti a Palazzo Chigi, e tutto il resto
Anno VII – Trecentoventinovesima settimana
Dal 28 giugno al 5 luglio 2010
Tornato da varie missioni oltre oceano (tra cui una puntata in Brasile, con serata resa lieta da sei ballerine), Berlusconi ha trovato una situazione politica in ebollizione, con preannunci di crisi, calcoli intorno a governi tecnici o istituzionali, nuove leggi elettorali, Tremonti a Palazzo Chigi, e tutto il resto. Ha fatto allora il giro di Tg1, Tg5, Tg4 e Gr1 annunciando a gran voce che avrebbe affrontato i problemi di persona. «Come dicono a Milano: ghe pensi mi». In effetti, stamattina (lunedì 5 luglio 2010) sembra che il presidente del Consiglio abbia trovato i bandoli delle varie matasse. Ferma restando in tutti gli scenari l’inimicizia di Fini (che molti dànno in uscita dal partito), i punti di frizione sono sostanzialmente tre: il caso Brancher, la legge sulle intercettazioni, la manovra finanziaria.
Caso Brancher Contro Brancher, divenuto ministro perché così avrebbe potuto opporre il “legittimo impedimento” ai giudici che lo processano per una storia di mazzette, l’opposizione ha preparato una mozione di sfiducia, da portare in aula giovedì 8 luglio. Fini e i finiani hanno fatto capire che potrebbero votare con l’opposizione, evento che li collocherebbe automaticamente fuori dal partito, come hanno specificato lo stesso Berlusconi in privato e autorevoli esponenti della maggioranza in pubblico. Berlusconi, appena rientrato a Milano, ha però convocato il suo uomo e lo ha indotto a togliersi di mezzo al più presto, dimettendosi ed evitando al governo la prova del voto di giovedì. Brancher ha annunciato che avrebbe lasciato lunedì mattina in tribunale.
Intercettazioni Il 1° luglio, trovandosi in visita a Malta, il presidente della Repubblica è intervenuto sulla legge che vuole limitare l’uso delle intercettazioni e impedire ai giornalisti di riferire sulle inchieste in corso se non “per riassunto”. Ecco le sue parole: «I punti critici della legge approvata dal Senato risultano chiaramente dal dibattito in corso, dal dibattito già svoltosi in Commissione giustizia alla Camera, nonché da molti commenti di studiosi, sia costituzionalisti sia esperti in materia. Ovviamente quei punti critici sono gli stessi a cui si riferiscono le preoccupazioni della presidenza della Repubblica: e ciò non si è mancato di sottolinearlo anche nei rapporti con esponenti della maggioranza e del governo. Ma non spetta a noi indicare soluzioni da adottare o modifiche da approvare. Valuteremo obiettivamente se verranno apportate modifiche adeguate alle problematicità e alle criticità di quei punti che sono stati già messi in così grande evidenza. E ci riserveremo una valutazione finale nell’ambito delle nostre prerogative». Il senso di queste parole è uno solo: se la legge ci arriva così com’è, non firmeremo. E inoltre: è inutile che Berlusconi insista per concordare con il Quirinale le modifiche da fare. Il Capo dello Stato, da Costituzione, non ha e non può avere questo compito (egli è infatti “politicamente irresponsabile”). Così, a metà della settimana scorsa i rapporti tra il capo del governo e il Colle sembravano seriamente compromessi. Adesso il Cavaliere sembra intenzionato a far decantare la situazione, lasciando che il provvedimento sulle intercettazioni slitti pure a settembre. Possibilmente col ricorso a qualche marchingegno formale che gli eviti brutte figure.
Manovra La manovra è in discussione al Senato e ha provocato la rivolta delle Regioni colpite da tagli per una decina di miliardi. Il destro Formigoni (Lombardia) e il sinistro Errani (Emilia-Romagna) si sono per l’occasione alleati. La tesi di Tremonti è sempre stata quella che le Regioni, generalmente parlando, spendono male i loro soldi (sedi faraoniche anche all’estero, organici gonfiati ecc.). La settimana scorsa però sono intervenuti due fatti nuovi: Tremonti ha chiamato “cialtroni” i governatori che non utilizzano i denari messi a loro disposizione dall’Europa (una quarantina di miliardi e i “cialtroni” stanno tutti al Sud) e l’onorevole Azzollini, Pdl, relatore della legge, ha presentato un emendamento che prevede la possibilità di tagliare per decreto le tredicesime di poliziotti e militari, vigili del fuoco, ricercatori e professori universitari, magistrati, diplomatici, avvocati dello Stato. Questo taglio avrebbe permesso di pagare gli arretrati agli statali – i cui contratti sono bloccati per tre anni – e di riconoscer loro anche i soldi in più meritati con promozioni e straordinari. Ma il titolo «Il governo taglia le tredicesime» risultava al presidente del Consiglio piuttosto indigeribile. E così Berlusconi ha annunciato in tv che «nessuna tredicesima sarà tagliata», affrontando poi in camera charitatis il suo ministro, secondo il Corriere della Sera pronto a dare le dimissioni. Questo, dei tre punti di crisi, appare il più difficile da governare. Tremonti vuole togliere dalle tasche degli italiani 25 miliardi per non far fare loro la fine della Grecia. E in Grecia le tredicesime degli statali sono state tagliate senza pietà.
Dell’Utri Il senatore Marcello Dell’Utri, uomo-chiave nell’ascesa di Berlusconi, è stato condannato a sette anni di reclusione per “concorso esterno in associazione mafiosa”. La Corte d’Appello di Palermo ha ridotto i nove anni del primo grado sostenendo che dal 1992 in poi le frequentaazioni mafiose dell’imputato sono cessate. Questo ha fatto cantar vittoria a Dell’Utri (che ricorrerà comunque in Cassazione): molti magistrati, politici, giornalisti e intellettuali sono convinti che Forza Italia sia il risultato di un patto tra la mafia e lo stato condotto appunto da Dell’Utri e Berlusconi nel 1992. Ma che patto può esserci stato se lo stesso tribunale riconosce che a partire da quell’anno le frequentazioni mafiose di Dell’Utri cessarono? E, d’altra parte, dicono i nemici di Berlusconi, come dimenticare però che i giudici confermano le frequentazioni mafiose del periodo precedente? Polemiche.
Donne Una sequenza impressionante di delitti commessi da uomini abbandonati dalle loro donne fa dubitare della modernità del Paese e della maturità dei maschi italiani. Ecco a Cerignola (Foggia) un Vito Calefato di 33 anni che ammazza la fidanzatina polacca diciassettenne perché non vuole che vada a lavorare. A Bergamo, il carrozziere Gaetano De Carlo, di 55 anni, un professionista dello stalking, uccide prima una sua ex di Torino e poche ore dopo (il tempo del viaggio) un’altra sua ex di Cremona (si è infine tolto la vita a sua volta). A Ugento, in provincia di Lecce, un Gianpiero Mele sgozza il figlioletto di due anni per farla pagare alla compagna che l’ha piantato. A Catania un Andrea Rizzotti di 56 anni spara a un mafioso che, alludendo ai suoi guai sentimentali, andava tutti i giorni a fargli il gesto delle corna (qui una donna di 34 anni, colpita alla spina dorsale per sbaglio, rischia la paralisi). C’è poi la storia del carabiniere di 28 anni che il 6 giugno a Oleggio ha ammazzato la donna che voleva lasciarlo e ne ha buttato il corpo nel Ticino, partecipando poi per un mese alle indagini. E quella di Pandino, vicino a Cremona: qui un Riccardo Regazzetti, 28 anni, autista, l’ha aspettata sulla porta di casa di un’amica, poi l’ha portata in un parcheggio vicino al cimitero, le ha sparato in testa e infine si è tolto la vita. Il biglietto lasciato ai posteri è quello che si legge da sempre: «O mia o di nessun altro».